Per l’Ucraina nell’Unione Europea, se va bene, ci vorranno dieci anni. La definizione della condizione di Stato candidato è solo il primo passo del lungo iter di adeguamento all’ordinamento giuridico UE necessario per aggiungersi ai Paesi legati dal comune riferimento a Bruxelles. Un iter complesso che attende anche altri Paesi che condividono lo status dell’Ucraina, la Moldavia in primis, spiega Lorenzo Pace, professore di diritto dell’Unione Europea nell’Università del Molise.



Al di là della scelta politica di aprire le porte a Kiev, insomma, formalizzata nel giugno dell’anno scorso, per adesso non c’è molto. I nodi da sciogliere sono diversi: la corruzione, l’adeguamento alla politica agricola comune in un Paese che fa dell’agricoltura uno dei suoi punti di forza e che su questo dossier ha già avuto delle frizioni con altre nazioni europee, la legge che mette al bando l’opposizione politica. Il percorso guidato dalla Commissione Europea, cui spettano le trattative con i Paesi che chiedono di aderire all’Unione, deve sfociare in un trattato di adesione che a sua volta ha bisogno dell’approvazione di tutti gli altri Paesi membri dell’UE. Per arrivarci occorrono riforme e la guerra non è la condizione ottimale per farle partire.



A che punto è l’iter per l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea?

L’ultimo passo che è stato fatto è l’accoglimento della richiesta dell’Ucraina di dare il via alla procedura di adesione. Oltre a questo, non credo sia stato fatto nulla. Siamo ancora all’inizio, e potremmo essere qui a parlarne anche tra 10 anni. C’è stata questa scelta politica molto forte, l’anno scorso, per dare il via alla procedura e dare così un segnale alla Russia. Ma ci sono anche altri Stati che l’hanno iniziata da tempo: la Moldavia, ma anche la Macedonia, la Serbia, il Montenegro, la Bosnia-Erzegovina, la Georgia, la Macedonia del Nord, l’Albania. Per la Turchia non credo abbiano chiuso la procedura ma sostanzialmente siamo su un binario morto. Insomma, l’Ucraina è uno Stato candidato, ma vi è una lunga coda.



A essere ottimisti, quanto ci vorrà, se tutto va bene?

Ci vorranno una decina d’anni, almeno. C’è tutta la fase di negoziazione con le istituzioni dell’Unione per valutare gli avvicinamenti che il Paese richiedente deve realizzare. Poi c’è la valutazione del Consiglio Europeo, delle rappresentanze degli Stati che devono votare un piano e soprattutto c’è il trattato di adesione dello Stato, per il quale devono essere d’accordo tutti gli altri Paesi.

Chi conduce materialmente il negoziato?

Lo conduce la Commissione Europea, con il Consiglio e il Parlamento europeo che vengono sempre informati. Si punta per prima cosa a fare in modo che la normativa dello Stato che ha chiesto l’adesione sia coerente con l’ordinamento dell’Unione. È quello che si chiama acquis comunitario. Quindi occorre valutare la corrispondenza dello Stato in questione ai contenuti dell’articolo 2 del Trattato dell’Unione Europea, che parla di democrazia, libertà, uguaglianza, stato di diritto e rispetto dei diritti umani, compresi quelli di chi appartiene a delle minoranze. Su questo occorre una lunga valutazione, necessaria perché lo Stato candidato deve coordinarsi alla struttura giuridica dell’ordinamento dell’Unione Europea.

La guerra e la necessità di sostenere l’Ucraina hanno portato alcuni stati dell’Est europeo ad aprire contenziosi commerciali con gli ucraini relativi ai prodotti agricoli. Sono i Paesi di questa parte dell’Europa ad avere perplessità sull’adesione?

Non è detto che necessariamente gli stati dell’Est debbano esprimere qualche perplessità sull’entrata nell’UE dell’Ucraina. Per quanto riguarda l’Albania, si dice sia stata la Francia, anche se non è confinante, ad avanzare qualche dubbio, dovuto probabilmente alla presenza di una rilevante comunità albanese sul territorio francese. Bisogna vedere quali sono gli interessi dei singoli Stati. Certo, l’estensione della politica agricola comune a un Paese che ha grandi potenzialità dal punto di vista della produzione in questo settore è un tema fondamentale. La penetrazione dei prodotti ucraini nel mercato europeo è un problema segnalato anche in occasione della protesta dei trattori di cui si sono fatti promotori gli agricoltori di diversi Paesi europei, soprattutto per quanto riguarda le agevolazioni relative ai dazi. Sono temi che potrebbero riproporsi in sede di negoziato.

Perché occorrono tempi così lunghi?

È un percorso complesso. Tra l’altro non c’è una procedura per obbligare all’uscita uno Stato dall’Unione, solo la procedura per il controllo di gravi violazioni del Trattato dell’Unione, quella avviata, ad esempio, nei confronti dell’Ungheria. Una volta entrato un nuovo Stato, l’Unione Europea non ha facoltà di espellerlo.

A meno che non venga indetto un referendum come con la Brexit?

Sì, ma deve essere lo stesso Stato ad agire, nessuno può obbligare lo Stato a recedere.

In questi mesi si è parlato spesso della corruzione nell’amministrazione ucraina, tanto che Zelensky ha dovuto cambiare molto nel suo staff e nei ministeri anche per far fronte a questo problema. È uno degli elementi che per ora sembrano allontanare l’Ucraina dall’UE?

È un tema di cui la stampa ha parlato molto. Il tema della corruzione, se non sbaglio, era già sentito quando vi era stata l’estensione a Est dell’UE con l’adesione di dieci nuovi Stati membri. È un aspetto importante.

Una legge in Ucraina ha praticamente messo al bando i partiti dell’opposizione. Un ostacolo non da poco per una UE che si pone come paladino della democrazia?

Sono dinamiche di uno Stato in guerra difficili da giudicare con il diritto di Stati che non sono in una simile situazione.

Ma quando si diventa uno Stato candidato, quali sono le prime cose da sistemare per avere i requisiti necessari a far parte dell’Unione Europea?

Il punto centrale è di armonizzare l’ordinamento dello Stato candidato all’acquis comunitario, al diritto dell’Unione Europea. La Gran Bretagna dopo l’uscita dall’UE ha dovuto emanare una legge per rendere concretamente autonomo l’ordinamento inglese da quello dell’Unione. È stata infatti istituita una Commissione con la funzione di eliminare le parti necessarie di normative originate dall’Unione. Nel caso di richiesta di adesione, la situazione è inversa: uno Stato che ha una storia lontana dall’Europa continentale deve uniformarsi al diritto dell’Unione Europea. È un percorso molto complesso.

Un percorso così complicato può cominciare veramente solo se uno Stato non è in guerra?

Questo è un elemento fondamentale. Ma della concreta entrata dell’Ucraina nell’Unione si parlerà fra molti anni, momento in cui, speriamo, il conflitto sarà già terminato.

(Paolo Rossetti)

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