“Sono colpevole per la legge ucraina, ma non ho violato quella di Dio” ha spiegato Vitaly Alekseenko quando, a gennaio, la Corte di Ivano-Frankivsk lo ha condannato a un anno di galera per aver rifiutato di combattere per l’Ucraina, rigettando così il suo appello. L’accusa è quella di “elusione del servizio militare durante la mobilitazione”. Alekseenko è un evangelico praticante: “La sua fede gli impedisce di uccidere, rifiuta la leva perché obiettore di coscienza” ha spiegato Yuri Sheliazhenko, segretario del Movimento pacifista ucraino, nella conferenza organizzata dalla Ifor,the International Fellowship of Reconciliation, un’associazione che difende proprio gli obiettori di coscienza ucraini.



Alekseenko è originario del Donbass ed è scappato a Ivano-Frankivsk a maggio: qui ha rifiutato di essere reclutato. L’uomo ha richiesto, così come hanno fatto 5.000 ucraini prima che la legge marziale entrasse in vigore, di prestare un servizio alternativo alla leva. È stato però il primo a finire dietro le sbarre dallo scorso 24 febbraio. L’avvocato Nicola Canestrini, legale italiano, segue il suo caso su mandato del Movimento Nonviolento. La stessa sorte è toccata ad Andrii Kucher, militante pacifista, che a maggio scorso è stato condannato a 4 anni di prigione: a lui è stata però concessa la libertà vigilata.



Guerra in Ucraina, l’appello degli obiettori di coscienza

Come rivela Il Fatto Quotidiano, sono in totale oltre 900 le indagini avviate dalla Procura generale contro gli obiettori che non hanno prestato il servizio nella guerra in Ucraina. Il presidente del Movimento, Ruslan Kotsaba, ha lanciato l’appello a disertare la guerra molti anni fa, nel 2015. Spesso è stato additato come filorusso e minacciato. Dopo aver rifiutato di combattere in Donbass è stato condannato per tradimento prima dell’invasione russa. In galera ha trascorso oltre 500 giorni: Amnesty International lo ha inserito ufficialmente nella lista dei “prigionieri di coscienza”.



“Siamo pacifisti, il nostro compito è praticare la resistenza non violenta all’agressione” ha spiegato Sheliazhenko. In Ucraina, intanto, gli uomini dai 18 ai 60 anni non possono lasciare il Paese: “Abbiamo petizioni con migliaia di firme che richiedono l’apertura delle frontiere, ma la risposta dell’ufficio presidenziale è stata evasiva”.