La Chiesa ortodossa in Ucraina quest’anno ha celebrato il Santo Natale il 25 dicembre e non il 7 gennaio secondo la tradizione. Il presidente dell’Ucraina, nuovo pontifex maximus della nazione, ha spiegato che questa scelta vuole sottolineare la distanza da Mosca. In verità si distanzia dalla tradizione delle Chiese orientali, molte delle quali, cattoliche, cioè in comunione con Roma, hanno anch’esse sempre celebrato il 7 di gennaio.



A chi non interessa nulla del cristianesimo, questa scelta della Chiesa ortodossa in Ucraina è sembrata coraggiosa, come una dichiarata indipendenza. A chi, invece, da sempre è appassionato del dialogo ecumenico, la scelta della Chiesa ortodossa in Ucraina è sembrata una resa, anche un po’ servile, ad una logica politica che prevale sul riconoscimento di una comunione che è più forte di ogni differenza politica.



Quando nel Natale del 1914 alcuni reparti militari tedeschi, francesi e scozzesi fraternizzarono contro gli ordini dei loro superiori, vollero dimostrare a se stessi, prima che al mondo, che tra loro esisteva un’unità di fede che nessun interesse nazionale poteva cancellare.

Speriamo che qualche cattolico, ecumenista improvvisato, non abbia a rallegrarsi della situazione. Da parte mia, ricordando la vecchia massima “Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio”, detta da Uno che non è stato molto apprezzato dal pontifex maximus del tempo, continuo a pregare per l’unità dei cristiani, come si faceva anche nei vecchi tempi quando molti cristiani vivevano sotto la Stella Rossa.



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