Una delle tante cose assurde che stanno accompagnando la guerra in Ucraina, che nel frattempo è in gran parte uscita dall’attenzione internazionale, è l’harakiri europeo sull’energia.
Tutti presi dalla volontà di “assediare” la Russia con presunte gravi sanzioni per costringerla a ritirarsi, ci siamo letteralmente bruciati i ponti energetici alle nostre spalle, ritrovandoci ora con il cerino (spento) in mano.
Il risultato è che l’Europa da tre anni è in preoccupante deficit energetico (salvo acquisti alternativi molto costosi) e che alcuni Paesi – come l’Italia – sono particolarmente spiazzati perché le fonti alternative, soprattutto nelle forniture di gas, si sono rilevate più care del passato, per la gioia degli speculatori e nell’impossibilità (o volontà?) dei governi ad intervenire per calmierare i prezzi.
In una crisi energetica dove c’è chi guadagna moltissimo, vince questa impressionante inerzia nei confronti di Kiev che continuiamo ad applaudire senza renderci conto dei disastri che progressivamente sta combinando Zelensky; il quale – pur avendo da un anno perso ogni legittimazione elettorale ed essere andato ben oltre il suo mandato – gode, soprattutto per le questioni energetiche, di una smisurata dose di baci ed abbracci decisamente esagerata.
La novità sollevata in questi giorni dal Financial Times è l’ipotesi che – in caso di accordi Trump-Putin – l’Europa possa essere “costretta” a riprendersi il gas russo per finanziare la ricostruzione ucraina; il che, francamente, non sarebbe certo un disastro, semmai una manna dal cielo, ammesso che il prezzo sia competitivo.
Il problema è che comunque non sarà facile riprendere la fornitura, perché nel frattempo i collegamenti sotto il Baltico sono stati intanto distrutti (l’attentato che ha messo fuori uso il gasdotto marino North Stream è attribuibile agli ucraini, ma non possono che aver avuto una “manina” di supporto tecnico-spionistico occidentale) mentre il signore di Kiev un mese fa ha salutato come un suo successo la fine del passaggio di gas russo per il proprio territorio.
Atteggiamento controproducente e non solo perché l’Ucraina ha così perso quasi un miliardo di euro per i diritti di passaggio, ma perché allora il gas andava bloccato prima (la Russia di miliardi ogni anno su quel gas ne guadagnava almeno 5); e l’aver atteso quasi tre anni e la scadenza naturale del contratto sui diritti di transito per non rinnovare l’accordo è semmai una sconfitta per Kiev e l’Ue e non per Putin, visto che la Russia nel frattempo ha avuto così il tempo di costruirsi una rete alternativa di clienti nel mondo e lucra sui nuovi maggiori prezzi mondiali.
Ma questi sono argomenti e ragionamenti tabù in Italia (mentre altri Paesi dell’Est europeo del gas russo hanno bisogno come il pane), dove continua ad aumentare l’ipocrisia e la poca concretezza, proprio mentre il presidente di Confindustria ancora ieri diceva che in alternativa “serve il nucleare, riapriamo anche le vecchie centrali”. A Palazzo Chigi giace un ddl sul nucleare che attende solo di essere mandato avanti. Nel frattempo continueremo quindi a comprare energia (nucleare) dalla Francia pagandola oltre il 20% di più dei nostri cugini transalpini e lamentandoci poi per i prezzi poco competitivi dei nostri prodotti sul mercato internazionale, dimenticando che scontano una quota importante di maggior costo energetico. Sciocchezze e scelleratezze, ma a noi evidentemente piace così.
Torniamo però all’Ucraina. Se arrivasse finalmente la pace, potremmo (e dovremmo comunque) ricorrere di nuovo al gas russo “diretto”. Intanto – e questa è l’ennesima altra ipocrisia – queste stesse forniture, pur facendo un giro più lungo, non sono mai state interrotte, e la prova è che tuttora la Russia è in pratica la maggior venditrice di gas all’Italia pur restando ufficialmente sanzionata.
Perché alla fine l’UE ha “bisogno” del gas russo e lo sa Putin come lo sanno a Bruxelles. Bisognerebbe avere anche il coraggio di ricordare che un accordo generale e strategico tra Russia ed Europa sarebbe utile ad entrambe le parti. Si è fatto finta di dimenticarlo, ma quando paghiamo la bolletta ce ne rendiamo conto. Eccome.
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