Le strade di Mosca si sono riempite di cartelloni inneggianti al “ritorno alla madrepatria”, come lo ha definito l’ex presidente Medvedev, della popolazione del Donetsk e del Luhansk in seguito al referendum farsa che si è tenuto nei giorni scorsi. Ritorno, o meglio annessione, che sarà festeggiata nel pomeriggio di oggi con la partecipazione di Vladimir Putin. Tutto questo mentre Kiev continua a controllare il 40% del Donetsk e a Kherson si combatte ancora e mentre il governatore filo-russo della regione annuncia che sarà presto lanciata una offensiva per “liberare” quel territorio.
Siamo davanti a una accelerazione di avvenimenti che, come ci ha detto in questa intervista il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan, “possono portare in tre direzioni: continuazione del conflitto fino a tutto il 2023, dato che gli americani hanno concesso un altro miliardo di dollari in aiuti militari all’Ucraina; escalation nucleare; dichiarazione di Putin con cui si ammette che gli obbiettivi prefissati sono stati raggiunti con questa annessione e quindi disponibilità a iniziare una trattativa di pace”. A questo punto, però, ci ha detto ancora Battisti, “il pallino passerebbe nel campo dell’Occidente, e se venisse rifiutato il dialogo, si passerebbe dalla parte del torto”.
Oggi Putin dichiarerà l’annessione di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Lo fa mentre a Kherson si combatte ancora e quasi metà del Donetsk è ancora in mano ucraina. Cosa cambierà con questa dichiarazione?
A chi appartenga realmente oggi Kherson è contestabile, ci sono ancora piccole azioni offensive da una parte e dall’altra.
Visto quanto Mosca si trovi messa male sul piano militare e su quello interno, alla luce del flop della mobilitazione parziale, dato che sono più i russi fuggiti all’estero che quelli arruolati, potrebbe accadere che Putin, annunciando l’annessione di quei territori, dichiari di aver raggiunto il suo obiettivo e proponga un cessate il fuoco che porti alla tanto attesa trattativa di pace?
È quello che dicono diversi analisti internazionali, dati appunto i problemi che Putin si sta trovando ad affrontare. In questi ultimi giorni, poi, si è registrata una forte attività diplomatica di Erdogan, sia con gli ucraini, sia con i russi per invitarli a un cessate il fuoco, che alla fine possa portare a un dialogo.
Che cosa ha ottenuto Erdogan?
Al momento nulla. Per quanto ne sappiamo, gli ucraini, spinti dal segretario americano Blinken, dicono che non ci sono ancora i margini per trattare, mentre i russi sembrano apparentemente più concilianti. Però poi c’è uno come Medvedev che invoca l’uso delle armi nucleari. Sono scaramucce verbali che speriamo possano comunque portare a un primo cessate il fuoco.
Scaramucce verbali fino a un certo punto: gli Stati Uniti hanno ordinato ai propri cittadini residenti Russia di abbandonare immediatamente il Paese. Perché?
Anche Polonia e Bulgaria hanno fatto lo stesso. Ricordiamo che poco prima del conflitto la Casa Bianca aveva detto la stessa cosa agli americani che si trovavano in Ucraina, adesso la cosa riguarda direttamente la Russia. Se si entrasse in una fase di scontro diretto fra i due Paesi, questi cittadini americani potrebbero diventare tutti ostaggi e il fatto di averli richiamati fa pensare che l’intelligence americana sappia più cose di quelle che sappiamo noi.
Tornando all’ipotesi che Putin dichiari di fermare le ostilità, se l’Occidente non accettasse il dialogo e continuasse la guerra, passeremmo noi dalla parte del torto?
Sì. Questa potrebbe essere una mossa del gatto che gioca con il topo: scaricare il pallino sull’Occidente, che poi non è che sia così coeso. L’Ucraina spinge per la guerra, diversi Paesi europei per i problemi energetici si stanno un po’ tirando indietro. Ma potrebbe esserci una chiave di lettura più drammatica.
Quale?
In questi ultimi giorni Putin ha diramato una disposizione in base alla quale le milizie del Donbass sono state equiparate in tutti i sensi alle forze armate russe. Questo ha una logica: viste le tante minacce rilasciate sull’uso delle armi nucleari, in caso di aggressione al territorio russo, con questa disposizione potrebbero essere utilizzate. È una minaccia che aleggia nell’aria, tanto che, secondo documenti della Nato, alcune capitali europee, di cui però non sono stati fatti i nomi, si starebbero preparando al peggio.
Anche a un attacco nucleare? Quindi siamo nel momento cruciale, decisivo: o i colloqui o la guerra nucleare?
Ho letto da media americani che Biden ha stanziato un altro miliardo di dollari in spese militari, arrivando così a un totale di 15 miliardi da inizio conflitto.
Questo darebbe ragione a chi dice che gli Usa vogliono che la guerra continui?
Molti analisti dicono che ormai l’Ucraina è sotto tutoraggio americano e che dalle loro valutazioni considerano che il conflitto si possa prolungare per tutto il 2023, come dicono peraltro anche i russi. Adesso si sta andando verso la stagione invernale, che fermerà gran parte dei combattimenti. Questo permetterebbe di equipaggiare i 300mila richiamati alle armi, anche se sembra siano più numerosi i cittadini scappati dalla Russia. È un momento incerto, nei prossimi giorni dovremmo capire qualcosa di più preciso. Di certo i tempi si stanno facendo stretti.
(Paolo Vites)
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