Come ho spiegato in un articolo precedente, una delle conseguenze della guerra in Ucraina è stata quella di far emergere il problema della libertà anche della Chiesa, o meglio, delle Chiese ortodosse.
Ha cominciato il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie (ma quante sono?) a recitare un ruolo che un po’ ironicamente papa Francesco ha definito di “chierichetto di Putin”. Poi ci si è messo anche il Governo ucraino a richiamare i “suoi” preti all’obbligo della dipendenza dallo Stato, in guerra per colpa dell’invasione russa. I cinesi si erano già portati avanti fondando una specie di Chiesa cattolica patriottica, cioè nazionale, cioè soggetta al Partito (quello comunista naturalmente).
Ora speriamo che a qualche politico tendenzialmente democratico dell’Occidente non venga la tentazione di crearsi, in un clima di assolutismo democratico, una propria Chiesa a suo uso e consumo.
Del resto, in Inghilterra e dintorni c’è già un re che si ritiene pure capo della Chiesa, anche se in fondo non ci crede nessuno. Anzi sempre meno credono anche alla sua Chiesa.
Da noi, in un generale clima di crisi dei grandi ideali, non solo religiosi, per fortuna alcuni grandi papi assicurano alla Chiesa cattolica (cioè “universale”) una stima che non è neanche più di tanto intaccata da certi cattivi esempi di ecclesiastici di carriera.
Il fatto è che fino a prova contraria un certo Gesù, detto il Cristo, ha fondato un’unica Chiesa per tutti, dove non c’è più divisione tra giudeo e greco, tra romano e cartaginese, tra russo e ucraino.
L’appartenenza a una certa nazione, a una certa cultura, a volte sottolineata da diverse tradizioni sia liturgiche che canoniche, non mette in discussione quell’unità di cui il Papa di Roma è tradizionalmente garante, non padrone.
Il Papa di Roma era tale anche quando si trovava in trasferta in Francia e domani, per ragioni oggi imprevedibili, potrebbe ritenere opportuno trasferirsi a Parabiago o nel Paraguay.
Un Papa che ha anche un suo piccolo Stato che non c’era al tempo di Pietro, ma che oggi è conveniente che ci sia perché in qualche modo gli garantisce di non dipendere da un governo nazionale.
Così proprio per questa condizione privilegiata, ma innanzitutto per la sua vocazione di essere padre, non padrone, di tutti i fedeli cristiani, forse non sarebbe male che intervenendo come spesso, e giustamente, fa in favore della pace, possa intervenire per dire a tutti i governi di qualunque tipo: “Voi prendetevi le vostre responsabilità, che ne avete tante, e lasciate a noi il compito di dirimere le nostre questioni ecclesiali”.
E cosa ne pensereste, anche voi fratelli più o meno separati, di un opportuno nuovo Concilio ecumenico, universale?
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