Gli ucraini che volano negli USA con la lista degli obiettivi da colpire in territorio russo per chiedere di poter agire. La NATO e l’UE, per bocca del segretario generale Jens Stoltenberg e dell’alto rappresentante per gli Affari esteri Joseph Borrell, legittimano a parole la richiesta di Kiev. La narrazione della guerra da parte occidentale, nonostante gli evidenti problemi dell’esercito ucraino a sostenere l’avanzata russa, non cambia. Le dichiarazioni rilasciate a Ramstein in occasione dell’incontro fra l’Alleanza Atlantica e gli ucraini lo dimostrano.
La novità, invece, osserva Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, è la dottrina nucleare russa, che Mosca sta adeguando, anche perché ora ha la possibilità di montare testate nucleari su missili da crociera, che creerebbero grosse difficoltà ai sistemi di difesa americani.
Zelensky chiede sempre più armi e vuole attaccare gli aeroporti russi. I suoi alleati sfornano dichiarazioni a sostegno della guerra. A che punto siamo?
Gli aeroporti di cui parla Zelensky, però, sono a più di 300 chilometri dall’Ucraina, lo hanno fatto notare gli stessi americani. La cosa più preoccupante è che il ministro della Difesa ucraino sia andato a Washington con la lista degli obiettivi da abbattere in territorio russo. Anzi, la necessità di colpire la Russia in profondità sta diventando parte dell’informazione mainstream. Mi preoccupa che l’Europa sposi pienamente questa narrativa neocon: sta sottoscrivendo un’agenda che non è la sua.
Ma Biden vuole assecondare le richieste di Zelensky?
L’amministrazione Biden le sta valutando: secondo le ultime notizie, l’autorizzazione per la consegna di armi per attacchi a lungo raggio è prevista per novembre, guarda caso in corrispondenza delle elezioni. Gli USA hanno invocato problemi tecnici o burocratici da risolvere, ma si tratta di un’escalation importante. Guarda caso i russi rispondono con la revisione della dottrina nucleare. Ora, comunque, ritengo che occorra cominciare a chiamare in causa il Pentagono.
Cosa c’è da capire nell’atteggiamento del Pentagono?
L’attuale capo dello Stato Maggiore USA congiunto, Charles Brown, primo consigliere militare del presidente, è molto meno loquace del predecessore Mark Milley, che non aveva mai dato per scontato che l’Ucraina potesse vincere la guerra. Dava un’immagine del Pentagono come non favorevole alla guerra a oltranza. Adesso uno dei dubbi che dobbiamo sciogliere è proprio questo: qual è il ruolo del Pentagono e quanto pesano le sue consulenze militari nelle scelte dell’amministrazione americana? La risposta russa, comunque, mi sembra molto chiara: la revisione della dottrina nucleare.
Cosa comporta?
Deve rispondere a due mosse dell’Occidente e dell’Ucraina: lo schieramento degli euromissili in Germania a partire dal 2026 e la risposta a questa richiesta continua di interventi su obiettivi in profondità nel territorio russo. Gli analisti militari stanno mettendo in rilievo alcuni elementi interessanti: la novità che sta emergendo è che i russi sono in grado di montare una testata nucleare su missili da crociera, non solo sui missili balistici. Missili da crociera con propulsione nucleare, senza più il problema del carburante, che dava “solo” qualche migliaio di chilometri di autonomia. Ora possono fare il giro del mondo senza problema di gittata.
Come funzionano questi missili?
Hanno un radar a bordo in grado di interpretare il terreno e viaggiano normalmente a quote basse per sfuggire ai radar nemici. Una volta impostato l’obiettivo, il missile segue la rotta. Il missile balistico, invece, deve uscire dall’atmosfera, andare in orbita, ridiscendere e colpire l’obiettivo che gli è stato assegnato. Il problema è che il sistema di rilevamento della minaccia nucleare, specialmente quello USA, è basato sull’intercettazione dei missili balistici per via satellitare. Il missile da crociera evita tutto questo ed è difficilissimo da intercettare.
Perché sono così importanti questi dettagli tecnici?
Accompagnare uno sviluppo tecnologico come questo alla revisione della dottrina nucleare, che è uno strumento di comunicazione, è un fatto estremamente significativo, perché ci sono elementi tecnologici che danno sostanza al testo della dottrina. Il missile da crociera russo in questione, per la cronaca, si chiama Burevestnik. Una parte della stampa specializzata ha deriso questa soluzione, altri analisti ritengono che la questione sia più seria.
La direzione verso cui stiamo andando, quindi, è questa: una possibile guerra nucleare?
Bisogna fermarsi e prendere atto che la guerra è persa: è questo che Kiev e gli alleati occidentali non riescono ad accettare.
Dal punto di vista militare, come si può giudicare, a qualche settimana dall’inizio, l’attacco iniziato a Kursk?
Si conferma un grandissimo errore. I patrioti ucraini non lo perdoneranno mai a Zelensky, soprattutto i soldati. La stampa internazionale stessa chiama questa operazione l’autogol di Zelensky. Ci sono solo da gestire le conseguenze; tra l’altro, i russi hanno distolto poco o niente delle loro risorse per far fronte alla situazione.
Zelensky e Sirsky dicono che ora l’offensiva russa a Pokrovsk si è fermata. È così?
Fermarsi è fisiologico in ogni operazione. Non è un merito ucraino; i russi lo avranno fatto per riorganizzarsi, per adeguare il sostegno logistico, interpretare la situazione e assegnare nuovi ordini. Quello che preoccupa, lo dicono gli stessi ucraini, è che il fronte sia vicino al collasso.
Putin, intanto, ha ribadito che si può negoziare partendo dalla trattativa di Istanbul di due anni fa. Orbán dice che Zelensky e il capo del Cremlino devono incontrarsi. La possibilità di una trattativa è veramente così remota?
Da parte europea e statunitense non vedo cambiamenti nel linguaggio e nell’atteggiamento; secondo me, è in atto una fase di interpretazione della situazione per capire cosa fare. Continuare a insistere sulla necessità di colpire la Russia in profondità non modifica l’atteggiamento della UE. Però dobbiamo chiederci: l’Europa sta seguendo l’agenda di chi? Dietro ogni dichiarazione ufficiale può esserci un lavoro di preparazione di negoziati e magari qualche remota possibilità che qualcosa avvenga in questo senso, ma credo che tutti stiano aspettando le elezioni USA per avere una direttiva da seguire. Adesso ammettere di aver fallito è difficile, anche se sarebbe da evitare la narrativa dell’escalation.
Zelensky dovrebbe incontrare la Meloni a Cernobbio, cosa può chiedere all’Italia?
L’Italia è uno dei tanti alleati, tra tutti il meno significativo in termini di sostegno militare. Il nostro ministro degli Esteri ha ribadito la piena sintonia con la politica estera di Washington, per la quale l’Italia è uno dei migliori alleati. Da questo incontro non mi aspetto nulla di significativo.
(Paolo Rossetti)
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