Trump pensa a un piano di pace per l’Ucraina, ma realizzarlo non sarà facile. Gestire una zona cuscinetto vastissima e definire cosa significa nei fatti la neutralità di Kiev non è cosa semplice. L’intervento del nuovo presidente americano, spiega Maurizio Boni, generale di Corpo d’Armata e opinionista di Analisi Difesa, non basterà a risolvere tutto in quattro e quattr’otto. Ci vorrà tempo e i russi lo sfrutteranno per altre conquiste sul terreno. Uno dei problemi sarà la definizione della forza di intermediazione che garantirà il rispetto degli accordi. E qui potrebbe entrare in gioco l’India. Resta ai margini, invece, l’UE, schiacciata sulle posizioni dei neocon americani sposate da Biden. Trump potrebbe lasciarle i cocci di una guerra persa. Per Bruxelles sarebbe meglio avere una strategia autonoma, nel definire la quale l’Italia potrebbe avere un ruolo importante.



Secondo fonti russe, gli USA avrebbero un piano per destituire Zelensky. Perché dovrebbero farlo?

La notizia non è nuova, ma ha un senso. È difficile che Trump possa discutere le condizioni per porre termine al conflitto con lo stesso attore che ha portato alla sconfitta con i russi. Meglio un altro interlocutore che possa essere gradito e in qualche misura accettato anche da Putin. Il piano di pace di Trump, però, mi sembra venga dato un po’ per scontato: ci sono delle criticità.



Quali sono?

Secondo Trump, ci dovrà essere un contingente che dovrebbe assicurare il rispetto delle misure stabilite nell’enorme fascia cuscinetto smilitarizzata, estesa mille chilometri, che separerà le due nazioni. Ma non potrà fare capo a Paesi europei, della UE o della NATO: significherebbe mettere come garanti del loro insuccesso i Paesi sconfitti politicamente. Lo staff di Trump, però, ha già chiarito che non ci saranno truppe americane, suggerendo che se ne occupino inglesi, francesi, tedeschi e polacchi.

Perché non è una soluzione credibile?

Gli inglesi sono i principali fautori della guerra a oltranza, i francesi l’hanno sostenuta fino in fondo, la Germania si è giocata l’economia e in parte la reputazione politica proprio per seguire l’Ucraina. Per quanto riguarda i polacchi, un sondaggio di luglio dell’European Council on Foreign Relations, un think tank USA, evidenziava che il 69% dei polacchi era contrario allo schieramento di truppe polacche in Ucraina a qualunque titolo. L’opinione pubblica, a differenza dei suoi politici, capisce che coinvolgere la Polonia potrebbe portare a un’escalation. La Polonia e i Paesi baltici hanno pensato di chiudere la partita storica con la Russia tramite l’Ucraina, sposando la prospettiva neocon fatta propria da Biden. Per questo affidare a loro la tutela delle misure per garantire la pace significa partire con il piede sbagliato. La Polonia ha anche grossi problemi di relazione con il nazionalismo ucraino in relazione a fatti della Seconda guerra mondiale.



Allora chi potrebbe fare da garante?

Dovremmo rivolgerci a Paesi graditi a Trump e alla Russia, anche perché finora stiamo parlando di questo piano senza tenere conto di quello che potrebbero pensare a Mosca. L’India potrebbe essere un interlocutore accreditato, perché sta costruendo un rapporto di fiducia con la Russia nei BRICS, ma ha anche legami importanti con l’Occidente. Potrebbe fare da garante anche perché eventuali altre avventure russe verso Ovest non sarebbero certamente gradite da chi proprio con la Russia vuole costruire un sistema alternativo a quello occidentale guidato dagli Stati Uniti.

Il piano di Trump quali altri punti comprende?

Comprende, appunto, una buffer zone, una zona cuscinetto che garantisca alla Russia di non essere colpita da armi a lungo raggio e all’Ucraina di essere al sicuro dall’intervento di determinati sistemi militari. Il conflitto verrebbe congelato, con tutti i suoi limiti, anche se questa è solo una modalità: bisogna discutere di tutto l’assetto globale della sicurezza europea. Il secondo elemento del piano è la neutralità dell’Ucraina, che non potrà aderire alla NATO per almeno 20 anni.

Andrà definito come si realizza la neutralità. Quali ipotesi si possono avanzare?

La neutralità avrà riflessi sul futuro delle forze armate, con limitazioni alla tipologia e alla quantità di armamenti che gli ucraini potranno ospitare. Si chiederà che non ci siano truppe o basi della NATO in territorio ucraino. Anche per questo la forza di intermediazione non potrà essere un contingente europeo.

Un altro punto fermo è la cessione di territori alla Russia.

È da un anno, ormai, che si dice che l’Ucraina non sarà capace di ricostituire i confini precedenti, anche se Zelensky pensa ancora alla Crimea. Non si tratta neanche di una cessione: sono territori che i russi hanno conquistato. L’Ucraina non concede più niente: non può riconquistare i territori, di fatto li ha già persi.

Bisognerà vedere anche fino a dove i russi riusciranno a spingersi prima che venga definito l’accordo di pace.

Trump si insedierà il 20 gennaio. Se prendiamo l’esempio della guerra di Corea, dal momento in cui iniziarono le trattative fino all’armistizio passarono due anni e mezzo, ci vollero più di 570 meeting per una soluzione che era abbastanza semplice. Qui ci sono tempi tecnici da rispettare e argomenti di grande complessità. Nel frattempo, i russi non si fermeranno: arriveranno al Dnipro, a sud includeranno Zaporizhzhia e a nord Kharkiv.

Nella zona di Kursk, invece, come sta andando?

Gli ucraini stanno inviando le forze migliori proprio nella regione di Kursk, pur sapendo benissimo che per i russi è una questione di tempo riportare i confini là dove erano prima dell’offensiva di Kiev. Per Zelensky sembra diventata una questione di principio. In realtà, l’operazione dal punto di vista militare non ha nessuna logica e sguarnisce ancora di più le forze in Donbass. Le linee difensive degli ucraini ormai sono inesistenti. I blogger, le fonti internazionali e quelle ucraine non si spiegano il perché di questa decisione, sono tutti critici nei confronti del governo. È un’altra ragione che porterà inevitabilmente alla caduta di Zelensky. Lo scenario potrebbe essere quello di indire nuove elezioni democratiche: d’altronde il mandato del presidente ucraino si è concluso da tempo.

Secondo le indiscrezioni russe, il piano per sostituire Zelensky verrebbe attuato creando un partito filoamericano in Ucraina. Potrebbe essere?

Non si fa fatica a crederlo. Dopo Maidan cosa hanno fatto gli americani? È successa la stessa cosa. È la strategia dei neoconservatori USA. Trump, d’altra parte, non sta garantendo l’accesso alla sua amministrazione di molti neocon, come Mike Pompeo e altri. Le sorti del negoziato sono nelle mani degli americani, che non si faranno più coinvolgere e lasceranno i cocci da raccogliere all’Occidente. Gli USA hanno creato il problema e noi europei dobbiamo risolverlo.

L’Europa finora si è accodata agli USA, cosa dovrebbe fare?

Il nuovo establishment della UE esprime, per la prima volta nella sua storia, una visione strategica identica a quella USA, a quella di Biden. E i nuovi commissari, da Andrius Kubilius (Difesa) a Kaja Kallas (Politica estera), sono allineati con la visione dei neocon statunitensi: vedo un allineamento perfetto fino a quando si insedierà Trump. Se il nuovo presidente non condividerà le posizioni neocon, la UE si troverà con una leadership che vuole continuare la guerra senza poterlo fare.

La UE dovrà adeguarsi al nuovo corso di Trump?

Di certo, una visione autonoma non c’è mai stata e mi pare molto difficile che si sviluppi adesso. L’Italia in questo contesto ha un grosso ruolo da giocare: può essere un serio garante del processo di pace.

La faccia della UE in questa trattativa potrebbe essere quella dell’Italia?

Secondo me sì. Dobbiamo riprenderci il ruolo di mediatori che abbiamo sempre avuto. Non abbiamo una struttura economico-militare che ci dà il ruolo di falchi, ma possiamo contribuire allo sviluppo di una strategia europea.

(Paolo Rossetti)

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