Perché essere “nazionalisti” è un male, ed essere “europeisti” è un bene? Nel primo caso si condanna il fatto di cercare il bene di una nazione sulle altre, mentre nel secondo caso si elogia il fatto di cercare il bene di un gruppo di nazioni, quelle europee, rispetto al resto del mondo. La vera questione però mi sembra sul modo di essere sia nazionalisti che europeisti.



Cercare il bene della propria famiglia, soprattutto se come genitori se ne è responsabili, è un dovere che nessuno, per quanto ne so, contesta. Cercare il bene della propria famiglia a scapito di quello delle altre ci avvicina, a volte anche molto, al modo di fare della mafia. La parola mafia, del resto, sembra che derivi da “mia figlia” cioè il diritto di difendere l’onore della propria progenie minacciato dagli invasori (quelli del Nord?).



Che poi la definizione dei confini dell’Europa, ad esempio rispetto all’Asia, sia un po’ problematica la lascio a chi scrive libri di geografia probabilmente da aggiornare. Ad esempio non so se siete mai stati ad Atyrau, città del Kazakistan nei pressi del Caspio. Attraversata dal fiume Ural, convenzionalmente indicato come confine tra l’Europa e l’Asia, è quindi per metà in Europa e per metà in Asia. Il bello è che sia il paesaggio, sia gli abitanti sulle due sponde del fiume sono identici. Così gli abitanti, che parlano la stessa lingua, a meno che siano lavoratori stranieri delle compagnie petrolifere lì presenti.



Asiatico, poi, una volta lo si diceva (ma forse si può dire ancora) di chi ha gli occhi a mandorla. In verità anche tra gli asiatici ci sono molte differenze, sia di cultura che di interessi, tanto che mi risulta molto improbabile che si parli di una possibile Unione Asiatica. Per la verità ci fu un Paese, il Giappone, che iniziò una guerra mondiale lanciando lo slogan “L’Asia agli asiatici”, ma sappiamo come la cosa andò a finire. Anche per l’opposizione della Cina, che oggi sembra riproporre un piano egemonico, non su base asiatica ma su base mondiale.

Insomma, uscendo da questo folle Risiko immaginario, bisogna ammettere che le differenze nel mondo ci sono, anche quelle tra Bergamo e Brescia. L’importante è che queste differenze non diventino una causa di conflitto, come tra Bergamo e Brescia. L’importante è che quelli che, come noi cristiani, aspirano a una libera comunione universale, siano capaci di proporre esempi viventi di unità, non da contrapporre, ma da proporre agli altri.

L’altra sera è stata celebrata nella mia parrocchia una Santa Messa per la comunità cingalese della zona, in una lingua che neanche quelli di Bergamo e Brescia potevano comprendere. Ho pensato, chissà perché, al conflitto tra Russia e Ucraina. Io che parlo correntemente il russo, sto studiando l’ucraino, che comunque è molto simile, perché dovendo andare in luglio a Kiev, non possa essere scambiato per un agente di Putin.

Del resto anche la piccola Katarina, ospite per quasi due anni con la mamma e la cuginetta in casa mia, provenienti da Kharkiv, parlava solo il russo. E ora che sono tornate in patria, ma a Kiev, perché Kharkiv, come è noto, è in via di distruzione, ha avuto non poche difficoltà a scuola, perché lì adesso sembra che si debba parlare e scrivere solo in ucraino.

Insomma per Katarina è stato come se uno dei nostri bambini dovesse frequentare una scuola dove il milanese è d’obbligo. Nazionalismo, europeismo … Cercare, per quanto sia possibile, il bene degli altri, ci rende fratelli anche se tu sei di Kharkiv e io di Milano. Per quanto riguarda i rapporti tra Bergamo e Brescia, perché siano superati i conflitti forse bisogna aspettare la loro invasione da parte degli extracomunitari.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI