Ucraina, cioè “terra di confine”, definizione originariamente riferita al mondo russo, di cui l’Ucraina era il territorio più occidentale. Questa “terra di confine”, tuttavia, costituì con il Principato di Kiev uno dei fondamenti su cui sarebbe stata costruita la Russia. Dopo più di undici secoli, l’Ucraina si sente diversa dalla Russia o, almeno, tale è il sentimento della maggioranza che parla ucraino. La forte minoranza russofona, nel Sud del Paese, nel Donbass, in Crimea, sembra quantomeno più incerta su questa netta divisione. Il contrastato rapporto con la Russia si riflette anche in ambito religioso: la maggioranza degli ucraini si riconosce nella Chiesa ortodossa, ma questa è divisa tra un Patriarcato ucraino autocefalo e un Patriarcato che si riferisce a quello di Mosca. Così, le divisioni etniche e politiche finiscono per condizionare pesantemente anche la Chiesa e la comunità dei fedeli.



Come spesso accaduto nella storia passata, l’Ucraina si trova anche oggi contesa tra Oriente e Occidente e, in particolare, coinvolta nei contrasti tra Russia e Stati Uniti. Eppure, avrebbe potuto e potrebbe ancora essere un luogo di incontro, e non di scontro, tra questi due mondi. Negli ultimi giorni, piuttosto paradossalmente, l’Ucraina si è trovata al centro di uno scontro addirittura interno agli Stati Uniti.



Accanto alle note accuse a Donald Trump di dovere la propria elezione anche all’appoggio di Mosca, il cosiddetto Russiagate, si è aperto ora un nuovo fronte che coinvolge direttamente l’Ucraina. A quanto pare, Trump avrebbe minacciato il taglio degli aiuti finanziari se il governo di Kiev non avesse aperto un’inchiesta giudiziaria sul figlio di Joe Biden, suo diretto avversario nelle prossime presidenziali. Biden avrebbe approfittato della sua carica di vicepresidente sotto Barack Obama per sistemare il figlio Hunter in una società petrolifera ucraina, con emolumenti sproporzionati alle competenze specifiche (si vocifera di 50mila dollari al mese).



L’accusa sembra ora ritorcersi contro Trump, divenendo un ulteriore spunto per l’impeachment, ma pone problemi anche al candidato Democratico e al suo partito. Infatti, lo stesso Hunter ha ammesso in un’intervista di dovere la posizione alla carica del padre al tempo della sua nomina e si prospetta il rischio di più profonde indagini sull’operato dei Biden in Ucraina, come già ventilato dai Repubblicani.

La società implicata, Burisma, svolge un ruolo molto importante come produttore di gas, essenziale per un’Ucraina che deve rendersi sempre più indipendente dal gas russo. Né la società né Biden sono al momento sotto indagine, al contrario del fondatore e proprietario di Burisma, l’oligarca Mykola Zlochevsky, contro il quale sono aperte una quindicina di investigazioni per corruzione e malversazione. Zlochevsky è stato anche ministro dell’Ecologia sotto il filorusso Yanukovich e la nomina di Hunter Biden potrebbe essere letta come un tentativo di “ribilanciamento” della sua posizione. Nel board di Burisma siede anche un ex presidente della Polonia.

L’intera vicenda non aiuta certamente il presidente Volodymyr Zelenskij, che ha sconfitto lo scorso aprile l’uscente Poroshenko, altro oligarca, e che ha condotto il suo partito a una travolgente vittoria nelle successive elezioni legislative. Uno degli impegni assunti da Zelenskij è proprio la lotta contro la corruzione, una delle piaghe maggiori della fragile democrazia ucraina. Zelenskij è ora in una posizione difficile, perché le indagini sulla Burisma rischiano di essere interpretate come un appoggio a Trump, ma la loro sospensione potrebbe essere vista come un aiuto all’altro contendente.

Questo ennesimo “pasticcio” americano va, come spesso succede, a favore di Putin, che può così ribaltare sugli Stati Uniti le accuse di interferenza in Ucraina di cui è, peraltro a ragione, continuamente accusato. Un ulteriore problema per Zelenskij, al quale viene rimproverata la vicinanza a Ihor Kolomoysky, l’oligarca proprietario della catena che ospitava le sue apparizioni televisive, che ha posizioni piuttosto aperte verso l’ingombrante vicino russo. D’altra parte, Zelenskij ritiene fondamentale mantenere buoni rapporti non solo con Washington, ma anche con Mosca, per poter raggiungere una ragionevole soluzione della guerra, tuttora attiva, nel Donbass. E per raggiungere una effettiva unità dell’Ucraina, che da “terra di confine” sembra diventata una “terra di confini”, soprattutto al suo interno.