L’Europa continua a sostenere a spada tratta l’Ucraina, come se non fossero iniziate delle trattative per una tregua e, possibilmente, una pace che metta fine ai combattimenti degli ultimi tre anni. Eppure, Bruxelles non ha la forza economica e militare per annunciare aiuti senza fine alle forze armate di Kiev. Diverso sarebbe se, al di là di tutte le promesse, inviasse truppe nel Paese, ma, oltre le dichiarazioni, nessuno sembra convinto di farlo.
Per essere convincente, spiega Vincenzo Giallongo, generale dei Carabinieri con all’attivo missioni in Iraq, Albania, Kuwait e Kosovo, dovrebbe mettere sul campo almeno 100mila uomini.
Una prospettiva niente affatto concreta. Insomma, le posizioni emerse nel Consiglio europeo di ieri e di oggi appaiono ancora velleitarie, non in grado di incidere veramente sulle trattative e di recuperare un ruolo europeo nella soluzione della crisi ucraina. Intanto, Zelensky rivendica la Crimea, ma può servire solo come tattica negoziale: la regione è già persa. Il presidente ucraino, però, non può fare altro che appiattirsi sugli USA. Ora Trump vuole controllare anche le centrali energetiche ucraine.
Il Consiglio europeo ha ribadito per l’ennesima volta il “sostegno incrollabile” all’Ucraina: quanto può ostacolare una presa di posizione del genere le trattative per ottenere una tregua?
L’Europa non è omogenea nell’idea di aiutare l’Ucraina e non ha grandi possibilità di vero sostegno al Paese invaso. Non saranno i pochi denari e le poche armi che potrebbero arrivare all’Ucraina a cambiare le sorti della guerra, dove, mio malgrado, vedo la Russia vincitrice. Qualcosa potrebbe cambiare se i Paesi volenterosi, tra cui Gran Bretagna e Francia, decidessero di inviare soldati.
Trump non potrebbe accettare un attacco a militari dei Paesi che hanno “costruito” gli USA. Ma poiché, a parte le dichiarazioni su quanti militari mandare, centomila o ventimila, siamo davanti a sole parole, non credo che la dichiarazione del Consiglio europeo possa ostacolare le trattative.
Fa bene Zelensky, seppur a malincuore, ad appiattirsi sulle posizioni di Trump, che vuole mettere le mani anche sulle centrali energetiche ucraine: è l’unico modo per salvare il salvabile, mantenendo il Paese autonomo e non satellite della Russia, portarlo in Europa e poi, chissà, magari, caduto Trump, anche nella NATO.
Kiev sembrava rassegnata ormai a perdere la Crimea, il cui destino da tempo sembrava uscito dai temi della trattativa. Ora Zelensky è tornato a dire che fa parte dell’Ucraina: un altro sgambetto alla prosecuzione dei colloqui?
No, che sulla Crimea non ci fossero speranze di restituzione è assodato ormai da tempo, da prima ancora che iniziasse l’invasione russa. Peraltro, non tutti sanno che la Crimea fu assegnata all’Ucraina a seguito di una revisione dei territori fatta da Stalin. Ma, giustamente, Zelensky parla della Crimea per attirare l’attenzione su quanto territorio vuole annettersi la Russia. Inserendo la Crimea tra i territori contesi, spera che alla fine si raggiunga un accordo che non porti via tutti i territori confinanti, salvando le aree adesso in mano ai russi nel nord-est.
L’Europa, con il suo supporto all’Ucraina non si pone di fatto in uno stato di belligeranza non dichiarata con la Russia? Come potrebbe reagire Mosca a tutto questo?
Come sempre, l’Europa non esce dalla sua ambiguità. E non potrà farlo finché non si darà un assetto governativo prevalente sugli Stati. I russi lo hanno capito e, in parte, ci snobbano. Abbiamo sì applicato delle sanzioni che hanno fatto male alla Russia, che si è appoggiata, non gratuitamente, alla Cina, e abbiamo fornito armi all’Ucraina.
Ma non vuol dire essere in guerra. Diverso sarebbe il caso di un invio di uomini sul fronte ucraino da parte dei Paesi volenterosi. Ma un invio corposo, non meno di 100mila uomini. Allora anche gli USA ne terrebbero conto. Un esercito europeo schierato, un Trump più volitivo e non rassegnato: sono certo che convincerebbero Putin ad accettare qualche concessione territoriale e la non ammissione dell’Ucraina nella NATO, così da poter dimostrare al suo popolo di avere vinto.
Il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, dice che Putin non può avere diritto di veto sui piani della coalizione dei volonterosi, in relazione allo schieramento di una forza di pace. Realisticamente, che margini di manovra avrebbe questa coalizione?
La coalizione è omogenea ed è composta da Stati sovrani. Quindi ha margini di manovra. Deve, ovviamente, essere coesa nella decisione di mandare armi e uomini. E farlo, senza se e senza ma, se vuole sostenere realmente l’Ucraina. Le decisioni degli Stati sovrani sono decisioni prese in pieno diritto. Putin può dire ciò che vuole.
(Paolo Rossetti)
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