Come a tutti evidente, la pandemia di Covid-19 in corso ha fatto sprofondare l’Europa, così come le altre economie globali, in una recessione economica senza precedenti, che rischia di riportare, in particolare, i tassi di disoccupazione giovanile e di Neet (ossia di ragazzi che non studiano e non lavorano) a livelli estremamente elevati.
Recenti studi immaginano che l’economia europea subirà una contrazione significativa nel 2020, entrando, probabilmente, nella più grave recessione della sua storia. In questo quadro i giovani che si trovavano, già prima del virus, in una situazione precaria nel mercato del lavoro o che incontravano ostacoli nell’accedere allo stesso ne risentiranno maggiormente di altre categorie.
Gli sviluppi tecnologici in corso, quali l’automazione e la digitalizzazione della produzione e dei servizi, stanno, inoltre, rimodellando, inevitabilmente, il nostro mondo del lavoro. I giovani sono, in questo contesto, sovrarappresentati in lavori atipici come quello mediante piattaforme digitali o nell’ambito della cosiddetta “gig economy”, in cui possono non avere accesso a un’adeguata protezione sociale. Sono, quindi, fra i gruppi esposti al rischio di perdere il lavoro a causa dell’automazione, in quanto le posizioni tipiche d’ingresso dei giovani tendono ad avere una maggiore percentuale di compiti automatizzabili.
Non si deve, tuttavia, negare come le tecnologie digitali creino nuovi posti di lavoro, potenzialmente molto appetibili per ragazzi, ad esempio, appena usciti da percorsi formativi, che richiedono, in ogni caso, competenze spesso non presenti sul mercato ma sempre più necessarie per la trasformazione digitale in molti settori dell’economia.
Si è ritenuto, pertanto, necessario, a livello comunitario, rafforzare misure dedicate, quali la “garanzia per i giovani”, alla luce della crisi sanitaria, economica e sociale in corso. Ciò premesso il Consiglio dell’Unione europea ha così adottato, nei giorni scorsi, la proposta della Commissione di una raccomandazione del Consiglio su un “ponte verso l’occupazione” che vada a rafforzare l’attuale Garanzia per i giovani.
La raccomandazione intensifica, infatti, il sostegno globale al lavoro disponibile per i giovani in tutta l’Unione europea e lo rende più mirato e inclusivo, anche con riferimento alle nuove sfide causate dalla pandemia. Uno sforzo ulteriore che si propone di migliorare quanto già fatto negli ultimi anni.
È bene ricordare, infatti, che dal 2014, ogni anno più di 3,5 milioni di giovani iscritti alla Garanzia per i giovani che ora, in base alla nuova raccomandazione, si rivolgerà, ma era già così nel nostro Paese, a un gruppo target più ampio dei ragazzi fino a 29 anni (rispetto ai 25 anni precedenti). La nuova formulazione adotta, inoltre, un approccio più personalizzato fornendo ai giovani, in particolare a quelli vulnerabili, un orientamento basato sulle loro specifiche esigenze individuali e guardando alla prospettiva della transizione verde e digitale delle nostre economie.
I ponti, però, come noto, specialmente quelli “verso il futuro”, si costruiscono con pazienza e sapienza, due caratteristiche che troppo spesso sono mancate nel nostro Paese e che rischiano di far crollare, sotto il peso dell’inefficienza e della rissosità, un progetto cruciale per i nostri giovani chiamati, prima o poi, a uscire dalle sabbie mobili in cui questa crisi li ha, ulteriormente, affossati.