Sarà uno degli argomenti sul tavolo al vertice dell’Alleanza atlantica che si svolgerà a Vilnius l’11 e il 12 luglio prossimi. L’adesione dell’Ucraina alla Nato, infatti, è tornato un argomento di attualità negli ultimi giorni dopo che è stata auspicata dal presidente francese Macron e dallo stesso Zelensky, che da tempo torna ciclicamente su questo argomento. La presenza di Kiev come nuovo alleato è stata oggetto di prese di posizione da parte del Parlamento europeo e di molti degli Stati più influenti della Nato, a partire dagli Usa, ed è una possibilità che viene presa seriamente in considerazione, anche se molti, compresa l’Italia, disquisiscono sui tempi, ritenendo che questa eventualità debba realizzarsi a guerra conclusa.



Come è già successo con Finlandia e Svezia, gli ultimi due Stati che hanno chiesto di far parte del Patto atlantico, ci sono Paesi membri che potrebbero sollevare dubbi sull’arrivo di Kiev, la Turchia per prima, che mantiene di fatto rapporti con la Russia e che vedrebbe sminuito il ruolo di mediatore che si è ritagliato con scarse fortune in relazione al conflitto russo-ucraino. L’adesione in tempi brevi dell’Ucraina, spiega il professor Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale nell’Università La Sapienza di Roma, potrebbe comunque far scendere drasticamente le probabilità di un negoziato. Le forze di Kiev hanno già il sostegno indiretto dell’alleanza militare di cui fanno parte Europa e Usa e probabilmente non otterranno di più. Ma l’entrata ufficiale nella Nato alzerebbe ancora di più il muro tra i due contendenti in conflitto.



Si continua a parlare di un’entrata dell’Ucraina nella Nato. Quali sono i requisiti per essere accettati? Com’è la procedura?

La procedura di adesione alla Nato è fondata sul consenso unanime degli Stati membri. L’articolo 10 del Trattato prevede che l’adesione faccia seguito all’invito unanime degli Stati che ne fanno parte. Nella prassi lo Stato che intende aderire presenta la propria richiesta al Segretario, il quale la comunica agli Stati affinché ciascuno di essi esprima il proprio consenso. Una volta raggiunta l’unanimità, lo Stato che intende aderire e tutti gli altri Stati membri dovranno esperire, ai sensi dell’articolo 11, le proprie procedure costituzionali di ratifica. Quindi, ciascuno Stato membro ha due occasioni per bloccare il processo di adesione: la prima al momento dell’invito e la seconda al momento della ratifica secondo le proprie procedure costituzionali.



Prevalgono comunque le ragioni politiche?

L’adesione alla Nato è una decisione politica, sia da parte dello Stato che intende aderire che da parte degli Stati che sono già membri. Peraltro, nella vicenda dell’adesione di Finlandia e Svezia hanno pesato vicende del tutto estranee alla Nato. La Turchia, in particolare, ha fatto dipendere il proprio voto positivo dalla politica dei due Stati candidati rispetto alla questione curda.

Quanto tempo ci vuole per le procedure?

Il tempo tecnico può anche essere brevissimo, qualora tutti gli Stati siano sostanzialmente d’accordo sull’adesione. Il tempo si allunga, evidentemente, se non vi è un accordo politico unanime.

Come funziona il sistema dei veti e chi potrebbe esercitarlo in questo caso, la Turchia ad esempio?

Dalla procedura che ho descritto, emerge che ciascuno Stato dispone di un potere sostanziale di veto. Questo potere può essere esercitato in due occasioni: al momento dell’invito, che deve essere unanime al fine di firmare il protocollo di adesione, e al momento di ratificare tale protocollo secondo le procedure costituzionali di ciascuno Stato.

Per Finlandia e Svezia, i due inviti più recenti, cosa è successo?

Le due richieste presentate da Finlandia e Svezia hanno avuto un percorso diverso. Gli Stati-parte hanno esteso l’invito ad ambedue, ma le procedure di ratifica del protocollo di adesione sono state completate solo per la Finlandia. Mancano ancora, per completare l’adesione svedese, le ratifiche di Ungheria e Turchia. Questi due Stati sembrano ancora voler bloccare l’adesione svedese subordinando la propria ratifica a condizioni politiche.

Quali potrebbero essere gli ostacoli all’adesione dell’Ucraina?

Ciascuno Stato potrebbe bloccare la procedura già dalle prime fasi. Qualche Stato, ad esempio, potrebbe ritenere inopportuna una adesione da parte di uno Stato in guerra, in quanto la qualità di membro di tale Stato comporta un obbligo di assistenza da parte di tutti gli altri. È vero che l’obbligo di assistenza non comporta un intervento militare diretto; è altresì vero che la Nato sopporta già con misure di assistenza indiretta l’Ucraina. Ma gli Stati che vorrebbero svolgere un ruolo di mediazione, come la Turchia, potrebbero esitare ad assistere l’Ucraina, come esigerebbe il Trattato Nato una volta completata l’adesione, nel timore di perdere il proprio ruolo di mediatore; svolto, peraltro, con incerto successo.

Come cambierebbe la Nato con questa entrata? Si sposterebbero gli equilibri verso Est? Entrerebbe in guerra?

La mia opinione è che una adesione dell’Ucraina alla Nato, in questo momento, potrebbe essere perniciosa per l’esito del conflitto. L’Ucraina gode di un sostegno incondizionato da parte della Nato stessa. Difficilmente l’adesione potrebbe portare a un ulteriore sostegno. Ma l’adesione potrebbe far tramontare definitivamente le prospettive di un negoziato che stenta ad avviarsi.

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