L’Ue, stando alle dichiarazioni della presidente della Commissione, sembra aver accelerato l’adesione della Bosnia ed Erzegovina all’interno dell’alleanza europea, ponendo fine ad una trattativa che va avanti da più di un anno. Una mossa, tuttavia, che secondo l’analista Giorgio Fruscione dell’Istituto di politica internazionale è più che altro politica e oppositiva nei confronti di Vladimir Putin, nonché del tutto inutile perché in realtà l’accesso bosniaco non è affatto scontato.



Tornando alle parole di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, appena un paio di giorni fa ha spiegato che “da quando le abbiamo concesso lo status di candidato, la Bosnia ed Erzegovina ha compiuto progressi impressionanti nella nostra direzione“, ribadendo di aver lanciato un appello al Consiglio europeo affinché dia il via definitivo all’apertura dei negoziati di adesione. Una mossa, spiega Fruscione al Quotidiano Nazionale, che “è un mero calcolo geopolitico fatto dalla Commissione dopo l’invasione dell’Ucraina“. L’analista, tuttavia, ricorda che la Bosnia attualmente è divisa al suo interno, tra una Federazione, particolarmente vicina alla Russia, ed una Repubblica, ragione già più che sufficiente per “rendere impossibile l’adesione all’Ue“.



I rischi dell’accesso della Bosnia nell’Ue secondo l’analista Fruscione

L’analista Fruscione, parlando ancora della Bosnia in Ue, ricorda che la parte federata, oltre ad essere molto vicina alla Russia, dipende da quest’ultima anche per quanto riguarda gas e petrolio, mentre Vladimir Putin da sempre punta alla riconquista del Kosovo. Lo stesso presidente russo gode di grande fama sul territorio bosniaco e, quasi certamente, “ostacolerà il processo di adesione“, magari con velate minacce nei confronti dei suoi fedelissimi.

“Metà del territorio e un terzo della popolazione”, ricorda Fruscione parlando dell’accesso della Bosnia in Ue, “sono strettamente legati alla Russia, quindi manca una politica estera comune“, mentre l’accesso all’Unione riguarderebbe “solo lo Stato centrale” mentre il problema della divisione interna “resterà strutturale”. Fruscione nega il rischio che il territorio bosniaco si trovi, nei prossimi anni, in una guerra come quella degli anni ’90, soprattutto perché “mancano budget militare, convenienza politica e sostegno diplomatico internazionale”, ma certamente ragionare sull’accesso della Bosnia in Ue potrebbe rendere “la situazione molto più preoccupante“.