La crisi determinata dal Covid ha costretto l’Europa nel 2020 a fornire una risposta che è stata definita “senza precedenti”, in particolare con la messa in campo del Next Generation Eu. Per Massimo D’Antoni, Professore di Scienza delle finanze all’Università di Siena, «straordinaria è stata innanzitutto l’azione della Bce. L’Ue, dopo un’iniziale fase di incertezza che stava suscitando sentimenti molto ostili nel nostro Paese, ha agito applicando la clausola di sospensione del Patto di stabilità, prevista in casi come questo, e ha messo in campo alcuni strumenti di intervento, il più importante dei quali è il Recovery Fund o Next Generation Ue. Una novità molto importante, rispetto alla quale molte cose si chiariranno proprio nel 2021».
Cosa in particolare?
Un punto che è sempre rimasto tra le righe è se, accanto agli obiettivi fissati, vi saranno anche delle condizionalità implicite, ad esempio l’adozione di ulteriori riforme strutturali nel sistema pensionistico o nel mercato del lavoro. Non dimentichiamo che si è sempre parlato del rispetto delle raccomandazioni country specific come prerequisito.
In una recente intervista a Repubblica, Gentiloni ha detto che dal successo del Recovery fund, che ha definito “embrione di politica economica comune”, associata alla politica monetaria comune, dipende la sua replicabilità. Cosa ne pensa?
Io avevo capito che fosse stata affermata e ribadita la straordinarietà e non replicabilità del piano. È vero che, soprattutto in politica, non bisogna mai dire mai, ma l’idea che l’emissione di debito comune possa diventare un elemento strutturale e permanente della politica europea continua a sembrarmi un’interpretazione molto ottimistica.
Gentiloni ha detto anche che le regole del Patto di stabilità e crescita resteranno sospese “almeno fino a fine 2021” e, a proposito di una loro possibile modifica, ha spiegato che visto che il debito pubblico crescerà ovunque nel mondo, servirà “una discussione sulle nuove regole fiscali ed anche una fase transitoria per arrivarci. Non sarà una discussione facile fra i Paesi dell’Ue, ma è necessaria: non siamo più nelle condizioni dell’epoca del Trattato di Maastricht”. Quanto possiamo essere ottimisti e fiduciosi?
È un punto che abbiamo già affrontato in passate interviste. Che la sospensione si prolungasse fino a tutto il 2021 era cosa nota e che il Patto di stabilità possa essere reintrodotto nel 2022 continua a essere una possibilità, che per noi è fonte di grande preoccupazione. Gentiloni dice che a fronte dell’aumento generalizzato dei debiti pubblici potrebbe esserci una revisione dell’obiettivo del debito, almeno in via transitoria. Ovviamente l’ideale sarebbe una modifica del Trattato di Maastricht, ma per allentare le regole non è in realtà necessario, basterebbe rivedere la cosiddetta “regola del debito” fissata nei regolamenti comunitari. Sarebbe una discontinuità importante rispetto al quadro delle regole fiscali, spero che l’ottimismo di Gentiloni sia fondato, visto che sappiamo che alcuni Paesi sono contrari. Se invece la riforma del Patto di stabilità si limitasse a sostituire la regola del debito con una nuova regola della spesa, come ipotizzato nei documenti in discussione fino a poco prima della pandemia, allora poco cambierebbe rispetto alle regole precedenti; se poi aumentasse il grado di automatismo, potrebbe essere addirittura peggio.
Per Gentiloni, dal punto di vista macroeconomico i miliardi del Mes e quelli del Recovery fund “sono uguali”: in entrambi i casi il debito aumenta. Ma allora prendere gli uni o gli altri è la stessa cosa?
Forse intende dire che in entrambi i casi i prestiti determinano un aumento del nostro rapporto debito/Pil. Questo in realtà vale solo per la parte di Recovery fund che consiste in prestiti, anche se leggevo che in Germania qualche “falco” ha già proposto di conteggiare anche i trasferimenti. Quello che Gentiloni non dice è che c’è una differenza sostanziale tra indebitarsi con l’Ue e farlo con il Mes, che opera per statuto con criteri molto più simili a quelli di un’istituzione finanziaria. Inoltre, anche nella versione “leggera” un prestito al Mes implica obblighi aggiuntivi in termini di sorveglianza e monitoraggio delle politiche di bilancio. Con ciò, è innegabile che anche il prestito del Recovery fund venga con le sue condizionalità, quelle esplicite derivanti dal Patto di stabilità e quelle più implicite di natura politica.
Come vede la posizione dell’Europa sullo scacchiere globale all’inizio di questo nuovo anno? Migliore di prima?
Mi pare che l’attenzione al momento sia focalizzata sulla gestione della pandemia. Nonostante le intenzioni di dare una volta tanto l’immagine di un’Europa coesa, si legge di accordi paralleli di acquisto di vaccini effettuati da alcuni Paesi, mentre l’Italia potrebbe essere penalizzata dal fatto di aver puntato su un vaccino la cui approvazione ritarda. Un’Europa a più velocità nella lotta alla pandemia sarebbe un esito disastroso sul piano dell’immagine. Anche la notizia che Paesi come la Turchia, con il vaccino cinese, potrebbero trovarsi più avanti di noi nella vaccinazione non è certo un buon segnale. Ma vedremo, su questo fronte tutto procede molto velocemente.
Cosa aspettarsi invece dalla Bce, visto sia l’euro rivalutato rispetto al dollaro e il sempre presente timore che i “falchi” ne blocchino le politiche espansive?
Il timore è fondato perché sono innanzitutto i Trattati a fornire forti argomenti a sostegno della posizione dei “falchi”. Le operazioni straordinarie che stanno tenendo in piedi l’economia europea sono giustificate in quanto eccezionali e dettate dall’emergenza. L’effetto paradossale è che il ritorno alla normalità per noi finisce col diventare un ritorno a una situazione molto delicata e rischiosa.
Il 2020 è stato un buon anno per il rifinanziamento del debito pubblico italiano. Come vede il 2021 dove il Tesoro punta anche all’emissione di nuovi strumenti (Btp short term e Btp green) e nel quale scadono titoli per oltre 320 miliardi?
Dovremmo sfruttare al massimo questo momento favorevole con tassi ridotti, per mettere in sicurezza il nostro debito. Credo che molti risparmiatori sarebbero interessati a investire in strumenti legati alla crescita e alla rinascita economica del Paese, meglio ancora se accompagnati da una protezione dall’inflazione, come per i titoli Btp Italia emessi a maggio. Si potrebbe anche pensare a titoli finalizzati a specifici programmi di investimento pubblico. È un peccato, non solo da questo punto di vista, che non si sia coltivato meglio quel sentimento di comunanza e “patriottismo” che il primo lockdown aveva creato.
(Lorenzo Torrisi)