Mentre dopo oltre 300 giorni di conflitto per la prima volta Vladimir Putin parla esplicitamente di guerra, esprimendo la volontà che finisca il prima possibile, secondo il Wall Street Journal il governo ucraino sta finalizzando la “formula di pace” in 10 punti già menzionata da Zelensky al vertice del G20 a Bali e che probabilmente verrà presentata a febbraio, il giorno dell’anniversario dell’invasione. Intanto il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato di volere che la guerra finisca il prima possibile. “Ci stiamo impegnando per questo e continueremo a farlo”. Parole e intenti che però fanno a pugni con quanto sta ancora avvenendo sul campo di battaglia: vittime in un attacco nel Donbass, bombe su Kharkiv e a Mariupol gli occupanti russi avrebbero demolito metà del teatro storico della città.
Gli auspici di pace o di tregua troveranno dunque terreno fertile? Per Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver esperto di geopolitica, è difficile, perché “entrambe le parti si stanno preparando a riprendere una guerra ad alta intensità: Kiev e Mosca premeranno per ottenere manu militari i propri obiettivi. E cioè la conquista dell’intero Donbass, da parte russa, e la conquista dei territori perduti da parte ucraina. Ed è presto per dire se effettivamente Washington voglia dare impulso alla pace. Per il momento tutti per ora sembrano prepararsi ad almeno altri mesi di guerra”.
Vladimir Putin ha detto di volere la fine del conflitto in Ucraina il prima possibile, usando per la prima volta la parola “guerra”. “Ci impegneremo affinché tutto questo finisca. E prima è, meglio è, ovviamente”, ha detto il leader del Cremlino. Cosa può intendere Putin con questa frase? Avvierà un negoziato o imprimerà alla guerra un’altra direzione e intensità?
Putin è ben consapevole, in primo luogo, di quanto sta accadendo all’interno del suo Paese. Lui personalmente mantiene ancora una certa popolarità, ma il patto con i russi non può prescindere dal tenere in considerazione l’insoddisfazione dell’opinione pubblica su come la guerra sta andando. Ecco perché rende adesso palese che di guerra si tratta e promette massimo impegno affinché tutto finisca al più presto. È quasi come a voler rassicurare i russi sul fatto che gli auspici della popolazione sono gli stessi suoi auspici. Non credo, personalmente, che queste frasi indichino un preciso intendimento da parte del leader del Cremlino. Ad ogni modo, le indicazioni sul campo dicono che Mosca potrebbe provare, con l’arrivo del nuovo anno, delle nuove sortite contro le trincee ucraine.
Nel suo viaggio a Washington Zelensky ha ottenuto aiuti finanziari e la fornitura di missili Patriot e ha ribadito che l’Ucraina farà di tutto per riprendersi la regione di Luhansk e la Crimea, che per Putin sono irrinunciabili. Dobbiamo aspettarci a breve un’escalation del conflitto anche da parte ucraina?
Le parti si stanno preparando a riprendere una guerra ad alta intensità. Vale per i russi e vale per gli ucraini. Lo stop ad operazioni belliche a lungo raggio è dovuto sia alla necessità ucraina di rifiatare e organizzare la logistica, dopo le riconquiste avvenute tra settembre e novembre, e sia alle condizioni meteo. Ma non appena la neve non offuscherà del tutto la vista ai generali di entrambi gli schieramenti, Kiev e Mosca premeranno per ottenere manu militari i propri obiettivi. E cioè la conquista dell’intero Donbass, da parte russa, e la conquista dei territori perduti da parte ucraina.
Gli arsenali di Usa e Nato sono in sofferenza per il continuo invio di armi a Kiev. E quelli di Mosca? Secondo il Mossad, Teheran ha incrementato l’invio di armi alla Russia, mentre Putin ha promesso risorse illimitate per ammodernare gli armamenti. Come si presenta oggi la situazione?
Alla vigilia di Natale la guerra arriverà al suo decimo mese di vita. Quasi un anno in cui dai magazzini della Nato e dai magazzini della Russia è stata tirata fuori una quantità enorme di materiale. Eppure, entrambe le parti si preparano a dare o ricevere ulteriori rifornimenti. Evidentemente in Occidente, come a Mosca, esistono piani per rimpinguare gli arsenali almeno per i prossimi mesi. Piani con i quali, sul versante Nato, si prevede l’aumento della produzione di materiale bellico da destinare tanto all’Ucraina quanto ai Paesi che stanno dando supporto a Kiev.
E sul versante russo?
Il Cremlino ha in mente svariate possibilità per superare l’ostacolo dettato dalle sanzioni occidentali. In poche parole, entrambe le parti sono in difficoltà, ma entrambe le parti sono intenzionate ad avere tutto il materiale possibile per continuare la guerra.
Secondo il Wall Street Journal il presidente ucraino sta definendo la “formula di pace” in 10 punti, inizialmente menzionata al vertice del G20 a Bali, e la presenterà il giorno dell’anniversario dell’invasione. Si sa qualcosa in più di questo piano?
Il fatto che la presenterà nel giorno dell’anniversario dell’invasione, quindi a fine febbraio, testimonia in primis quanto detto prima: tutte le varie parti in causa hanno in mente di andare avanti con la guerra. Se il piano in questione dovesse ricalcare in modo fedele quanto esposto da Zelensky al G20, più che una proposta di pace si tratterà di un documento con cui Kiev esporrà i propri obiettivi di guerra. L’Ucraina rivendica, e lo fa certamente avendo dalla sua il diritto internazionale, l’integrità territoriale. Circostanza che difficilmente i russi accetteranno, visto che hanno unilateralmente annesso alcuni territori ucraini. Mosca potrà accettare le condizioni ucraine solo in caso di débâcle militare e non come conseguenza di un trattato di pace.
Che ruolo hanno giocato in questo piano di pace gli Stati Uniti?
Si è detto molto circa un possibile cambio di rotta di Biden, intenzionato ad assecondare le velleità russe di trattare direttamente con la Casa Bianca. Un dialogo con Mosca effettivamente c’è, almeno sul fronte della sicurezza nucleare. Ma è presto per dire se effettivamente Washington voglia dare impulso alla pace. Per il momento tutti per ora sembrano prepararsi ad almeno altri mesi di guerra.
In questo quadro, l’Europa si ritrova sempre più tra l’incudine e il martello?
L’Europa è un soggetto internazionale che subisce passivamente ogni dossier. Sia che si tratti di quello ucraino o di quelli riguardanti il Medio Oriente. Ha subìto la guerra in Ucraina, decidendo di non avere più a che fare con i russi per l’approvvigionamento energetico e di cercare nuovi fornitori.
Ma dopo la decisione sul price cap al gas russo – Putin ha minacciato risposte “entro pochi giorni” – e il caso Qatargate, l’Ue rischia di andare incontro a una nuova crisi energetica?
Tra i nuovi fornitori trova i qatarioti, ma nel frattempo scopre che a Bruxelles c’era una rete di corruzione forse orchestrata da Doha. E adesso non può fare altro che ascoltare eventuali diktat dal Qatar sulla vicenda. Sostituire il gas russo ha comportato sacrifici, sostituire quello proveniente dal Golfo vorrebbe dire, almeno nell’immediato, rischiare di non dare più ossigeno alla propria economia.
(Marco Biscella)
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