La prima uscita pubblica da presidente della Luiss il numero uno di Confindustria Vincenzo Boccia l’ha tenuta, il giorno dopo l’insediamento, a Parigi in occasione di un raduno di studiosi diplomatici e imprenditori organizzato dalla sua università e dal dipartimento degli Affari internazionali di Science Po guidato dall’ex premier Enrico Letta. Un confronto serrato al quale hanno partecipato una ventina relatori nel corso di un’intera giornata col metodo del brain storming: tante idee messe a fattor comune per rendere sempre più effettiva ed efficace l’alleanza naturale tra due Paesi, l’Italia e la Francia, che si somigliano molto più di quanto non sia percepito e con popolazioni di aspirazioni comuni.
Due Paesi, dunque, destinati a marciare a braccetto nonostante alcune incomprensioni dovute più alla muscolarità della politica che alle convenienze dell’economia se è vero, com’è vero, che la Francia è il secondo partner commerciale dell’Italia dopo la Germania e prima degli Stati Uniti. Una realtà che dovrebbe guidare parole e azioni più di ogni altra considerazione.
Ancora di più se si guarda allo scenario europeo dove la Francia rischia di rimanere imprigionata nell’alleanza con la Germania che, da Paese dominante nonostante le crescenti difficoltà interne, ha interessi distanti da quelli francesi che sono invece molto più vicini alle inclinazioni italiane essendo le due economie e le due situazioni finanziarie molto simili.
Un asse Italia-Francia, insomma, non solo sottrarrebbe la Francia dall’abbraccio mortale con la Germania – capace con la sua forza di attrarre nell’orbita delle sue convenienze il partner più debole -, ma rimetterebbe in gioco l’Italia che nonostante i suoi quarti di nobiltà come Paese fondatore dell’Unione appare negli ultimi tempi decisamente fuori partita. Tanto più che un sondaggio reso noto nel corso del convegno rivela che i leader più amati nei due Paesi sono Salvini da una parte e Le Pen dall’altra. A conferma dell’analogo orientamento popolare verso formazioni sovraniste e populiste che solo la differente legge elettorale ha impedito in Francia di trasformarsi in opzione di governo come invece è accaduto in Italia.
Italia e Francia dovrebbero dunque farsi carico di un grande progetto riformista in grado di restituire al disegno europeo i contorni e i contenuti della prima ora, quando gli obiettivi di Pace, Protezione e Prosperità erano condivisi e facevano sognare una costruzione capace di garantire a tutti una vita migliore: non solo lontana dalla guerra, ma anche lontana dal bisogno.
Questo non è accaduto. E alla fine ha vinto un’impostazione burocratica che ha messo i regolamenti davanti alle persone creando tabù che la maggior parte dei cittadini – e delle imprese – ha vissuto più come cieche imposizioni che come regole utili a sostenere le aspirazioni di miglioramento. Tra individui e territori sono aumentate le distanze e con queste le insoddisfazioni.
Purtroppo, la politica appare distratta e la condizione dell’Italia – minacciata dalla procedura d’infrazione per eccesso di debito – non è certo la migliore per mettersi in cattedra visto che gli esami deve ancora superarli. Ma forse proprio il darsi obiettivi sfidanti potrebbe essere il modo migliore di uscire dall’angolo e riprendere il centro della scena.