“In Italia non c’è una russofobia da cavernicoli e lo teniamo in considerazione. Speriamo che quando la situazione rispetto all’Ucraina comincerà a stabilizzarsi, riusciremo a ristabilire relazioni con l’Italia forse più velocemente che con qualche altro Paese”. A dirlo è stato ieri di Vladimir Putin. Le dichiarazioni del presidente russo all’Ansa aprono forse alla possibilità che l’Italia abbia un ruolo in una possibile trattativa per chiudere la guerra e arrivano mentre tiene banco il tema delle eventuali ritorsioni di Mosca dopo la decisione di diversi Paesi occidentali di autorizzare gli ucraini a colpire in territorio russo con le armi fornite all’esercito di Kiev. Alcuni missili USA Himars, secondo un canale Telegram, sarebbero già stati utilizzati per questo. Gli analisti della tv russa cominciano già a parlare della possibilità di colpire la Polonia, le cui basi sono un punto di raccolta delle armi destinate all’Ucraina.



Quello che sorprende, osserva Maurizio Boni, generale di corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, è la mancanza di strategia dell’Occidente. Il segretario di Stato americano Anthony Blinken sostiene che ci si adeguerà alle reazioni russe. Di certo, però, Putin sta vincendo la guerra e un coinvolgimento sempre più diretto da parte occidentale non può che aumentare il rischio di un conflitto allargato. Anche in Vietnam la guerra è cominciata inviando degli istruttori, come hanno fatto i francesi in Ucraina.



Generale, Putin dà atto all’Italia di avere posizioni più contenute rispetto ad altri riguardo alla Russia: qual è il significato dell’uscita del capo del Cremlino e che prospettive può aprire?

Non ci dobbiamo stupire del fatto che Putin abbia notato che la posizione dell’Italia sulla Russia sia più contenuta rispetto ad altri Paesi europei. Il ministro della Difesa Crosetto il 6 maggio aveva dichiarato che le sanzioni economiche contro la Russia sono fallite, invitando l’Occidente a impegnarsi maggiormente per negoziare una soluzione diplomatica con il presidente russo per porre fine alla guerra in Ucraina. È logico che costituiamo un’eccezione nel panorama del linguaggio di tutt’altra natura impiegato dalla maggior parte dei Paesi europei. La Russia ce ne dà atto, chiaramente anche per dividere il fronte occidentale, ma noi dobbiamo sfruttare questa occasione.



Il nostro Paese potrebbe giocare un ruolo nella pacificazione dell’Ucraina, se si decidesse di trattare?

Potremmo diventare veramente un attore importante nell’avvio di un processo di pace e garanti del suo rispetto, per non incorrere negli stessi errori in cui siamo incorsi con il fallimento degli accordi di Minsk. E soprattutto non dobbiamo spaventarci di essere additati da altri partner europei come filorussi: questa è un’occasione che si presenta per cominciare a invertire la rotta per la risoluzione del conflitto ucraino.

I missili americani sarebbero stati usati per colpire bersagli in Russia. Come reagirà Mosca? C’è da aspettarsi una risposta in tempi brevi?

Gli americani hanno limitato l’uso delle loro armi imponendo a Kiev di non andare troppo in profondità nel territorio nemico. Il fatto che siano state colpite due stazioni radar del sistema della difesa aerea strategica russa, quello che prevede l’arrivo dei missili intercontinentali, non è piaciuto e quindi hanno posto delle restrizioni. Ma le reazioni dei russi ci sono. Sulla tv di Stato alcuni commentatori cominciano a dire che la Polonia per i russi potrebbe diventare un obiettivo legittimo da colpire. Da parte occidentale c’è un po’ la narrativa che gli ucraini hanno combattuto con le mani dietro la schiena perché non hanno mai potuto colpire in Russia, ma i russi dicono che vale anche per loro: non hanno potuto colpire le retrovie ucraine in territorio NATO dove confluiscono tutti gli aiuti dell’Occidente.

Queste riflessioni dei russi destano ancora più preoccupazione. Stiamo tirando troppo la corda?

La cosa preoccupante è anche che non abbiamo una strategia coerente. Blinken sul Washington Post ha dichiarato: “Continueremo a fare quello che abbiamo fatto, che consiste, quando necessario, nell’adattare e adeguare”. Una postura reattiva: a seconda di quello che accade si reagisce. È la dimostrazione che non esiste una strategia né per terminare la guerra né per continuarla: quello che sta succedendo comunque non cambia le sorti sul campo di battaglia.

Gli Stati Uniti consentono di usare le loro armi anche per colpire aerei russi al di fuori del territorio ucraino, probabilmente per intercettare quelli diretti verso l’Ucraina. Un passo in più nell’escalation?

Fa parte della stessa postura reattiva. Ogni giorno veniamo a conoscenza di un ulteriore tassello che viene aggiunto, probabilmente sulla base delle richieste di Zelensky. È questo l’aspetto disarmante. Gli USA centellinano le concessioni, coordinandosi, tra l’altro, con una parte degli alleati, mentre altri non sono d’accordo. Mi ha sorpreso moltissimo il cambio di rotta della Germania a proposito dell’impiego dei missili da crociera Taurus, che a questo punto immagino abbiano già raggiunto il territorio ucraino. Alla fine di febbraio Scholz in un’intervista a un’agenzia tedesca riportata dalla Associated Press aveva escluso che la Germania concedesse l’impiego del loro sistema d’arma agli ucraini. Lo diceva pensando alle ripercussioni che poteva avere la Germania. Ora ha cambiato idea. E guarda caso i russi cominciano a parlare della Polonia come obiettivo. Dopo chi verrà, la Germania?

L’Occidente non sta cadendo nella “trappola” di Zelensky che da tempo vede come unica possibilità di salvezza un coinvolgimento diretto di Europa e USA nella guerra contro i russi?

Non c’è dubbio che l’obiettivo di Zelensky sia quello di portarci tutti dentro la guerra. È un gioco pericolosissimo, per questo dobbiamo capirne la logica e prenderne le distanze, perché poi il rischio di superare la linea rossa è molto elevato. Bisogna stare attenti alle fughe in avanti: i francesi dall’inizio della guerra hanno istruttori militari in territorio ucraino per seguire e addestrare i soldati di Kiev. Il problema è che la guerra in Vietnam è nata proprio così e i francesi stessi lo sanno benissimo e lo ricordano: “Attenzione, abbiamo cominciato in Vietnam con un nucleo di consiglieri militari e ci siamo trovati 4 anni dopo con centinaia di migliaia di soldati americani schierati per una guerra che poi è stata persa”.

Da un lato non si valuta cosa potrebbe significare un sempre maggiore coinvolgimento dell’Occidente nella guerra, dall’altro il capo delle forze armate norvegesi mette in guardia la NATO sostenendo che ha 2-3 anni per prepararsi a un attacco russo. Perché queste previsioni “apocalittiche”?

Questa è un’altra narrativa, iniziata dagli inglesi. Viene sviluppata per giustificare l’enorme incremento della spesa militare. A seconda dei Paesi si parla di due, tre, cinque anni, prima di subire l’attacco. È la narrativa dell’Ucraina, secondo la quale “dopo di noi tocca a voi”: e fa parte della comunicazione strategica dell’Occidente. Implica due cose: che l’Europa si deve equipaggiare e che si continui a combattere con Kiev per fare in modo che non perda il conflitto.

L’Italia fornirà i sistemi missilistici Samp/T. Qual è il nostro grado di coinvolgimento, posto il fatto che non abbiamo concesso l’uso delle nostre armi per colpire i russi nel loro territorio?

Il Samp/T è un gioiello della tecnologia. È uno dei migliori sistemi di difesa aerea. Il problema potrebbe sorgere nel caso in cui queste batterie vengano impiegate per abbattere aerei che dal territorio russo si dirigono verso quello ucraino o hanno la missione di colpire il territorio ucraino da quello russo. Lì il nostro veto dovrebbe impedire che vengano colpiti aerei in decollo o operanti dal territorio russo. Le limitazioni del governo italiano all’impiego delle armi dovrebbero comportare l’utilizzo di queste batterie esclusivamente per difendere installazioni militari in territorio ucraino. E questo dovrebbe metterci al sicuro dal punto di vista delle responsabilità.

La sostanza è che l’Occidente sta scherzando col fuoco? Alla fine la Russia qualcosa dovrà fare per reagire?

L’escalation nucleare merita un’analisi a parte, ma prima di arrivare a una cosa del genere credo che ci penseranno molto. Mosca è molto vicina al successo sul campo di battaglia e al conseguimento degli obiettivi militari. Il punto interrogativo è cosa faranno gli USA e l’Occidente di fronte a questo successo, fino a che livello verrà portata avanti l’escalation. Credo che alla fine un punto di svolta ci dovrà essere: arrivare fino a novembre, quando ci saranno le elezioni americane, potrebbe essere auspicabile. Non so, tuttavia, se i russi aspetteranno fino ad allora, vogliono capitalizzare il loro vantaggio. È ancora un contesto abbastanza grigio; dobbiamo tenere conto, però, di quello che dicono i russi.

(Paolo Rossetti)

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