I leader UE parlano di Ucraina nel Consiglio europeo. Putin risponde con una conferenza stampa fiume, ribadendo di non volere un cessate il fuoco, ma un accordo di pace duraturo che garantisca la Russia. Gli ultimi sviluppi della vicenda ucraina, osserva Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, dimostrano che l’Europa conta sempre meno nello scenario internazionale. Lo stesso Putin non la considera e dice di essere pronto a parlare solo con Trump. Il Capo del Cremlino ha poi affermato di essere disponibile a rivolgersi a Zelensky solo se sarà rieletto (ora infatti il suo mandato è scaduto). Mentre Zelensky ammette che non potrà riconquistare Crimea e Donbass, sembra tramontare anche l’idea di una forza di interposizione europea in occasione di un eventuale cessate il fuoco tra ucraini e russi. Ora si pensa possa essere formata da turchi. Ankara, infatti, non si è schierata tra i due contendenti.
La guerra in Ucraina è al centro del Consiglio europeo. Anche stavolta la UE rischia di uscirne senza una strategia degna di questo nome?
La UE è in corto circuito. NATO, von der Leyen e Kallas (alta rappresentante UE per Affari esteri e Sicurezza) dicono che bisogna sostenere fino in fondo l’Ucraina, dopodiché Zelensky dichiara a un giornale francese che non ha la forza per riprendersi Crimea e Donbass. Neanche il presidente ucraino, ormai, sembra credere alla propaganda dell’Alleanza Atlantica. Nella sua intervista a Le Parisien, comunque, ha detto una cosa vera, ma era nota dai tempi del fallimento della controffensiva ucraina, a novembre 2023.
Sul versante europeo manca comunque una posizione condivisa?
Rutte parla a titolo personale; ogni governo UE o NATO dichiara quello che vuole. Anche Zelensky dice tutto e il contrario di tutto.
Lo sbandierato sostegno senza fine all’Ucraina fa il paio con il dibattito tutto occidentale sulla forza di interposizione che potrebbe essere inviata sul terreno per far rispettare un cessate il fuoco. Ora spunta l’ipotesi che sia costituita dai turchi. Ci si è accorti che la Russia non vuole soldati occidentali in Ucraina?
Una forza di interposizione credibile può essere composta da Paesi che non hanno aderito né a un campo né all’altro. Non ci possono essere Paesi NATO che hanno fornito armi a Kiev. Ci potrebbero essere truppe di nazioni come Turchia, Slovacchia o Ungheria, che hanno proprio questi requisiti perché non hanno dato armi agli ucraini. Quello di cui ci dobbiamo preoccupare è che abbiamo degli “statisti” che pensavano di poter mandare i loro soldati prima con l’uniforme ucraina a combattere i russi e poi con l’uniforme del loro Stato, magari francese, a fare i peacekeepers.
Erdogan ha fatto cadere Assad, ora potrebbe mandare truppe di pace in Ucraina e magari fare da mediatore nella stessa situazione. È diventato un punto di riferimento fondamentale per la politica internazionale?
La Turchia ha sempre avuto una classe politica preparata, con grandi ministri degli Esteri. Ora c’è Hakan Fidan, ex capo dell’intelligence, che, come i suoi predecessori, sa fare il suo mestiere. Ma i turchi appaiono dei giganti perché sono circondati da nani. E i nani siamo noi. Dopo due mesi di guerra i turchi avevano trovato un’intesa tra Ucraina e Russia, poi fatta saltare dagli americani e dagli inglesi. Ma il ruolo di ponte fra l’Occidente e la Russia era dell’Italia, non della Turchia. È Draghi che ci ha compromesso ogni possibilità di ricoprire questo ruolo strategico, per fornire delle armi che non sono state risolutive nel conflitto. I soldi spesi in questo senso da Europa e Occidente sono stati buttati via: hanno indebolito le nostre forze armate, in particolare come munizioni, senza ottenere risultati, infatti i russi stanno avanzando.
La UE, intanto, ha dato altri 18 miliardi all’Ucraina e la von der Leyen ne ha promessi 30 per l’anno prossimo. Serviranno a qualcosa?
L’Unione Europea non esiste sul piano politico, diplomatico, strategico, se non come propaggine dell’amministrazione Biden; vedremo con Trump. Esiste, eccome, nel fare dei danni agli Stati membri: lo dimostrano le sanzioni, la rinuncia al gas russo, la politica green che ha messo in ginocchio le nostre aziende.
Putin, intanto, dice che parlerà con Zelensky solo se verrà rieletto, visto che il suo mandato è scaduto. Con l’Europa non vuole avere niente a che fare e l’unico con il quale potrebbe parlare è Trump. Gli accordi li farà solo con il nuovo presidente USA?
Trump è l’unico che questa guerra ha detto di voler chiudere; tutti gli altri dicono che bisogna continuare fino alla vittoria: a morire, infatti, sono gli ucraini. L’unica iniziativa europea che ha avuto un senso è stata il tentativo di mediazione di Viktor Orbán, che ha anticipato il piano di Trump.
Il fatto che Putin tratti con Trump significa che si può aprire anche una nuova stagione nei rapporti USA-Russia?
Le superpotenze si sono sempre parlate. Così hanno fatto il capo di Stato maggiore russo Gerasimov e Lloyd Austin, capo del Pentagono. Putin, invece, ignora completamente gli europei. La visione politica di Trump è che non ci sono motivi per avere nemici. Se vuole risolvere i problemi deve avere rapporti con Putin. Se vuole occuparsi del nucleare iraniano deve parlare con lui, perché oggi Mosca e Teheran hanno rapporti strettissimi; se vuole evitare un braccio di ferro militare con la Cina, deve tenere conto che russi e cinesi sono strettamente legati. Se vuole risolvere queste e altre crisi, avrà bisogno di Putin.
Quindi cosa succederà fra il capo del Cremlino e l’inquilino della Casa Bianca?
Non diventeranno amici, perché hanno interessi diversi, ma collaboreranno, mentre noi ci ritroveremo da soli a fronteggiare la Russia, comprando armi americane. Se non succederà, Trump metterà i dazi, perché l’Europa esporta in America più di quanto gli americani esportano in Europa.
Quale scenario abbiamo davanti, allora, in Ucraina?
Trump arriverà tra un mese, ma nel frattempo potrebbe succedere di tutto. Basta vedere tutte le mine che l’amministrazione Biden ha messo sul percorso di pace che il nuovo presidente americano dice di voler percorrere, compreso l’attentato al generale Kirillov a Mosca, che non può essere stato fatto solo dagli ucraini. Trump hanno già cercato di ucciderlo, non escludo neppure che ci possano riprovare. Tanti negli USA vogliono impedirgli di mettere in atto i suoi programmi.
Kaja Kallas, commissario UE estone, ha detto che non bisogna spingere Zelensky a negoziare, perché in realtà Putin non vuole la pace. Il negoziato lo vogliono sia Kiev sia Mosca o no?
I russi hanno ribadito quali sono le loro condizioni per negoziare; se l’Ucraina le accetta, la trattativa parte anche domani. Che Kaja Kallas voglia evitare un negoziato non sorprende; voleva una Russia divisa in sedici repubbliche in guerra tra loro. Il suo spessore di statista non è solo irrisorio: è una minaccia alla sicurezza dell’Europa. Fa queste valutazioni senza tenere conto che la Russia ha 6.500 testate atomiche; il suo sfaldamento significherebbe un’anarchia nucleare potenzialmente pericolosa per il mondo intero. Il fatto che questa Commissione abbia affidato ai baltici posti chiave come Esteri, Sicurezza e Difesa la dice lunga sulla sua autonomia. I baltici sono i migliori alleati degli americani, i loro guardiani in Europa. D’altra parte la von der Leyen, se non fosse stata riconfermata alla guida della UE, avrebbe potuto essere il nuovo segretario generale della NATO.
(Paolo Rossetti)
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