Il Consiglio europeo del 24-25 giugno 2021 verrà ricordato come un importante successo per l’Italia, anche maggiore di quello del luglio 2020 quando vennero definite le allocazioni preliminari della Recovery and Resilience Facility del Next Generation Eu.

Allora il vasto ammontare di risorse a favore del nostro Paese venne delineato perché gli azionisti di maggioranza dell’Unione europea temevano che dopo vent’anni di stagnazione e i gravi danni aggiuntivi creati dalla pandemia, l’Italia sarebbe stata costretta a sganciarsi dal carro dell’unione monetaria con ripercussioni fondamentali per l’intero processo d’integrazione europea. Di conseguenza, le risorse vennero vincolate a una serie di riforme strutturali che l’Italia avrebbe dovuto realizzare da anni, ma che il sistema politico non era stato in grado neanche di mettere in cantiere.



Oggi, un tema di interesse precipuo per l’Italia (e per Grecia e Spagna) è stato posto all’ordine del giorno della riunione dei Capi di Stato e di Governo dell’Ue – quello delle immigrazioni – dopo oltre due anni (in cui Governi del nostro Paese avevano tentato di farlo, ma mancavano dell’autorevolezza per riuscirci). Soprattutto, si è giunti a delineare una strategia. Alcuni commentatori diranno che il bicchiere è mezzo vuoto perché non si prevede né una modifica delle clausole del Trattato di Lisbona, né un programma di ricollocamento dei migranti, né l’obbligo delle navi delle Organizzazioni non governative di assistenza umanitaria di dirigersi verso i porti dei Paesi di cui battono bandiera e lì sbarcare i migranti. Si è ottenuto di meno. Era, però, un’illusione pensare che Governi che per anni non hanno neanche voluto mettere l’argomento sul tavolo delle discussioni, dato che interessa particolarmente l’Italia (e Grecia e Spagna), sarebbero stati disposti a una “rivoluzione copernicana” su questo tema.



Si è giunti a un “approccio pragmatico e flessibile”- come recita il comunicato – tramite il quale le istituzioni dell’Ue e dei singoli Stati membri in stretta cooperazione con le agenzie specializzate delle Nazioni Unite (Alto commissariato per i rifugiati e Organizzazione mondiale delle migrazioni) prendano in considerazione l’intero tragitto, affrontando le cause profonde, sostenendo i rifugiati e gli sfollati nella regione, sviluppando capacità di gestione della migrazione, eradicando il traffico e la tratta di migranti, rafforzando i controlli alle frontiere, cooperando in merito a ricerca e soccorso, affrontando la migrazione legale nel rispetto delle competenze nazionali e garantendo il ritorno e la riammissione. Non si tratta solo di buone intenzioni perché entro l’autunno 2021, ossia pochissimi mesi, devono essere elaborati piani d’azione per i Paesi di origine e di transito prioritari indicando obiettivi chiari, ulteriori misure di sostegno e tempistiche concrete. Il bicchiere in materia di strategia e soprattutto misure di politica europea di migrazione è da considerarsi almeno mezzo pieno.



Il successo è stato ottenuto senza dubbio a ragione di quella che può essere chiamata una congiuntura favorevole per il Governo. L’Esecutivo ha ereditato una bozza di Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) duramente criticata dalla Commissione europea (soprattutto perché conteneva poco o nulla in materia di riforme – in specie di giustizia), e in poche settimane lo ha rivoltato come un calzino giungendone all’approvazione da parte della Commissione. Ha acquisito una grande statura nel consesso europeo perché i protagonisti degli ultimi anni sulla scena dell’Ue stanno diventando comprimari o uscendo dal palcoscenico. Dopo oltre tre lustri, Angela Merkel è sul viale del tramonto e non si vede un potenziale successore della sua statura. Emmanuel Macron ambiva a esserlo, ma i risultati delle recenti elezioni regionali in Francia suscitano molto dubbi sulla probabilità che resti a lungo inquilino dell’Eliseo.

Un’Ue a trazione italiana non è un miraggio ma una possibilità. Ciò ha una conseguenza importante: questa possibilità difficilmente si potrebbe realizzare in caso di trasloco di Draghi da palazzo Chigi al Quirinale.

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