Pochi sembrano essersene accorti ma il breve Consiglio europeo, informale e straordinario, tenutosi in via telematica la sera del 28 ottobre potrebbe essere ricordato, in futuro, come un momento importante della storia dell’Unione europea per due motivi: a) si è posta una pietra angolare verso una strategia sanitaria europea (le politiche sanitarie restano comunque competenza e campo di azione dei singoli Stati dell’Unione); b) si sono superate (almeno per una sera) differenze e distanze che hanno ostacolato e ostacolano il cammino verso la definizione e attuazione del programma Next Generation Eu e quindi il Resilience and Recovery Fund.
La Commissione ha presentato un piano in otto punti per limitare la diffusione del coronavirus, intensificare i test mirati, rafforzare il tracciamento dei contatti, migliorare i preparativi per le campagne di vaccinazione, mantenere l’accesso a forniture essenziali e nel contempo garantendo la circolazione di tutte le merci nel mercato unico e agevolando la sicurezza degli spostamenti. Vengono, tra l’altro, mobilitati subito 100 milioni di euro per acquistare test antigenici rapidi e consegnarli agli Stati membri per utilizzarli a chi viaggia per l’Ue una volta arrivato alla sua destinazione.
Il Consiglio, convocato d’urgenza, ha valutato l’attuale situazione epidemiologica. I Capi di Stato o di Governo hanno accolto con favore i progressi finora compiuti in materia di coordinamento generale a livello di Ue nella lotta contro il Covid-19, compresa la raccomandazione per un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione. Hanno convenuto di proseguire lo sforzo di coordinamento per quanto riguarda: norme di quarantena, tracciamento transfrontaliero dei contatti, strategie in materia di test, valutazione congiunta dei metodi diagnostici, limitazione temporanea dei viaggi non essenziali verso l’Ue.
Hanno, in particolare, delegato alla Commissione due aspetti chiave della strategia sanitaria: a) la preparazione di proposte in materia di restrizioni alla libertà di circolazione all’interno dell’Ue durante la pandemia; b) la trattativa tra l’Ue e le case farmaceutiche produttrici di vaccini, appena il vaccino sarà pronto e sarà stato autorizzato dall’Agenzia europea del farmaco (Ema), prevedibilmente fra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio.
La prima delega poteva essere abbastanza scontata, dato che è essenziale che le proposte vengano formulate da un’autorità “neutra” poiché implicano anche la veloce implementazione e l’utilizzo coordinato delle App di tracciamento, la definizione della durata delle quarantene, da uniformare in tutto il territorio dell’Ue, i test rapidi negli aeroporti. Meno scontata la seconda che implica trattative con “giganti del farmaco” allo scopo di poter ottenere dalle 20 alle 50 milioni di dosi di vaccino al mese a partire da aprile. Secondo le stime della Commissione le persone vaccinate in Europa saranno 700 milioni, “potendo così fare delle donazioni ai Paesi più bisognosi”. Da questa nuova atmosfera stanno nascendo altre idee di convergenza assolutamente inattese fino a un anno fa. Un attento osservatore dei temi europei ha ricordato che “Jean Monnet diceva che la costruzione dell’unità europea sarebbe avvenuta attraverso le crisi e forse quanto sta avvenendo ne è la conferma”.
Ciò ha ramificazioni immediate per l’Italia – e non è chiaro quanto il nostro Governo ne abbia consapevolezza: la predisposizione di un programma di vaccinazioni di livello e quindi comprehensive, in parallelo con la messa a punto del programma di riforme e di progetti (di investimento e non solo) per il Recovery fund. Ciò richiede uno sforzo concettuale e organizzativo complesso e che comporta azione coordinate da vari livelli di governo, e da vari livelli d’amministrazione. È una prova importante per un Esecutivo, i cui dissidi interni non hanno consentito di utilizzare i mesi dell’estate per mettere in atto neanche una tattica per preparare il Paese a una seconda, e più grave, ondata della pandemia e utilizzare gli strumenti esistenti – tra cui lo sportello sanitario del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) – per fornire le armi essenziale al nostro Sistema sanitario nazionale. Potrà farlo con la stessa squadra e lo stesso conducente?
A ragione dei tentennamenti nell’azione e nella comunicazione sperimentati nei mesi scorsi, c’è da dubitarne. Un segnale positivo si potrebbe avere se il Governo adisse subito al Mes sanitario per rafforzare immediatamente il Ssn. Lo si vedrà nei prossimi giorni.