Esattamente un anno fa gli articoli 9 e 41 della Costituzione venivano modificati per introdurvi la tutela dell’ambiente. L’ennesima revisione costituzionale, che ora sembra fatta apposta per non ostacolare le scelte europee in materia ambientale, come l’approvazione della direttiva case green e lo stop ai motori endotermici entro il 2035.



Stanno infatti per arrivare riforme calate dall’alto che, se non corrette, potrebbero sconvolgere diritti costituzionali come la proprietà, il patrimonio. Ma la cosa ancor più preoccupante è che ogni imposizione sarà legittima, perché non ci sarà più la Costituzione a difenderci. Ne abbiamo parlato con Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano.



Professore, le riforme green europee sembrano trovare un’eco nelle preoccupazioni che hanno indotto nel 2022 il parlamento a modificare la Carta. Verrebbe da dire che se quella modifica non fosse esistita, ora bisognerebbe inventarla.

Guardi, è dal 1948 che l’art. 9 è lì a tutelare “paesaggio” e “patrimonio storico e artistico della Nazione” senza generare troppi problemi. Nel 2022 ci si è limitati ad aggiungere un terzo comma, per il quale adesso la Repubblica dovrebbe tutelare in più “l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. E, per non farsi mancare niente, adesso “la legge” dovrebbe disciplinare anche “i modi e le forme della tutela degli animali”. Ma forse non è questo ciò a cui si riferisce lei.



C’è sicuramente anche questo. Adesso però il legislatore determina “programmi e controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”. È l’art. 41 modificato.

Il primo comma dell’art. 41 riguarda i limiti all’iniziativa economica pubblica e privata. Si sono voluti aggiungere ai limiti originari, che erano “salute”, “sicurezza”, “libertà” e “dignità umana” anche il riferimento all’“ambiente”. Che, a rigore, non aggiunge granché.

Perché no?

Perché se in teoria devo tutelare salute e sicurezza, è ovvio che in questo rientra anche la tutela dell’ambiente. Insomma, a prima vista sembrerebbe poco più di una norma-manifesto, destinata a cambiare poco. Ma questo non chiude il problema. Lo apre.

In che senso? 

Qui arriviamo al comma che lei ha citato. Nel senso che l’art. 41 Cost., che avrebbe dovuto governare il ruolo dello Stato in economia, è una norma che è stata progressivamente disattivata, così come è stata disattivata tutta la cosiddetta Costituzione economica. Come è in fase di disattivazione tutta la disciplina costituzionale dei diritti sociali. E cioè assistenza, istruzione, previdenza e assistenza. I discorsi che si fanno sullo stato della sanità italiana sono un buon esempio di ciò che si intende per disattivazione. Il diritto alla salute è sempre in Costituzione: peccato che ormai sia solo lì.

Cosa intende per disattivazione? 

Intendo dire che ci sono ampie parti della Costituzione che ormai fanno parte, più che dei manuali di diritto costituzionale, dei manuali di storia del diritto. Stanno in Costituzione, ma sono disapplicate a favore dell’ordinamento Ue. È ciò che taluni chiamano multilvel consitutionalism.

Questo che cosa ci consente di dire delle riforme europee?

Programmi Ue su automotive e abitazioni vanno nella stessa direzione della strana riforma approvata nel 2022 non per motivi oscuri, ma perché ormai il discorso pubblico in Europa è dominato da un’ideologia uniforme e pervasiva. E per discorso pubblico intendo la comunicazione istituzionale e il sistema dei media che la amplificano e la diffondono in modo ossessivo, riplasmando la realtà. Se controlli un certo modello di comunicazione controlli anche la visione del mondo di chi, durante la giornata, ha altro da fare dal chiedersi se le notizie che gli arrivano da internet e tv sono costruite in modo più o meno manipolatorio.

Il risultato?

È quello che abbiamo sotto gli occhi. E che ha molto a che fare la credenza di legittimità di un certo comportamento. Una volta si chiamava opinio iuris e poteva essere considerata un fenomeno naturale, come il tempo, di cui però i giuristi dovevano tenere conto. Oggi l’opinio iuris si costruisce attraverso l’ingegnerizzazione della comunicazione istituzionale.

Qual è il presupposto di questa operazione e come viene indotto il mutamento di cui stiamo parlando?

Si crede che la politica sia uno spazio vuoto o, alternativamente, che tutto sia controllato da una catena di comando oscura. Ma non è così. La realtà è che alcune politiche prendono la forma della prescrizione o della proibizione; altre dell’incentivo economico (vedi la vicenda del 110%), altre ancora della “spinta gentile” (nudge), che danno un’impressione di obiettività e si fondano sulla comunicazione istituzionale ingegnerizzata. Ne sono un esempio sono i “nutriscore” sugli alimenti, le etichette sul vino, l’indicazione delle classi energetiche sugli elettrodomestici.

E cosa succede?

Creano progressivamente una credenza sociale per cui davvero in certe parti d’Europa si può credere che il parmigiano sia un cibo pericoloso per il cuore. Non è un discorso astratto. E capisce che se si può fare questo alle abitudini alimentari individuali, lo si può fare su un’infinità di temi assai meno tangibili di ciò che ho quotidianamente nel piatto.

Come mai siamo stati così tempestivi nel cambiare la Costituzione? 

Il procedimento è partito nel 2018 su iniziativa del Gruppo misto, cui via via si sono aggiunti esponenti di M5s, Pd, Forza Italia e persino della Lega. Basta un’occhiata ai lavori preparatori e si vede che ci hanno messo le mani un po’ tutti. Anche la Bonino. Di per sé ambiente, ecosistema, salute eccetera sono cose talmente generiche che mettono d’accordo tutti. Come si fa ad essere contro l’aria pulita? Dopodiché tutto ha avuto un’accelerazione improvvisa tra il giugno e il novembre 2021, e l’ultima delibera è stata del febbraio 2022.

Insomma, mentre si parlava di pandemia e Pnrr, e in prossimità della crisi ucraina, si pensava a mettere in Costituzione i diritti degli animali e delle generazioni future. 

È una delle tante facce del nudge guidato dall’alto. Per cui una revisione del genere non è altro se non un caso di formalizzazione di mutamento già avvenuto a livello di discorso pubblico. È già mutata la credenza di legittimità, insomma.

E modificare la Costituzione appare quanto di più naturale per oggettivare il mutamento. E renderlo irreversibile.

Precisamente. Tanto è vero che adesso sembra ragionevole preoccuparsi dei “diritti” delle “generazioni future”, mentre solo qualche anno fa questo veniva giudicata una stranezza. Si fermi un attimo a chiedersi chi sono le “generazioni future”. Io conosco solo le generazioni vive e presenti. E al massimo quelle passate. Di quale generazione futura devo preoccuparmi? Di quella del 2030? Del 2050? O di quella del 2070?

Quindi?

Quindi se continuo così posso arrivare al 2100. Vede che se si ferma un momento a ragionare sul nudge implicito nel riferimento alle generazioni future capisce che in realtà si ha solo a che fare con un soggetto fittizio – in realtà un fantasma – fabbricato ad arte per limitare i diritti della generazione presente. E per far assumere comportamenti e accettare limitazioni che altrimenti parrebbero insensati.

Torno a chiederle: che cosa otteniamo in questo modo?

Il risultato è una nuova “normalità” artificiale, fabbricata ad arte, per indurre ad assumere comportamenti “virtuosi”, selezionati dall’alto. Cass Sunstein, un costituzionalista americano di cui ci siamo già occupati, teorizza queste cose da decenni. E da decenni queste tecniche di fabbricazione dell’opinio iuris sono state sperimentate in Usa. E dagli Usa sono passate in Europa.

Un altro esempio di fabbricazione della credenza di legittimità? 

L’ossessività con cui viene proposta e riproposta la cosiddetta Agenda 2030 nelle scuole e nella comunicazione pubblica è un caso esemplare di nudging esteso ad un intero continente.

Sembra però che non ci si stia affatto preoccupando del potenziale antieconomico e distruttivo dei provvedimenti europei. Quanto ai veicoli, qualcuno ha calcolato che un taglio dell’1,5% di CO2 delle emissioni globali costerebbe più di 8mila miliardi. Altri dati paradossali si possono trovare con facilità. Arriveremo a che la nostra Costituzione, per tutelare alcuni nuovi princìpi, ne violerà altri?

Non a caso parlavo poco fa di limitazioni o comportamenti insensati. A parte i riferimenti ai numeri, che secondo me lasciano sempre il tempo che trovano, ci troviamo di fronte ad atti di programmazione industriale di lungo o lunghissimo periodo – il 2030 per le abitazioni, il 2035 per l’automotive – fondati su atti di fede. Date propagandistiche, apparentemente irrevocabili, ma destinate a produrre effetti irreversibili. Quale casa automobilistica investirà più in progettazione e sviluppo in un quadro normativo del genere? E quali saranno le conseguenze di affidarsi ad una tecnologia – quella del motore elettrico – di cui in Europa non c’è né il know-how, né le materie prime, visto che sono entrambe in mano cinese? E a quali saranno le conseguenze della ristrutturazione forzata, e a tappe serrate, degli immobili, che produrrà aumenti dei materiali a confronto dei quali quelli generati dal 110% saranno nulla?

Il tutto in una fase di recessione e de-industrializzazione del continente e con la prospettiva di una guerra alle porte. 

Infatti. Se tiene conto che la tutela costituzionale non riguarda solo la proprietà, ma anche il patrimonio – e cioè il valore della proprietà – è chiaro che ci si trova di fronte ad un’incisione profonda di un diritto non troppo diversa da una espropriazione, però senza indennizzo, perché non ha le forme dell’espropriazione. Sarà un trasferimento di ricchezza da chi è proprietario di casa a chi finanzierà le ristrutturazioni energetiche. Per cui oltre al mutuo sulla casa, alle bollette e alle spese condominiali, dovrò pagare anche il mutuo sulla ristrutturazione energetica. E se non pagherò, la casa diventerà di chi ha finanziato la ristrutturazione. Non è complicato.

Qual è la filosofia di fondo?

Un piano continentale di decarbonizzazione di questo genere, programmato nell’arco di 10-15 anni, è un atto di dirigismo economico che fa impallidire i vecchi piani di elettrificazione forzata dell’Urss di cento anni fa. A questo va aggiunto che alla decrescita europea, dovuta alla decarbonizzazione, farà riscontro la crescita industriale di Cina e India. Che non si fermeranno di certo perché l’Europa si è allegramente suicidata in nome del “da qualche parte bisogna pur cominciare per dare l’esempio”.

Sotto il profilo dei diritti – quelli veri – è una trasformazione rivoluzionaria. Una rivoluzione cattiva, però.

L’effetto sarà una ri-conformazione del diritto di proprietà in tutto il continente, a dispetto di quel pezzo di Costituzione nostra che, oltre che di tutela della proprietà, parla (art. 47) di “accesso” alla “proprietà dell’abitazione”. Ma è evidente che questa è roba d’altri tempi.

Nondimeno l’ambiente è un valore. Se è così importante, chi deve farsene carico e come? 

È chiaro che queste sono scelte di politica industriale che eccedono la sfera del diritto costituzionale, ma che entrano in contatto con la Costituzione nel momento in cui incidono con la sovrastruttura giuridica che riguarda il diritto di proprietà. L’inclusione, apparentemente innocua, di “ambiente” e interessi delle “generazioni future” in Costituzione si presta benissimo a un’operazione di bilanciamento tra proprietà e questi nuovi cosiddetti “valori”. E quindi ad eliminare la resistenza – per la verità ormai scarsa – che le costituzioni nazionali possono offrire ai nuovi diktat continentali. Mi pare che gli esempi, anche recenti, non manchino.

Alla luce delle sue considerazioni, è probabile che in futuro la Costituzione, come è stato per l’ambiente, accoglierà nuovi “valori”. Ma è questo che deve fare una Costituzione?

Questo è uno dei problemi, almeno sul versante del diritto costituzionale. Se io riduco la Costituzione ad un catalogo di “valori” giustapposti l’uno all’altro, che devono essere “bilanciati” da una Corte, o invocati in un discorso in tv da riportare sui giornali, io distruggo il contenuto normativo di una Costituzione. E cioè la sua attitudine ad operare come legge della politica pensata per porre limiti al potere pubblico a protezione del singolo. Per questa via la Costituzione non è più un atto normativo.

E che cosa diventa?

Diventa un supermercato dei “valori” tra i cui scaffali è possibile passeggiare per prendere ciò che serve quando si tratta di scrivere una motivazione fondata su “ragionevoli bilanciamenti”. Bilanciamenti che in realtà sono pure petizioni di principio. E anche qui mi pare che gli esempi recenti non manchino. Non so se questo fosse l’intento di chi ha portato avanti e votato questa riforma. Ma so che questi ne saranno senz’altro gli effetti: un’ennesima incisione dei diritti di proprietà in nome di “valori” alti e altissimi. E cioè foto di gattini che campeggiano ogni giorno sulle prime pagine dei giornali online e tutela di generazioni che non esistono.

Chi garantirà i nostri diritti quando l’Europa ci costringerà a cambiamenti  distruttivi che risulteranno perfettamente costituzionali? 

Nessuno, appunto perché le limitazioni ai nostri diritti saranno perfettamente costituzionali. Mi scusi, ma “ambiente” e “generazioni future” sono o non sono valori costituzionali?

(Federico Ferraù)

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