Si comincia a domandarsi con realismo: a che cosa serve un’Europa con queste istituzioni incoerenti e con questa politica che non riesce a trovare una linea che scongiuri disastri sempre più prossimi in campo militare e sempre più costanti in quello economico?
Intendiamoci bene, la domanda non intende essere usata per contrastare e addirittura affossare “l’idea dell’Europa”, la volontà di perseguire con tenacia un’autentica Unione Europea come si è pensato fin dal secondo dopoguerra. Con più forza e più volontà dei tentativi che risalivano addirittura alla fine della prima guerra mondiale. Lasciamo a stravaganti nazionalisti l’idea povera e peregrina che, già prima ma ancor più adesso nell’attuale contesto mondiale, non serva una vera unità europea.
Anche in passato, appunto, si sentiva la necessità di un’Europa unita. C’erano state visioni anche elitarie (che non ebbero un seguito), ma pure un uomo come Filippo Turati, uno dei leader storici del riformismo marxista a livello internazionale, parlò di “Stati Uniti d’Europa”.
E in seguito, durante la tragedia dei totalitarismi del XX secolo e durane la seconda guerra mondiale, ci fu chi studiò e scrisse con passione sulla scelta e la necessità sociale, politica, istituzionale e culturale di un’Europa unita.
Proprio in quel periodo, conviene sempre ricordarlo, dal carcere di Santo Stefano, davanti all’Isola di Ventotene, tre antifascisti (Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni) scrissero il manifesto che proponeva la creazione di un sistema basato sull’interdipendenza degli Stati. Una casa comune in cui sarebbe scomparso ogni motivo di vecchi attriti. Nello specifico, si immaginava una federazione con un Parlamento eletto a suffragio universale.
Le istanze europeistiche furono condivise da molti politici del tempo come i francesi Jean Monnet e Robert Schuman, dal tedesco Konrad Adenauer e dall’italiano Alcide De Gasperi. Furono quelle idee e quegli uomini a dare impulso all’Unione Europea su cui in tanti hanno sperato, passando attraverso i numerosi trattati sottoscritti.
Lasciamo perdere quello che è seguito alla firma del Trattato di Maastricht e veniamo a quello che sta accadendo oggi paragonandolo alla partenza ideale dell’Unione Europea.
Oggi ci sono due guerre in corso e la prima sta nel cuore dell’Europa dal 24 febbraio 2022, da quando la Federazione Russa ha deciso quella che ha chiamato “operazione militare speciale” contro l’Ucraina. C’era già stata nel 2014 l’invasione russa della Crimea e quasi tutti sembravano addormentati o, per meglio dire, “sonnanbuli”. Ciò a cui si sta assistendo oggi, dopo due anni di guerra, è l’esatto contrario dell’idea di Europa che hanno avuto i fondatori e gli uomini politici che hanno siglato i trattati.
Una “operazione militare” che doveva durare al massimo due settimane ha superato ormai i due anni di tempo. Ma ha soprattutto rivelato tra i 27 Paesi europei e tra i vari gruppi nazionali che stanno in un Parlamento con poco peso politico, quasi impotente, divisioni che, paragonate al Manifesto che dichiarava la volontà di “dimenticare i vecchi attriti”, sono inquietanti. Senza pensare che prima o poi la guerra del Medio Oriente potrebbe toccare anche l’Unione Europea.
Inutile, ripetiamo, parlare di Costituzioni mancate, Stati inesistenti, contraddizioni spaventose; ma è possibile che ci siano Paesi che si dividono tra chi vuol entrare in Ucraina “con gli stivali”, mandare cioè soldati a combattere direttamente contro i russi scatenando un conflitto mondiale, e Paesi che invece si schierano dalla parte dei russi?
Forniamo solo un piccolo e breve esempio.
Il ministro degli Esteri polacco Sikorski ha affermato che Varsavia non è pronta a fornire all’Ucraina garanzie di sicurezza simili a quelle delle Nato. Parliamo della Polonia, che non è mai andata d’accordo con tedeschi e russi e pareva il Paese più schierato a favore dell’Ucraina.
Poi arriva la soffiata di un noto giornalista americano, Seymour Hersh, che ha scritto che il presidente ucraino Zelensky è stato minacciato – dagli Usa – di non ricevere più finanziamenti.
E poi naturalmente arriva l’ungherese Viktor Orbán ad affermare che tra Russia e Ucraina non c’è “una partita di calcio” in cui è necessario sostenere qualcuno, quindi lui, in teoria, non sostiene nessuno e aggiunge che non si sente in guerra con nessuno. Guarda, naturalmente, con un occhio di favore a Mosca. Poi c’è il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dacic, che incontra il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov irritando Bruxelles.
A questo punto qualcuno dalla Duma russa scandisce a una tv francese: “Uccideremo tutti i soldati francesi che arriveranno sul suolo ucraino. Voi francesi state provocando la terza guerra mondiale”.
E mentre il presidente cinese XI Jinping andrà in Francia per convincere i Paesi europei a invitare la Russia al vertice sull’Ucraina in Svizzera, altrimenti lui boicotterà quel vertice, Josep Borrell da Bruxelles spiega: “Noi non facciamo parte di questo conflitto. Stiamo aiutando l’Ucraina e dobbiamo preparaci per il futuro rafforzando le nostre difese”.
Sembrano frasi, sequenze che lasciano spazio a tutto, ma principalmente alla preparazione di un conflitto piuttosto che a un’operazione diplomatica se non di pace, almeno di un lungo cessate il fuoco.
Accanto a questo tragico polverone che impaurisce il mondo, a Mosca sono arrivati affiliati dell’ISIS per un attentato crudele di cui non si possono immaginare le conseguenze. Un fatto incredibile e preparato con puntualità esasperante.
In questo quadro talmente caotico che fa letteralmente tremare il mondo per l’abitudine, è lecito chiedersi: ma l’Europa, concretamente, che ha in 27 Paesi quasi 27 politiche differenti, non rischia di diventare un bluff senza interrogativo, come sostiene Lucio Caracciolo?
E per carità di patria ci siamo fermati a parlare di un sempre più possibile scontro bellico. Se passiamo poi ai problemi economici, con una crescita zero per il 2024 e operazioni finanziarie programmate contro la Russia, quale futuro ci attende prima e dopo queste elezioni europee, che in Italia si vivono soprattutto come un’appendice italiana?
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