Poche novità da commentare sul Consiglio dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea del 23-24 giugno. Come atteso, è stato incentrato sulla guerra della Federazione Russa contro l’Ucraina, sulla Conferenza sul futuro dell’Europa e sulle questioni economiche. Il 23 giugno, i capi di Stato e di governo Ue hanno anche i visto i leader dei Balcani occidentali per discutere le prospettive di adesione della regione.
Per quanto riguarda la Conferenza sul futuro dell’Europa, il 9 giugno il Parlamento ha approvato una risoluzione che invita il Consiglio europeo ad approvare l’avvio del processo di revisione dei Trattati Ue per istituire una Convenzione. Ciò consentirebbe all’Unione di dare seguito al più presto ai risultati della Conferenza e dimostrare la sua volontà di rispondere alle richieste di riforma istituzionale dei cittadini. Un percorso lungo che è agli inizi. Come tutta in salita, anche se ha oggi un valore simbolico, la strada perché dalla concessione dello status di candidato a Ucraina, Repubblica di Moldavia e Georgia si passi a quello di membro effettivo. Il comunicato finale conferma tutti questi punti, ma senza indicare scadenze o calendario. Restano auspici senza un programma concreto.
Più importante che commentare il Consiglio europeo è utile vedere se il Presidente Emmanuel Macron, a cui spettava di guidarlo il semestre che termina il 30 giugno, abbia raggiunto gli obiettivi che si era proposto e che aveva annunciato, con solennità (e una punta di arroganza) al Parlamento europeo alla vigilia di assumere l’incarico.
Possono riassumersi in questi punti:
1) Macron ha esordito affermando di volere un’Europa «in grado di controllare i propri confini» e di considerare importante una riforma dell’area di libera circolazione di Schengen. «Per evitare che il diritto d’asilo, che è stato inventato nel continente europeo e che è un nostro onore, venga utilizzato in modo improprio, dobbiamo assolutamente trovare un’Europa che sappia proteggere i suoi confini e trovare un’organizzazione politica che ci metta in condizione di difendere i suoi valori, motivo per cui avvieremo, sotto questa presidenza, una riforma dell’area Schengen» (chiaro riferimento alle dispute sull’immigrazione con la Gran Bretagna, ndr). Il Presidente ha anche citato «tentativi di destabilizzazione, e tensioni anche fra i nostri vicini». Negli ultimi mesi del 2021, l’Ue ha accusato la Bielorussia di incoraggiare i richiedenti asilo ad attraversare il Paese verso i vicini Paesi membri dell’Ue, Polonia, Lituania e Lettonia. In materia, ci si aspettava una proposta dalla Francia. Non è mai arrivata
2) Macron ha sottolineato “la difesa del nostro modello sociale”, chiedendo “un modello di produzione ma anche di solidarietà”. Il 10 e 11 marzo la Francia avrebbe dovuto tenere “un vertice eccezionale attorno a un nuovo modello europeo di crescita e investimenti”. È vero che alle 4 del mattino del 24 febbraio, l’aggressione della Federazione Russa nei confronti dell’Ucraina ha drasticamente cambiato il quadro politico ed economico europeo, ma la conferenza non è mai stata convocata e neanche preparata (da chi la ha proposta).
3) L’economia post-Covid del blocco ha bisogno di nuove regole di bilancio. Su questo tema si è cercata un’intesa bilaterale con l’Italia nell’auspicio che i due Stati potessero, durante il “semestre francese” farla accettare della Germania e via via a degli altri Stati considerati (a torto o a ragione) “frugali”. In effetti, i criteri di vigilanza sulle politiche di bilancio (ossia i parametri di Maastricht) resteranno sospesi sino a tutto il 2023, a causa però del disastro economico provocato della guerra in Europa orientale, piuttosto che dall’azione di Francia e Italia. I consiglieri economici del Presidente francese e del Presidente del Consiglio hanno pubblicato lavori in cui propongono un “un’agenzia europea per il debito”. Non hanno lasciato traccia. Né accademica, né politica.
4) Macron ha affermato di volere varare “servizio civico europeo” di sei mesi per tutti i giovani sotto i 25 anni. Dopo la presentazione al Parlamento europeo non se n’è saputo più nulla.
5) Specifiche le proposte per «conciliare le ambizioni climatiche e lo sviluppo economico». «Sotto la presidenza francese, uno dei nostri obiettivi sarà l’attuazione del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, la famosa “tassa” sul carbonio alle frontiere d’Europa, che ci consentirà di realizzare questa transizione per tutte le nostre industrie, preservando la nostra competitività». Sappiamo com’è andata: tutto ancora in alto mare e il veto ungherese ha bloccato anche la “minimum tax” sugli utili delle multinazionali «Gli attori economici europei non possono essere vittime degli sforzi» per affrontare il cambiamento climatico, ha insistito di fronte al Parlamento europeo.
6) Ha promesso al Parlamento europeo i piani concreti per «trasformare l’Europa in una potenza digitale». Sei mesi fa erano in corsa a livello Ue due pacchetti legislativi, il Digital Services Act e il Digital Market Act, che saranno “priorità massime” della Presidenza francese. Lo sono ancora.
In breve, ha presentato al Parlamento europeo un programma molto ambizioso con il tratto che gli è tipico anche quando si esibisce come pianista. Ma quasi nulla è stato realizzato.
Occorre ammettere che quasi a metà del “semestre francese” la Russia ha aggredito l’Ucraina, l’inflazione ha cominciato a mordere, i tassi d’interesse hanno ripreso, dopo circa dieci anni di sonno profondo, a ballare. Macron si è trovato a trattare temi più urgenti. Poco ha fatto, e poco poteva fare, in tema di inflazione e di tassi (materie di competenza della Banca centrale europea, presieduta dalla francese Christine Lagarde). In materia di guerra in Europa orientale il suo «non umiliare Putin» non è stato una grande prova di atlantismo e di difesa dei diritti umani. Si è ripreso nella lunga notte nel vagone presidenziale alla volta di Kiev in compagnia di Mario Draghi e di Olaf Scholz.
Per i prossimi cinque anni avrà difficoltà a governare la Francia. C’era da aspettarselo.
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