In attesa di un nuovo round negoziale, che avverrà nel fine settimana, l’avanzata russa in Ucraina. L’altra notte è stato colpito l’impianto nucleare più grande d’Europa, la centrale di Zaporizhzhia, che attualmente risulta in mano ai russi. L’Agenzia internazionale per l’energia nucleare (Aiea) afferma che “nessun reattore è stato colpito e non c’è stato nessun rilascio di radiazioni nell’ambiente”.



Il vero obiettivo di Putin, colloqui a parte, è ridurre l’avversario all’impotenza. Per questo, dice al Sussidiario Marco Di Liddoanalista responsabile del Desk Africa e del Desk Russia e Balcani del Cesi (Centro Studi Internazionali), di fatto l’Ucraina intera è come una grande, nuova Stalingrado.

Durante il secondo incontro tra rappresentanti ucraini e russi per trovare una via di uscita al conflitto, è apparso alla televisione Putin dichiarando ancora una volta l’intenzione di andare fino in fondo alla guerra da lui scatenata. Perché questa mossa?



L’Ucraina ha aperto un canale diplomatico “in buona fede”, ma dall’altra parte non si può dire lo stesso: non sappiamo se i russi che si recano a discutere con la controparte ucraina siano lì per un pro forma, o per ribadire ogni volta punti che non sono negoziabili.

Quindi che senso hanno questi incontri?

Se i punti non sono negoziabili, non è più un negoziato, ma un ultimatum, un diktat. Putin ha fatto capire in maniera esplicita che i suoi obiettivi sono quelli che ha detto sin dall’inizio delle ostilità: vuole una Ucraina neutrale e demilitarizzata. Se li otterrà con un governo fantoccio o con uno legittimamente eletto è un problema secondario.



Ma è possibile trovare un compromesso a queste condizioni?

Il punto è che nessun governo di Kiev in questo momento, visto che ci sono di mezzo il riconoscimento del Donbass e della Crimea, può accettare: sarebbe una capitolazione. Solo se l’Ucraina fosse ridotta all’impotenza totale si arriverebbe a quel che vuole Putin.

Quindi Putin andrà fino in fondo?

Se il raggiungimento dei suoi obbiettivi significa lo smembramento dell’Ucraina e la trasformazione dei confini come li conosciamo, è un prezzo che lui è disposto a pagare con tutte le conseguenze politiche, economiche e anche militari del caso.

Ritiene che i 9mila soldati russi morti dichiarati da Kiev sia un numero credibile?

Non ci si può fidare delle cifre date da una parte e neanche dall’altra, per un semplice motivo. Sono due paesi in guerra, l’informazione è uno strumento di guerra e quindi mentire è un’arma che può modificare l’impatto non solo sulle opinioni pubbliche di ogni paese del mondo, ma anche sul morale delle truppe. Di conseguenza l’informazione non viene gestita in maniera etica, ma militare. Chi immagina che le guerre vengano raccontate in maniera etica si fa illusioni. I dati sono per forza tendenziosi. Un’altra cosa sono i reportage fatti dai giornalisti sul campo.

In questo senso diversi soldati russi fatti prigionieri hanno rivelato che avevano carburante, cibo, munizioni per soli tre giorni, il che ci dà la prova di quale fosse il piano di guerra del comando russo: una guerra lampo.

Che Putin volesse fare una guerra lampo è ormai palese. I vantaggi di una guerra lampo, oltre al fattore sorpresa, stanno nel fatto che si fa in fretta senza spendere troppo. Si parte poi dal presupposto che la resistenza dell’avversario possa essere piegata in poco tempo o comunque che la popolazione ti accoglierà come un liberatore.

I fatti ci permettono di dire che Putin ha commesso un grave errore?

Questo calcolo è stato smentito dai fatti perché la guerra sta durando più di un lampo, ma non sappiamo quanto durerà, perché gli ucraini venderanno cara la loro pelle fino all’ultimo grazie anche al supporto dell’occidente. Quando e quanto le sanzioni cominceranno a mordere davvero e anche quanto il fronte interno russo terrà, perché anche questa è una variabile, non lo sappiamo.

Che cosa intende?

Nel momento in cui il governo pensa di introdurre la legge marziale, questo significa che ha paura delle manifestazioni contro la guerra e capisce che c’è malcontento.

L’attacco alla centrale nucleare segna una escalation che mette in pericolo tutta l’Europa. Siamo a questo punto, al pericolo nucleare?

Quando la guerra si intensifica, nonostante il diritto internazionale dica in mondo esplicito che è vietato colpire qualunque obiettivo civile così come le infrastrutture la cui distruzione possono causare calamità naturali sulla popolazione e sull’ambiente, il diritto internazionale non viene quasi mai rispettato. Soprattutto quando i combattimenti diventano più violenti e quando entrambi gli schieramenti hanno una dottrina militare che prevede un uso massiccio dell’artiglieria. Il rischio quindi di fare danni a questo tipo di impianti è altissimo.

È possibile dire che l’Ucraina sia una nuova Siria?

Sta diventando una moda dire che l’Ucraina è una nuova Siria, ma possiamo andare più indietro e dire che l’Ucraina è un nuovo Iraq, un nuovo Egitto, una nuova Stalingrado. Quando si fa una guerra tutte le città finiscono rase al suolo con il rischio del massacro dei cvili. È successo ad Aleppo, è successo a Fallujah, nei Balcani e prima nella Seconda guerra mondiale. La guerra è guerra, e quella in Ucraina non fa eccezione.

(Paolo Vites)

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