Modello Italia? La Commissione Ue ci bacchetta per come è stata gestita l’emergenza coronavirus. Ha messo infatti in evidenza uno «scarso coordinamento tra governo e regioni» all’inizio della pandemia che «ha rallentato l’attuazione di alcune misure di contenimento per fronteggiare Covid-19». La risposta dei sistemi sanitari regionali «si è basata principalmente su una mobilitazione straordinaria», con il personale che ha «compensato i limiti dell’infrastruttura fisica, del numero di operatori sanitari e degli investimenti degli anni passati». E quindi nelle raccomandazioni fornite agli Stati membri, per quanto riguarda la sanità italiana consiglia investimenti, in particolare modo sul personale. La pandemia di coronavirus ha fatto «emergere debolezze strutturali e la necessità di incrementare la preparazione in risposta agli eventi di crisi». D’altra parte, l’Unione europea riconosce che nonostante la spesa sanitaria nel nostro Paese sia inferiore alla media europea, «il sistema sanitario italiano è caratterizzato da servizi universali altamente specializzati e di buona qualità e in generale è riuscito a fornire un’assistenza accessibile».
UE A ITALIA “PIÙ INVESTIMENTI IN SANITÀ” MA CHIEDEVA TAGLI
Un’analisi interessante quella della Commissione Ue, senza dubbio condivisibile. Peccato che dal 2011 al 2018 abbia chiesto 63 volte agli Stati membri di tagliare le spese sulla sanità o di privatizzare. Lo rivela Emma Clancy in un report realizzato per Martin Schirdewan, europarlamentare tedesco della Sinistra unitaria europea. «Le regole dell’austerity dettate da Bruxelles negli anni passati hanno costretto a tagliare la sanità pubblica in molte aree europee. Nel Sud d’Italia abbiamo registrato tagli alla spesa e al welfare», ha dichiarato nei giorni scorsi all’AdnKronos l’economista Giuseppe Di Taranto, professore emerito di Storia economica alla Luiss. L’Ue ci chiede uno sforzo maggiore, ma in realtà l’emergenza coronavirus ha evidenziato la necessità di «cambiare assolutamente il patto di stabilità». L’Italia deve investire di più sulla sanità, ma le regole europee devono cambiare. Secondo il report dell’Osservatorio Gimbe pubblicato nel 2019, quindi prima dell’emergenza coronavirus, nel decennio 2010-2019 tra tagli e definanziamenti al Servizio sanitario nazionale sono stati sottratti circa 37 miliardi di euro e il fabbisogno sanitario nazionale (FSN) è aumentato di soli 8,8 miliardi.