Sulla linea di contatto a Bakhmut, nel nordest dell’Ucraina, imperversano volenti combattimenti tra forze russe e ucraine. Gli scontri volgerebbero lievemente a vantaggio dell’esercito russo, sia nella posizione citata, sia a Soledar (Zelensky ha parlato di “strade coperte di corpi”). Non viene meno il sostegno degli Usa: soldati ucraini raggiungeranno presto gli Stati Uniti per essere addestrati nell’utilizzo del sofisticato sistema antimissile terra aria patriot. La fornitura di una batteria soltanto pone tuttavia qualche serio interrogativo sull’efficacia della dotazione. Dal governo italiano, nel frattempo si continua a insistere sul proposito di fornire a Kiev un esemplare del sistema di difesa aerea Samp-T.
Una situazione in continuo divenire di cui abbiamo fatto un bilancio con il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan, ora presidente della Commissione militare del Comitato atlantico italiano.
A Bakhmut la distruzione è pressoché totale e lo scontro tra forze russe e forze ucraine è tra i più violenti dall’inizio del conflitto. Perché?
Bakhmut riveste un valore strategico per entrambi i contendenti. Per la Russia rappresenta il più significativo successo degli ultimi mesi e le consentirà di procedere eventualmente con una offensiva verso ovest: la città è un crocevia di rotabili e uno snodo ferroviario importante. Infine prendere Bakhmut consentirebbe di risollevare il morale delle truppe e quello dell’opinione pubblica russa. Per l’Ucraina difendere Bakhmut ha un grande valore simbolico, perché conferma la capacità di resistenza delle proprie forze armate.
Per quale motivo l’esercito russo non riesce ad imporsi?
Le forze di Kiev hanno saputo trasformare ogni casa in un fortino. Questo richiede ai russi un grande dispendio di forze, tempo e risorse. La battaglia ha visto due fasi: per i primi cento giorni circa hanno combattuto in prima linea i reparti regolari delle forze armate russe. Successivamente, viste le difficoltà nell’avanzare, sono state sostituite dalla compagnia militare privata Wagner Group che ha assunto il ruolo principale nella condotta dell’offensiva.
È su questa linea di contatto che avverrà l’offensiva finale russa?
È presto per dirlo. Da da informazioni di fonte occidentale sembra che i russi si stiano rafforzando continuamente e stiano schierando nuovi mezzi e reparti sul fronte. Senza dubbio l’esigenza di occupare totalmente le due regioni del Donbass rientra tra gli obiettivi più importanti dell’operazione speciale russa, ma è presto per poter affermare dove questa offensiva possa avere luogo. Tuttavia è verosimile che se Mosca intende condurla, questa avverrà prima del disgelo, cioè entro febbraio. Altrimenti, da allora in poi, il terreno diventa talmente fangoso da rendere difficile il movimento dei mezzi corazzati.
Non si fermano i bombardamenti sulle centrali e la rete elettrica ucraine. Il materiale risale all’epoca sovietica e mancano pezzi di ricambio, mentre spesso quelli occidentali non sono compatibili. Qual è l’obiettivo di Mosca?
Creare il maggiore disagio possibile alla popolazione e al governo ucraino che deve comunque garantire minime condizioni di sopravvivenza ai propri cittadini. Colpendo le centrali elettriche si creano grandi problemi alla vita quotidiana dell’Ucraina, compresa la rete di acqua potabile e il sistema ferroviario che è il principale strumento per rifornire i reparti al fronte.
Qual è l’entità della parte danneggiata?
Tutta la rete ha avuto danni almeno parziali; da notizie di stampa internazionali risulterebbe che almeno il 40% del totale sia stato distrutto o abbia subito danni gravi.
Le istituzioni ucraine sono ancora solide?
A mio modo di vedere, e sulla base delle informazioni di fonte internazionale, direi di sì. Va messo in conto il fatto che le fonti ucraine restano sul generico quanto ai danni subiti e alle località che hanno subito i maggiori danni. Questo per non fornire informazioni all’avversario sulle condizioni della rete, dando la possibilità ai russi di poter indirizzare con più precisione il lancio dei missili.
Si parla ormai da qualche tempo di fornire a Kiev il sofisticato sistema antimissile italo-francese Samp-T. Possiamo privarcene? O siamo rimasti intrappolati in una sorta di gioco al rialzo nelle forniture?
Il problema è complesso. Da quando i russi hanno iniziato a bombardare in modo sistematico con i missili, l’Ucraina chiede armi sempre più moderne per la difesa dei propri cieli. Ue, Nato e Stati Uniti intendono continuare ad assicurare il maggior supporto possibile, anche se questo contrasta con il fatto che gli arsenali occidentali cominciano a svuotarsi.
E ripristinarli costa troppo.
Non è solo questo. Vent’anni di peace keeping e di operazioni a bassa intensità come in Iraq e in Afghanistan, che hanno visto anche l’Italia protagonista, hanno fatto sì che non si sentisse più l’esigenza di mantenere lo stesso livello di munizionamento e di equipaggiamenti pesanti come durante la Guerra fredda. Stiamo “pagando” l’idea che nel mondo non ci sarebbe più stato un conflitto convenzionale su vasta scala. Sembrava una fase archiviata della storia, ma il conflitto ucraino ci ha riportato prepotentemente alla realtà: la guerra classica esiste ancora. Detto questo, sembra che la pressione per fornire Samp-T sia molto forte anche da parte americana.
Però ci sarebbero non pochi problemi. Ce lo conferma?
L’Italia dispone di 5 batterie Samp-T acquisite nei primi anni duemila per la difesa del proprio spazio aereo. La decisione di fornire o meno una batteria delle 5 disponibili è sicuramente politica, sulla base delle valutazioni che forniranno i nostri vertici militari.
È di ieri la notizia che soldati ucraini arriveranno a breve negli Usa per addestrarsi nell’uso dei Patriot. Come verranno impiegati questi missili e con quale efficacia?
Si tratta di un sistema d’arma antimissile che ha avuto i suoi primi impieghi negli anni 90 e secondo le informazioni rese pubbliche da Washington gli ucraini dovrebbero ricevere una batteria di Patriot. La decisione assume un valore significativo perché conferma il pieno supporto degli Usa al conflitto che sta sostenendo l’Ucraina. Una batteria di Patriot contribuirà sicuramente a migliorare la difesa dello spazio aereo ucraino, ma non sarà sufficiente per implementare in modo decisivo le capacità antimissile. Sarà Kiev a decidere dove schierarla, se a difesa della capitale, di Odessa o di qualche altro luogo strategico. A questo bisogna aggiungere il tempo necessario per addestrare gli ucraini all’uso di questo sofisticato sistema d’arma; a detta di diversi esperti del settore servirà almeno qualche mese. E poi c’è la manutenzione, che richiede la presenza di personale altamente specializzato.
Non sappiamo cosa si siano detti Putin e Xi nel loro ultimo video-incontro. Si può però genericamente affermare che le relazioni siano state rafforzate. “Vogliono un ordine mondiale diverso” ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. È la vera ragione della guerra in corso?
Questa forse è la conseguenza. Quando Putin ha invaso l’Ucraina aveva sicuramente intenzione di sfidare l’Occidente, colpevole di non considerare la Russia una grande potenza dopo l’implosione dell’Urss. Evidentemente l’invasione ha compattato l’alleanza occidentale e accentuato il fronte “alternativo” che vi si oppone. Attenzione però a considerare Pechino troppo solidale con Mosca: la Cina, come sua abitudine, ha ambizioni proprie e una soggettività molto più sfuggente.
Si riferisce a qualcosa in particolare?
Su Taiwan è impossibile decifrare cosa stia pensando di fare in concreto Xi Jinping oltre le periodiche dichiarazioni che l’isola “ribelle” dovrà ritornare sotto il controllo della Cina entro il 2049, entro cioè il centenario della presa del potere da parte del Pcc. Penso poi alla recente fornitura di armi all’Arabia Saudita. In dicembre Xi è stato accolto a Riad in pompa magna, Biden con molta più freddezza.
Non è un altro colpo all’ordine di Washington, che fino a poco tempo fa aveva nell’Arabia un alleato di ferro?
Russia e Cina vorrebbero creare nuove capacità di influenza in regioni di loro interesse. Ma quest’ultimo rimane preminente. Alla Russia preme soprattutto il riconoscimento del proprio status di grande potenza.
Resta il fatto che, vista da Mosca, l’Ucraina si è spostata troppo ad ovest. E questo a Putin non va bene.
A detta di Putin, è stato uno dei motivi che lo hanno indotto ad ordinare l’operazione militare speciale, in considerazione anche dell’allargamento della Nato ai confini della Federazione Russa. Ma la Nato è un’alleanza politico-militare difensiva: non ha mai aggredito nessuno Stato, ha accolto al proprio interno solo Paesi che hanno deciso liberamente di farne parte. La Russia, da parte sua, continua a soffrire della sindrome “Barbarossa”, sentendosi accerchiata.
Henry Kissinger ha scritto che per fermare la guerra occorre che l’Ucraina diventi neutrale e rinunci a entrare nella Nato. Se ne parlava nello scorso marzo. Siamo andati troppo oltre?
Sono affermazioni che hanno sollevato molte critiche in ambito occidentale. Attenzione: sostenere questa tesi vuol dire dare ragione a chi fa il “prepotente” e invade un altro Stato, senza rispettare i principi del consolidato diritto internazionale. Un Paese potrebbe invadere le regioni del Paese confinante, determinare un nuovo status quo e appellarsi alle ragioni di Kissinger. Cosa faremmo se qualcuno occupasse militarmente una delle nostre regioni di confine?
“Il modo per evitare il confronto con la Russia in futuro è aiutare l’Ucraina a respingere l’invasore adesso” hanno scritto ieri sul Washington Post Condoleezza Rice e Robert Gates. E se la respinta dell’invasore non avviene?
Le loro affermazioni riflettono una visione ottimista del conflitto in Ucraina, che però dovrà essere dimostrata sul campo dalla capacità di Kiev di tenere le posizioni e di procedere nel corso del 2023 con ulteriori offensive per respingere l’invasore ai confini politici dell’Ucraina. Ma questo è un altro discorso.
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