È chiaro che la maggioranza dei cittadini dell’Ucraina e della Federazione Russa, dello Stato di Israele e della Palestina, non sono cattolici. Anzi i cattolici, da quelle parti, sono veramente pochi. Eppure, anche per capire come si sta muovendo la diplomazia vaticana, può essere utile ripassare quello che dice il Catechismo della Chiesa cattolica al n. 2309.



“Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:
– che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;
– che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;
– che ci siano fondate condizioni di successo;
– che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.
Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della ‘guerra giusta’. La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune”.



Credo che anche molti amanti della pace e combattenti per la libertà non cattolici, leggendo queste righe, potrebbero essere tranquillamente d’accordo. A proposito delle due guerre principali in atto, quella in Ucraina e quella in Palestina, la giustificazione della difesa militare di chi è aggredito e la non disponibilità a trattative di pace deve fare i conti con alcune condizioni chiare sopra esposte.

In particolare mi sembrano problematici il terzo e il quarto punto. Ci sono per gli uni e per gli altri “fondate condizioni di successo”? Quale successo? Su questo punto attualmente le parti danno evidentemente opposte valutazioni. E a volte si cerca di presentare l’improbabile possibilità di una vittoria militare come la difficile giustificazione di una perdita continua di vite umane e la distruzione di tante strutture necessarie per la vita civile. Anche se, ad esempio, la Russia considerasse un successo il controllo dei territori ora occupati, questo potrebbe giustificare davanti al popolo, ma anche alla società internazionale, il male provocato con la guerra? E dal punto di vista dell’Ucraina, sarebbe proprio inaccettabile una “pace negoziata” che comporti, ad esempio, un controllo internazionale di alcuni territori ora occupati?



Si può e si deve agire anche con le armi nella difesa del proprio Paese solo se da questo non ne deriva un danno peggiore. Forse la lezione dell’invasione della Cecoslovacchia nel ’68, quando Dubcek confinò il proprio esercito nelle caserme per evitare uno spargimento di sangue nel confronto impari con gli invasori del Patto di Varsavia, può insegnarci qualcosa. Certo la Cecoslovacchia dovette poi subire una dura repressione da parte dei comunisti, ma alla fine, dopo vent’anni, seppe trovare la strada della libertà, compresa quella di una pacifica separazione tra la Repubblica Ceca e quella slovacca.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI