Secondo l’edizione domenicale del quotidiano Die Welt, la Cina starebbe valutando di unirsi ai volenterosi, il gruppo di Paesi coalizzati intorno a Gran Bretagna e Francia che si propongono come parte di una forza di peacekeepers che mantenga una futura tregua in Ucraina.
Una mossa che potrebbe essere ben vista dalla Russia, alleata della Cina, e rimettere in gioco l’Europa, che per Pechino è un mercato importante. Tutto questo succede alla vigilia delle trattative di domani in Arabia Saudita, in cui tecnici russi e ucraini cercheranno soluzioni per un cessate il fuoco di 30 giorni. Non si parleranno direttamente, ma attraverso gli americani.
Un tentativo serio, spiega Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, ma pieno di incognite: i russi vogliono una pace duratura, non una sospensione dei combattimenti. Intanto, gli USA annunciano che gli ucraini indiranno elezioni presidenziali: Zelensky è sempre più in bilico.
Quando può incidere questa offerta di collaborazione della Cina ai volenterosi sul risultato delle trattative di pace? È un assist all’Europa che le permetterebbe di tornare in gioco nel negoziato per l’Ucraina?
Un’iniziativa del genere potrebbe fare il gioco dell’Europa, ma anche non dispiacere alla Russia, che in questo modo accetterebbe la presenza di soldati con funzione di peacekeeping. Certo, bisogna vedere quanto starà bene agli americani avere i cinesi in un ruolo di controllo. Comunque, potrebbe essere la soluzione che mette d’accordo tutti.
Von der Leyen, anche recentemente, ha parlato di Cina e India come alternativa agli USA dei dazi; lo stesso Romano Prodi spinge per una politica di collaborazione Europa-Cina. C’è una manovra europea per guadagnare posizioni cercando la sponda cinese?
Può darsi, anche se, onestamente, non mi sento di fare delle previsioni: si tratta di un’iniziativa così fuori dagli schemi che ci vuole tempo per capire. Sicuramente può essere il coniglio tirato fuori dal cappello che rende possibile ciò che altrimenti non lo sarebbe stato. Ci sta tutto, anche che si siano fatti avanti per far rifiutare in blocco tutto il progetto.
Comunque, la Cina ha sempre dimostrato un grande interesse per l’Europa. Con la sua Via della Seta punta proprio verso il Vecchio Continente. Pechino non è indifferente alle sorti di Bruxelles: questa mossa le permetterebbe anche di curare i propri interessi.
Trump dice che il cessate il fuoco è vicino e che sono state definite le linee guida. La delegazione ucraina che parteciperà agli incontri di Gedda è composta da una serie di tecnici, e i russi hanno indicato come loro rappresentanti Grigory Karasin e Sergei Beseda, negoziatori esperti. Si sta arrivando al cuore del confronto?
Credo di sì. Il fatto che siano coinvolti i tecnici vuol dire che siamo di fronte a un tentativo concreto di trovare una soluzione. Probabilmente, sul tavolo ci sono piani concreti, anche se per ora non li conosciamo. Intanto, anche i più oltranzisti tra gli interventisti europei sembra si siano convinti che non ci possano essere truppe messe sul terreno da un gruppo di volenterosi, ma soldati sotto l’egida ONU, anche se bisogna vedere se questa sarà una soluzione percorribile, accettata dalla Russia.
Quanto alle linee guida, che non sono state rivelate nello specifico da Trump, cosa possiamo dire? Quali sono le condizioni che di sicuro dovranno essere garantite?
La Russia non rinuncerà all’idea di un’Ucraina comunque fuori dalla NATO: sarebbe come ammettere la propria sconfitta, mentre, tra l’altro, il campo di battaglia continua a dire che sta vincendo. Credo che i russi non lasceranno i territori conquistati: sono costati troppo in termini di uomini e risorse.
Trump è noto per la sua imprevedibilità e ho sempre pensato che, in caso di fallimento della trattativa, potesse optare per un’accelerazione delle operazioni militari, ma si è spinto troppo avanti nel tentativo di raggiungere un compromesso: non può mollare proprio ora.
L’idea del gruppo dei volenterosi di garantire un’eventuale tregua con una difesa a quattro livelli dell’Ucraina (truppe ONU nelle zone più critiche, ucraine ed europee nel resto del territorio, con il supporto americano) può essere presa in considerazione?
Se ci saranno delle truppe di interposizione, non saranno né europee né della NATO. Non credo che la Russia possa accettare una difesa di questo tipo: consentirebbe ai “volenterosi” di attribuirsi una vittoria che non è disposta a concedere.
Di questi quattro livelli, l’unico che potrebbe sopravvivere è quello che prevede un intervento degli americani in ultima istanza. Anche le truppe ONU possono essere prese in considerazione, ma dovranno essere extraeuropee.
L’inviato USA Steve Witkoff sostiene che l’applicazione all’Ucraina dell’articolo 5 dello statuto NATO (che prevede la possibilità dell’intervento dei Paesi dell’Alleanza in caso di attacco a uno di loro), senza che Kiev aderisca al Patto Atlantico, è una questione aperta. Ma i russi potrebbero accettare una soluzione del genere?
Credo che Mosca direbbe di no. Tanto varrebbe accettare che l’Ucraina entri nella NATO. Questo articolo è pericoloso: applicarlo significherebbe restare sempre sul filo del rasoio.
Gli USA, oltre alle risorse minerarie dell’Ucraina, punterebbero anche alle centrali nucleari. In questo modo avrebbero interessi economici che sarebbero pronti a difendere: lo ha detto lo stesso Trump. La Russia sarebbe disposta ad accettare il rischio di una loro presenza nel Paese?
Una presenza americana c’è già in Ucraina: BlackRock ha l’esclusiva sullo sfruttamento delle risorse agricole. Per quanto riguarda le terre rare, ci hanno messo gli occhi anche i britannici, quando hanno firmato con gli ucraini l’accordo per un partenariato di cento anni.
È un braccio di ferro a tre: USA, Russia e Gran Bretagna. Visti i rapporti Trump-Putin, credo comunque che una presenza economica americana in Ucraina non sia osteggiata. D’altra parte, russi e americani stanno pensando addirittura alla riapertura del gasdotto Nord Stream 2. Se è così, tra loro si può arrivare a un compromesso per lo sfruttamento delle “terre rare”.
Witkoff ha annunciato che gli ucraini indiranno elezioni presidenziali: per avere il sostegno degli americani, Zelensky ha dovuto mettere in conto di essere messo da parte, come probabilmente succederà con un nuovo voto? Gli USA hanno già in mente qualcuno per sostituirlo?
Putin aveva detto che non avrebbe trattato con Zelensky se non fosse stato confermato come presidente, visto che il suo mandato è scaduto. L’attuale presidente ha assecondato l’idea delle elezioni perché si rende conto che sta giocando con il fuoco.
Come sostituto, gli inglesi hanno tenuto in caldo Zaluzhny, ex capo di stato maggiore mandato a fare l’ambasciatore a Londra, un personaggio carismatico. Sarebbe la soluzione migliore per i britannici; per gli americani non so. Ci sono anche altri nomi, come Arestovich, ex consigliere di Zelensky, e l’ex presidente Poroshenko, anche se mi sembra un ritorno al passato improbabile.
La prova del nove di questo tentativo di tregua sarà la trattativa parallela USA-Ucraina e USA-Russia che si apre lunedì a Gedda? Siamo in un momento cruciale?
Credo di sì. Rappresenta anche una vittoria per l’Ucraina, finora tenuta fuori dal negoziato. Se Kiev va a trattare in Arabia Saudita è perché ha ricevuto qualche garanzia sulla sicurezza, di quelle che Zelensky aveva rivendicato. O qualche minaccia americana: gli USA continuano a fornire supporto militare e potrebbero aver prospettato un abbandono del sostegno.
Perché i negoziati abbiano successo, comunque, i russi hanno detto chiaramente che bisogna arrivare a una pace duratura che tenga conto delle esigenze di Mosca. La tregua, di per sé, non interessa, se non perché seguita immediatamente da un accordo di ampio respiro. Un’intesa parziale è più nell’interesse di Zelensky, che in qualche modo ha più da temere dalla pace che dalla guerra.
(Paolo Rossetti)
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