Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, ha parlato con La Stampa della protesta degli agricoltori in tutta Europa, puntando il dito contro l’UE che starebbe sbagliando approccio nei confronti di quello che, a tutti gli effetti, è uno dei mercati più importanti per il continente. “Per troppi anni”, precisa immediatamente in apertura della sua intervista, “non sono state ascoltate le esigenze del settore agricolo“.
L’UE, infatti, sottolinea il presidente di Confagricoltura, piuttosto che accompagnare gli agricoltori “verso un mercato sempre più competitivo, ci ha chiesto di diminuire del 20% la produttività“, tutte norme che “annullano la possibilità di stare sul mercato”. Ci tiene a citare, in tal senso, per esempio, “la restaurazione delle aree naturali”, ma anche “la limitazione fino al 65% dell’utilizzo di medicine [per le] piante”. Complessivamente, secondo il presidente di Confagricoltura, all’interno dell’UE “manca una visione“, perché secondo Giansanti l’attuale Commissione “si attiene a ecoschemi, modelli non produttivi“, che non tengono “conto della guerra in Ucraina e del Covid”. Similmente, l’introduzione della cosiddetta ‘carne coltivata’, sarebbe “l’apoteosi della follia di quest’ultimo periodo”.
Giansanti (Confagricoltura): “Gli agricoltori dal’UE hanno bisogno di norme sulle competitività”
Complessivamente, secondo Giansanti che si fa portavoce delle istanze di Confagricoltura e degli agricoltori italiani, l’UE dovrebbe lavorare “più [che sulla] capacità produttiva, sulla capacità competitiva“. Il mercato agricolo, infatti, subisce la competizione con “gli USA, l’Australia, l’India”, ragione per cui “bisogna destinare risorse agli agricoltori e lavorare sul cambiamento climatico“, al fine di “favorire l’economia circolare attraverso l’agricoltura rigenerativa”.
Spiegando quest’ultimo concetto, Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, sottolinea che “un’azienda che produce latte, con i sottoprodotti e le deiezioni può produrre biometano, che servirà per alimentare il trattore, che a suo volta avrà emissioni nocive più basse”. Inoltre, si potrebbe “favorire la produzione di erba medica che toglie Co2 e fissa carbonio nel terreno”, riuscendo insomma ad incentivare “una capacità competitiva e produttiva in un modello completamente circolare”. In rischio, infatti, secondo il presidente di Confagricoltura, è che finiremo per importare “merci da Paesi che hanno standard sanitari e produttivi molto diversi“, che utilizzano, tra le altre cose, “manodopera minorile”, mentre deve essere chiarito che gli agricoltori non possono essere “la cenerentola che paga il conto”.