Mentre la guerra in Ucraina continua, resta quasi un tabù parlare di negoziati di pace. La discussione su un piano B, se Kiev non riuscisse a ottenere una vittoria, è diventata più difficile che mai. Lo spiega il New York Times, citando coloro che hanno provato a rompere questo tabù. Ad esempio, Stian Jenssen, capo di gabinetto del Segretario generale della NATO, è stato recentemente strigliato quando ha commentato le possibili opzioni per la fine della guerra in Ucraina che non prevedono una completa sconfitta della Russia. “Non dico che debba essere per forza così, ma penso che una soluzione potrebbe essere che l’Ucraina rinunci al territorio e ottenga in cambio l’adesione alla NATO“, aveva detto durante una tavola rotonda in Norvegia, secondo il quotidiano VG del Paese. Inoltre, aveva chiarito che “deve essere l’Ucraina a decidere quando e a quali condizioni vuole negoziare“, che è la linea standard della NATO. Ma quelle parole hanno suscitato una dura reazione di condanna da parte degli ucraini, di Jens Stoltenberg e infine le scuse di Janssen.



Alcuni analisti, ancora loro criticati, hanno fatto notare una chiusura netta dell’Ucraina proprio in una fase in cui la diplomazia è necessaria. Infatti, la controffensiva non sta cambiando gli equilibri sul campo di battaglia, anzi sembra una prospettiva sempre più lontana. Nel mirino delle critiche è finito anche Samuel Charap, scienziato politico senior presso la RAND Corporation, secondo cui gli interessi di Washington e Kiev non sempre coincidono e che è importante parlare con la Russia di un negoziato di pace. “C’è un’ampia e sempre più diffusa sensazione che quello che stiamo facendo ora non funziona, ma non c’è un’idea di cosa fare dopo, e non c’è una grande apertura a discuterne, che è il modo in cui si arriva ad una soluzione. Siamo un po’ bloccati“, ha dichiarato.



PARLARE DI PACE È TABÙ, MA IN PRIVATO…

Charles A. Kupchan, professore alla Georgetown University ed ex funzionario Usa, come evidenziato dal New York Times, ha rimarcato che la controffensiva dell’Ucraina procede lentamente e che i funzionari americani della difesa e dell’intelligence iniziano a dare la colpa agli ucraini, quindi i governi occidentali si sentono più vulnerabili dopo aver fornito così tanto equipaggiamento e alimentato le speranze di una vittoria di Kiev. Gli Stati Uniti speravano che la controffensiva riuscisse a minacciare la posizione russa in Crimea, mettendo l’Ucraina in una posizione negoziale più forte. Ma ciò non si è verificato. “L’atmosfera politica si è quindi inasprita e in generale c’è ancora un tabù politico riguardo a una conversazione diretta sulla fine del gioco“. Kupchan aveva già affrontato la questione in aprile, chiedendo all’Occidente di elaborare “un piano per passare dal campo di battaglia al tavolo dei negoziati“.



Quell’articolo scritto su Foreign Affairs con Richard N. Haass, ex presidente del Council on Foreign Relations, fu ampiamente criticato. Le critiche sono peggiorate notevolmente quando i due, insieme a Thomas E. Graham, ex diplomatico americano a Mosca, hanno avuto colloqui privati con il ministro degli Esteri russo, Sergey V. Lavrov, per esplorare la possibilità di negoziati. Quando uscì la notizia di queste conversazioni, ci fu un grande clamore. “Qualsiasi discussione aperta su un piano B è politicamente difficile, come il signor Jenssen ha scoperto a sue spese, così come noi che cerchiamo di articolare possibili piani B. Riceviamo una tempesta di critiche e abusi. Ciò che era un po’ tabù ora è altamente tabù“.

IL PRESSING DELL’OCCIDENTE PER UNA SOLUZIONE NEGOZIALE

I negoziati di pace richiedono che due parti dialoghino, ma al momento neppure il presidente russo Vladimir Putin è aperto da questo punto di vista. Forse perché auspica che l’Occidente si stancherà di sostenere l’Ucraina e il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Stando a quanto riportato dal New York Times, la Germania brama una soluzione negoziale, infatti i funzionari tedeschi stanno parlando di come portare la Russia al tavolo delle trattative, lo starebbero facendo solo in privato e con specialisti fidati di think tank. D’altra parte, sono consapevoli che non possono fare pressioni sull’Ucraina in alcun modo, perché non vogliono che la Russia percepisca che sia in una posizione di debolezza. Qualsiasi piano B credibile dovrebbe provenire dalle principali potenze non occidentali – come Cina, India, Sudafrica e Indonesia – che dipendono dal fatto che la Russia dica a Mosca che deve negoziare. La spinta di Francia o Germania di negoziare troppo presto, per l’analista tedesco Ulrich Speck, non farà altro che incoraggiare Putin a manipolare questo zelo, a dividere l’Occidente e a chiedere concessioni all’Ucraina. “Il passaggio alla diplomazia è allo stesso tempo la nostra forza e la nostra debolezza“, ha dichiarato, come riportato dal Nyt. “Siamo bravissimi nel compromesso e nella coalizione, ma questo richiede un accordo di base su norme e obiettivi. Lo shock dell’Ucraina è che questo semplicemente non esiste dall’altra parte“.