Sarà una “presa della Bastiglia” climatica? Oggi, 14 luglio, la Commissione europea presenta il piano di azioni per i prossimi 9 anni per ridurre del 55% le emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990. Per conquistare il target al rialzo (quello originario era stato fissato al 40%) approvato dagli europarlamentari l’anno scorso, la Commissione ha messo a punto un pacchetto di dodici misure, denominato “Fit for 55” (in forma per 55). Dalle indiscrezioni trapelate da Bruxelles, si tratta di una revisione e ampliamento delle leggi ambientali esistenti.
Si ritocca il sistema di scambio dei permessi di emissione di CO2, ETS, ai quali ricorrono cementifici, centrali elettriche, cartiere, acciaierie per produrre senza variare i processi industriali. Appena 4 anni fa questi “diritti ad inquinare” si scambiavano a 4 euro per tonnellata e a lungo sono rimasti ancorati ai 10 euro; poi, complice la forte determinazione dell’Ue sulla transizione energetica, nel giro di un anno, da giugno 2020, il prezzo degli ETS si è infiammato passando da 28 euro per tonnellata per sfiorare gli attuali 60. Secondo gli esperti, le quotazioni toccheranno fino a 78 a tonnellata di CO2. Considerati la pietra angolare della politica europea di neutralità climatica, la Commissione intende applicare un analogo sistema di permessi anche al settore delle costruzioni e trasporti il quale rappresenta un quarto del totale delle emissioni Ue. La decisione, osteggiata dalle lobby rispettive, non soddisfa neppure gli ambientalisti che temono il contrappasso delle ricadute su aziende e famiglie. Esattamente quello che si è verificato con il recente caro bollette e caro carburante.
Uno degli aspetti più controversi e attesi è l’attuazione del Cbam, acronimo per Carbon Border Mechanism Adjustment, ossia la tassa sulla CO2 sull’import per impedire che economie extra-comunitarie riversino sul mercato Ue prodotti fabbricati in deroga alle leggi ambientali locali spiazzando prodotti concorrenti made nei 27 Paesi Ue più Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera che aderiscono al meccanismo. Si vuole così combattere la delocalizzazione delle emissioni applicando, a partire dal 2023, sui prodotti d’importazione una tassa sul carbonio che andrebbe a interessare fertilizzanti, ferro, acciaio, alluminio, cemento ed elettricità.
Progressivamente tutti i settori produttivi a ogni latitudine saranno costretti a piegarsi alla decarbonizzazione. Nel periodo di transizione saranno gradualmente sospesi i permessi di emissione gratuiti attualmente riconosciuti alle aziende energivore in aderenza alle regole di commercio mondiale della Wto. È presumibile che la carbon tax sui prodotti d’importazione diventi uno strumento di geopolitica che preoccupa assai Cina. Come il Cbam si applicherà all’export della Gran Bretagna non è ancora chiaro, mentre i prodotti di punta dell’export russo – petrolio, gas, e prodotti petrolchimici – sono, per ora, salvi.
Il contributo delle rinnovabili nel mix energetico europeo, attualmente al 20% sale di 12 punti percentuali entro il 2030. Obiettivo ambizioso: il 60% delle fonti rinnovabili è rappresentato da biomasse e biogas di cui 18% è ottenuto dalla combustione di legno da foreste. Con il piano di oggi è atteso anche un affinamento dei “criteri di sostenibilità” per dirimere se la biomassa da foresta possa considerarsi rinnovabile conformemente con l’impegno della Commissione di tutela delle antiche foreste europee.
Infine, c’è grande attesa per il fondo sociale per l’azione climatica anticipato da Frans Timmermans, vice-presidente della Commissione incaricato del Green Deal. Sono risorse da destinare come bonus alle famiglie per mitigare gli aumenti dei prezzi di beni e servizi per effetto della conversione energetica. Per cambiare il nostro sistema produttivo e ridurre il suo impatto ambientale bisogna fare cambiamenti radicali che hanno un prezzo. Si tratta di una misura gemella pensata per i consumatori del Just Transition Fund. I 17,5 miliardi approvati dall’Europa a fine 2020 per le regioni europee sbilanciate su un’economia fossile e maggiormente colpite dalle azioni di neutralità climatica.
Finalmente la politica butta giù la maschera. La neutralità climatica è cosa giusta e buona, ma raggiungerla senza contromisure di sussidi e sovvenzioni rischia di produrre macelleria sociale.
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