Dopo esserci soffermati sulla Russia, andiamo ora a vedere da vicino la situazione dell’Ucraina. I mass media russi parlano di morale molto basso nell’esercito ucraino, raccontano in modo molto diverso quelle che in Occidente vengono presentate come conquiste: il gruppo di uomini che è sulla riva sinistra del Dniepr e che per gli ucraini rappresentano una delle poche vittorie della controffensiva, secondo i media russi sono sotto il fuoco nemico: li stanno facendo fuori tutti. Sarebbe un’azione suicida dei marines ucraini. Le stesse fonti riferiscono che Kiev sta reclutando donne, anziani e disabili. Vista la provenienza potrebbe essere propaganda, ma alla luce della situazione interna ucraina resta il fondato dubbio che qualcosa di vero ci sia.
Il presidente Zelensky, infatti, spiega Giuseppe Ghini, professore ordinario di slavistica all’Università degli studi di Urbino Carlo Bo non è più così saldo in sella e l’Ucraina deve sciogliere ancora molti nodi, anche per entrare nella Ue: il reclutamento, appunto, è sempre più massiccio, il rispetto delle minoranze non è garantito, la corruzione, nonostante qualche epurazione, resta un problema, ai partiti di opposizione è stato messo il bavaglio e la libertà di stampa soppressa. In un contesto in cui la superiorità russa sembra sempre più schiacciante forse il presidente che ha incitato alla resistenza, ora in dissidio con il capo di stato maggiore dell’esercito Zaluzhny, non è più l’uomo giusto al posto giusto.
L’Ucraina ha problemi di rifornimenti per sostenere la guerra ma sembra che debba affrontare anche delle divisioni interne tra vertici militari e vertici politici: qual è la situazione?
Il fatto nuovo è che è venuto allo scoperto un dissidio aperto tra i vertici della governance ucraina, Zelensky e Zaluzhny. E anche Klitschko, sindaco di Kiev, ha criticato il presidente. Una situazione emersa nonostante la censura dei mass media, che invece è un fatto vecchio, così come l’abolizione dei partiti. Se il dissidio è stato portato alla luce del sole, quindi, vuol dire che c’era la volontà di renderlo pubblico nonostante tutto.
Il primo problema da affrontare è la necessità di rinfoltire le fila dell’esercito e quindi di avere più persone a disposizione per combattere: come si sta muovendo il governo?
Continua il reclutamento e si allarga alle fasce deboli della popolazione: sui canali Instagram si parla da tempo di reclutamento forzato e di arruolamento di persone invalide e anziane. Non sto dicendo che prendono i disabili e li mandano in prima linea, ma qualche caso è documentato: o c’è stato un errore da parte dei reclutatori oppure non sanno più da che parte girarsi. E il reclutamento a tappeto per le donne è una eventualità sempre più concreta.
Ci sono dei sondaggi che danno in caduta il consenso nei confronti di Zelensky: dipende anche dalle modalità di reclutamento?
Il consenso è diminuito. Essendoci un controllo dei media è molto difficile sapere qualcosa di più: quanti sono i morti, ad esempio, nessuno lo sa dire. Si conoscono solo quelli che vengono seppelliti. Poi c’è un problema internazionale: ci sono alcuni Paesi europei che condizionano la discussione sull’adesione dell’Ucraina alla Ue, ma vanno valutati i requisiti che bisogna avere per far parte dell’Unione: il rispetto delle minoranze linguistiche è un requisito? L’Ungheria dice di sì, riferendosi alle minoranze ungheresi in Ucraina che non vengono rispettate. Con Poroshenko e poi con Zelensky è stata abolita la legislazione introdotta da Yanukovych sul rispetto delle minoranze linguistiche. Per il ministro degli Esteri Kuleba il russo non corrisponde a una minoranza linguistica perché è una lingua che sanno tutti, un’affermazione discutibile. Colpendo questa minoranza ne sono state colpite anche altre, tra cui gli ungheresi della Transcarpazia.
Anche i rapporti con i Paesi vicini non sono proprio idilliaci: quali sono gli ostacoli da superare con la Polonia e con le altre nazioni confinanti?
Il grosso problema è quello del blocco delle merci da parte della Polonia e della Slovacchia che si sentono minacciate dalle esportazioni a bassissimo costo dell’Ucraina di prodotti alimentari anche di bassa qualità. Da mesi i polacchi stanno facendo passare pochissimi camion al giorno.
Uno dei nodi da sciogliere in Ucraina, contestato anche dall’Occidente, è quello della corruzione. Ci sono stati ministri esautorati per questo motivo: basta per sistemare la situazione?
Il tema della corruzione è fondamentale per entrare in Europa, che è sempre stata critica su questo punto, anche prima del 2014 e del 2022: quella messa in atto da Zelensky, però, non sembra essere una vera soluzione. Il ministro Reznikov, sospettato di corruzione, è stato preso e mandato a Londra a fare l’ambasciatore: non è un modo per risolvere le cose. Il problema è sistemico: l’onnipotere dei vertici militari non garantisce dalla corruzione. In tutte le situazioni dove viene diminuito il controllo democratico e anche del quarto potere, quindi dei giornalisti e dei media, la corruzione aumenta.
In Ucraina, appunto, oggi non c’è libertà politica e neanche libertà di informazione: quanto pesano questi due elementi?
Eliminare i partiti che c’erano prima, aumenta o diminuisce la corruzione? Non c’è più controllo da parte della stampa, i giornalisti stranieri non possono fare il loro lavoro, l’opposizione politica non esiste più: chi fa il controllo? Libertà politica e di informazione sono anche requisiti per entrare nella Ue. Un contesto in cui va inserito anche il blocco delle elezioni. Non mi risulta che sia necessario che una situazione bellica precluda le elezioni politiche. In Gran Bretagna nella Seconda guerra mondiale ci sono state, si possono fare anche se in condizioni precarie. Forse anche da questo dipende l’abbassamento della popolarità di Zelensky: non vuole confrontarsi con l’elettorato.
La frattura fra Zelensky e Zaluzhny significa anche un modo diverso di intendere la guerra? Da una parte c’è chi la vuole continuare, dall’altra chi è disposto ad aprire trattative di pace?
Una rottura “strisciante” c’era già stata: basta pensare all’ordine di ritiro da Bakhmut firmato da Zaluzhny e bloccato da Zelensky, che non ha voluto una ritirata in una città che in quel momento era diventata iconica. In generale l’esercito ucraino non ha mai attuato delle ritirate strategiche, come invece hanno fatto i russi. Una ritirata strategica significa risparmiare vite e a me sembra che nessuno voglia risparmiare vite ucraine. Si è tornati a parlare delle trattative di pace che potevano concretizzarsi già a marzo 2022, prima a Minsk e poi in Turchia: perché ci si è fermati? Anche l’Unione Europea, ora che gli Usa si stanno tirando indietro, dovrebbe chiedersi cosa vuole fare, se è veramente un obiettivo realistico quello di battere una potenza nucleare.
Senza Zelensky al potere l’Ucraina penserebbe a una soluzione diplomatica?
È assolutamente possibile che ci sia qualcun altro che sta trattando direttamente con i russi, scavalcando Zelensky. Non mi pare però che i russi siano disposti in questo momento a trattare, sui canali russi non leggo niente del genere.
Putin ha detto che è disponibile a trattare, anche se alle sue condizioni.
Tutti i canali di informazione russi (e anche Putin) però dicono che Odessa è una città russa. Questo vorrebbe dire chiudere all’Ucraina lo sbocco sul Mar Nero, sarebbe una scelta pericolosa, credo. Non so neanche se è saggio dal punto di vista geopolitico. Non concederlo a un Paese grande come l’Ucraina è un problema, c’è da pensarci. È punitivo. E quando le contrattazioni finiscono così, chi perde prepara sempre una controffensiva.
Il dissidio interno al governo ucraino, quindi, riguarda la gestione della guerra come le prospettive di pace?
Sì. Sono emerse divergenze fra l’esercito ucraino e i consiglieri della Nato: questi ultimi volevano che la controffensiva fosse concentrata su un punto solo, mentre Zaluzhny ha voluto che fosse distribuita su tre fronti, il che ha portato a una dispersione delle forze e a un fallimento dell’operazione. Il problema più grave per l’esercito ucraino è quello della logistica: ogni carro armato richiede una manutenzione continua e per giunta con pezzi ad hoc.
L’Ucraina, insomma, non è per niente granitica nell’affrontare questa guerra?
I russi hanno costituito almeno un battaglione di ex soldati ucraini, di prigionieri che hanno accettato di combattere dall’altra parte. D’altronde o le repubbliche separatiste del Donbass erano guidate da burattini manovrati da Putin oppure c’era una volontà popolare che spingeva in queste direzione. È un punto da chiarire. Se vale la seconda ipotesi vuol dire che una parte della popolazione era una minoranza russa e non è improbabile che oggi sia filorussa.
Zelensky ora ha i giorni contati?
Churchill è stato un grande primo ministro in guerra, però quando c’è stata la pace lo hanno mandato via. Zelensky è identificato esclusivamente con la resistenza ucraina, una volta che si constata che con la Russia non si può vincere, è ancora l’uomo giusto?
(Paolo Rossetti)
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