Ursula von der Leyen – chiamata a gran voce un anno fa dall’ex premier (cattolico) Romano Prodi come madrina del ribaltone italiano e del Conte-2 – non è certo il primo volto di un’arcigna Europa anti-cattolica. E poco conta che la presidente della Commissione – firmataria della guideline di chiusura delle chiese per le celebrazioni natalizie – appartenga a un partito che in Germania si riconosce come “cristiano” (von der Leyen è evangelica di radici luterane).
A Bruxelles l’avversione laicista verso le confessioni religiose – e il cattolicesimo in particolare – alberga da molti anni. a dispetto del fatto che due padri fondatori dell’Unione (il tedesco Konrad Adenauer e l’italiano Alcide De Gaperi) fossero cattolici praticanti. Non è ancora sopito il ricordo del lungo confronto sul progetto di Costituzione Ue, poi in parte abortito e rifuso nel Trattato di Lisbona. Le tenacissime resistenze interne alla commissione guidata da una tecnocrate come l’ex presidente francese Valery Giscard D’Estaing ebbe ragione di tutte le proposte e raccomandazioni di inserimento nel testo un richiamo esplicito alle “radici cristiane dell’Europa”. L’appello più importante – fra quelli respinti al mittente – venne direttamente da Papa Benedetto XVI.
L’episodio più clamoroso di cancel culture anti-cattolica dilagante nei palazzi Ue ha però avuto per protagonista un uomo politico italiano. Nel 2004, quando José Barroso subentrò a Prodi al vertice della Commissione, il governo Berlusconi-2 indicò Rocco Buttiglione – ministro in carica per le politiche comunitarie – come commissario Ue. Gli era stato riservato il portafoglio “Giustizia, libertà e sicurezza”. La designazione fu tuttavia respinta a Strasburgo dopo una presa di posizione assunta da Buttiglione durante le audizioni istituzionali. A una domanda rivoltagli da un parlamentare olandese del Pse, il politico italiano rispose: “Come cattolico considero l’omosessualità un peccato, ma non un crimine”. Tanto bastò perché le porte della Commissione gli venissero ermeticamente richiuse, costringendo infine il governo italiano a ritirare la candidatura puntando sul laico Franco Frattini.
Nessun problema ebbe invece, nel 2004 la candidatura dell’olandese Neelie Kroes per la cruciale casella dell’Antitrust Ue. Eppure già allora l’avvocatessa d’affari era molto chiacchierata per sospetti di conflitto d’interesse con importanti gruppi europei. Sospetti che furono infine confermati nel 2016, quando i cosiddetti “Panama papers” rivelarono che Kroes aveva taciuto all’epoca un incarico in una holding alle Bahamas. Nel frattempo Kroes aveva già attivamente giocato la sua poltrona Ue nella partita delle Opa bancarie italiane del 2005 che vedeva impegnata l’olandese Abn Amro su AntonVeneta. L’oppositore della “conquista” olandese del sistema bancario italiano era il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio: noto per il suo cattolicesimo convinto e praticante, nonché poco entusiasta dell’Europa tecnocratica e turbofinanziaria. Un anno dopo il caso Buttiglione, anche lui fu però vittima di una traumatica estromissione dall’incarico, seguita da lunghi processi penali: conclusisi con assoluzioni piene solo dieci anni dopo.