Mosca ora potrebbe puntare su Odessa: i russi hanno osservato che il nemico è in difficoltà e che di fatto non è sostenuto dai suoi alleati e per questo penserebbero di rimpinguare il loro bottino di guerra tentando di conquistare una città strategica. Gli ucraini ormai, al di là di qualche sparuta azione, fanno fatica a difendersi. Per questo, spiega Vincenzo Giallongo, colonnello dei carabinieri in congedo con al suo attivo missioni in Iraq, Kuwait, Albania e Kosovo, Kiev e Washington dovrebbero convincersi che a questo punto è meglio presentare un piano di pace concreto e limitare i danni. Zelensky, invece, addirittura annuncia una grande controffensiva nel 2025. Ma così rischia solo una sconfitta più cocente. Soprattutto se dall’altra parte arrivano anche i missili forniti dall’Iran.



L’ex presidente Dmitry Medvedev ha detto che i russi, in un tempo non ancora definito, potrebbero arrivare addirittura a Kiev. Intanto, però, ha ribadito che Odessa è una città della Russia. Il fronte in Ucraina si sposterà lì?

Secondo me, sì. Odessa è un nodo strategico importantissimo. Di fronte al tergiversare degli occidentali, Putin punta più in alto. Una situazione che ricorda un po’ i movimenti che si sono verificati prima dell’invasione dell’Ucraina: i russi osservano le mosse del nemico, vedono che è in difficoltà perché l’Occidente tentenna, e allora ne approfittano e cercano di ottenere un risultato maggiore. Mosca, d’altra parte, pensava di vincere la guerra in sei mesi al massimo e dopo due anni la sta ancora combattendo: potrebbe essere l’occasione per avere qualcosa in più. Poi bisogna vedere se ci riusciranno o se nel frattempo si aprirà un tavolo di pace.



Mentre gli ucraini non ricevono aiuti dagli USA e dall’UE, l’Iran fornisce centinaia di missili alla Russia. È anche questa la differenza tra le due parti?

L’Iran era isolato in maniera totale e ha approfittato della debolezza russa in relazione alle armi convenzionali per fornire missili e anche droni, per crearsi un rapporto privilegiato con Mosca. La Cina sembra un po’ stanca della guerra ucraina e non fornisce armi. Teheran invece sì.

Può nascere anche un’alleanza militare fra iraniani e russi?

Questo credo di no. Un’eventuale intesa militare comporterebbe una reazione americana che l’Iran non può permettersi: già è in difficoltà con Israele. L’Iran, semplicemente, vende armi come fanno in tanti.



Il New York Times dice che la ritirata degli ucraini ad Avdiivka non è stata esemplare: avrebbero lasciato 800 soldati dispersi o prigionieri. Dall’altra parte, Kiev annuncia di aver decimato due compagnie russe: un segnale che comunque stanno reagendo o un episodio che non cambia la situazione?

Ad Avdiivka è facile che sia andata così. Per quanto riguarda l’azione ucraina, è dimostrativa: non avendo più uomini per un’avanzata considerevole, colpiscono a macchia di leopardo. È la fase che preannuncia quello che diventerà una lotta di resistenza. Si accontentano di operazioni mordi e fuggi. Il vantaggio che ne ottengono è temporaneo: se viene colpita una compagnia, i russi la sostituiranno. Non c’è un piano strategico: è l’inizio della fine. Zelensky preannuncia una grande offensiva ucraina nel 2025; in realtà, non sanno nemmeno se ci arriveranno all’anno prossimo.

Il segretario NATO Stoltenberg intanto fissa come obiettivo l’entrata nell’Alleanza della Georgia. Tanto che Lukashenko, il presidente bielorusso, di fronte anche a esercitazioni del Patto Atlantico nei Paesi vicini, ha detto che ormai la difesa sul fronte europeo per il suo Paese è diventata una priorità. L’accerchiamento della Russia continua?

Lukashenko è il servo sciocco dei russi, dice ciò che gli questi gli fanno dire. La NATO ha commesso degli errori pazzeschi, strategici, quando ha consentito l’invasione dell’Ucraina: ci voleva veramente poco per impedire l’arrivo dei russi. Ora bisogna sperare che Mosca non pensi di fare la stessa cosa in Georgia o in Moldavia. Vale il discorso di prima: se vedo che il mio avversario è debole o incapace, cerco di approfittarne. Per evitare che succeda qualcosa anche in altri Paesi oltre all’Ucraina, la NATO si espone con queste dichiarazioni. Ma bisognerebbe andare oltre, facendo entrare subito i Paesi a rischio nell’Alleanza e supportandoli in maniera decisa, per far capire ai russi che stavolta non si arriverebbe impreparati a un tentativo di invasione. Non devono ripetersi gli errori fatti in Ucraina.

La Russia ha aumentato le sue esportazioni in India, con un record di 37 miliardi di dollari di greggio venduto. Tre grosse banche cinesi hanno smesso di fare affari con i russi per paura di ritorsioni americane. Ma tra i due Paesi sono aperti altri canali che tengono vivo il flusso di denaro. La guerra i russi l’hanno vinta anche dal punto di vista economico?

Le sanzioni non hanno messo in ginocchio la Russia. Poi bisogna tenere conto di una cosa: è una dittatura, se Putin decide di stringere i cordoni della borsa, lo fa e si tira avanti comunque. Se deve affamare il popolo per ottenere degli obiettivi, non si fa scrupoli.

Gli ucraini ora sono in grossa difficoltà. Cosa dovrebbe fare l’Occidente vista la situazione sul campo in questo momento?

Gli ucraini le stanno solo prendendo, gli americani se ne stanno disinteressando perché pensano alle elezioni e alla guerra in Israele. Dovrebbero muoversi presentando un piano di pace che sia concreto, facendosi dare una mano da qualche interlocutore credibile che possa parlare con i russi. Putin finirebbe la guerra se gli dessero circa il 30% del territorio. È brutto da dire a un Paese che è stato invaso, ma se dobbiamo parlare di realpolitik, la situazione è questa. Non si è stati capaci di opporsi a Mosca e quindi una parte del territorio va ceduto, per poi pensare alla ricostruzione in un’ottica europea. Il primo da convincere è Zelensky: non si vincono le guerre sostituendo il capo di stato maggiore, se non ha armi e uomini non può imporsi. Il presidente ucraino deve ridursi a più miti consigli se vuole salvare il salvabile. Poi devono convincersi anche gli americani. Non gli europei: Putin non li vorrà al tavolo delle trattative, non vorrà sedersi con loro perché non li considera credibili.

(Paolo Rossetti)

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