Pare proprio che il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, dopo essere stato investito del titolo di “imperator” dell’Impero di Occidente, si sia attribuito anche il titolo di “Pontifex maximus”. E così pare aver deciso che d’ora in poi il Natale in Ucraina si festeggi il 25 dicembre, secondo la tradizione occidentale.



Il paradosso è che in Ucraina la maggioranza dei cattolici non sono di rito latino, ma appartengono alla cosiddetta Chiesa greco-cattolica che da sempre festeggia il Natale secondo la tradizione orientale. Resta comunque il fatto, grave, di una intromissione negli affari religiosi da parte dello Stato che non solo non fa piacere agli stessi fedeli ucraini, ma che complica ancora di più i delicati equilibri dentro la Chiesa ortodossa, che, nonostante tutto, rimane uno dei pochi elementi comuni del popolo.



Molti ucraini, anche molti preti ortodossi ucraini, pur denunciando la posizione assunta dal patriarca Kirill e arrivando in alcuni casi a non citarlo più nel canone della Sacra liturgia, non sostengono certo un nuovo scisma nella Chiesa ortodossa.

Mi diceva uno di questi preti con dolore, anche perché abbandonato da molti parrocchiani, che certo Kirill è ingiustificabile, ma che in fondo non è in una situazione molto diversa da quella di alcuni papi immorali del Rinascimento. E questo non ha certo portato molti fedeli e santi a seguire l’esempio di Lutero e di altri protestanti.

In questa situazione la Chiesa di Roma non cerca di approfittare dei problemi degli ortodossi, ma, partendo dal fatto che Gesù ha fondato un’unica Chiesa, sta lavorando per garantire il massimo del dialogo possibile.



Ad esempio la diocesi di Milano non ha mai tolto i luoghi di culto concessi da molti anni al patriarcato di Mosca, ma ne ha dati due nuovi per quei preti ucraini che nel canone per ora si limitano a citare genericamente i patriarchi e non più esplicitamente Kirill. Si tratta di non appiattire la grande missione evangelica affidata alla Chiesa dal Signore su posizioni politiche di qualunque parte.

Del resto proprio in Italia noi abbiamo vissuto dopo la tragica conclusione della Seconda guerra mondiale l’esperienza di una Chiesa assolutamente schierata sui princìpi, ma tendenzialmente aperta ad accogliere tutti, almeno quelli che volevano essere accolti e che non la combattevano esplicitamente per ragioni ideologiche.

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