“L’Ue deve fermare l’import sleale”. A dirlo, come riportato da Il Sole 24 Ore, sono gli agricoltori. I prodotti low cost che arrivano dall’estero sono sempre di più, anche se spesso vengono sottovalutati i rischi per la salute dei consumatori e per l’ambiente. Il prezzo più ridotto infatti sono derivanti anche dalle regole più blande sul controllo di qualità e sicurezza in vigore nei Paesi di provenienza. È per questo che si parla di concorrenza non onesta: gli standard non sono gli stessi.



I cibi coinvolti nella questione sono numerosi. Le mele importate dal Brasile hanno per il 70% tracce di pesticidi vietati, come il clorpirifos che può danneggiare il cervello dei bambini fino a causare disabilità psichiche. Lo stesso vale per il riso proveniente dalla Cina. Le nocciole della Turchia invece vengono coltivate con lo sfruttamento del lavoro minorile. Anche l’allevamento non è esente. In Paesi come l’Uruguay e l’Argentina i produttori locali possono utilizzare antibiotici proibiti e sottovalutare il benessere degli animali. Oltre i confini, insomma, tutto è permesso. 



“Ue fermi l’import sleale”, l’appello degli agricoltori per contrastare il fenomeno

“Ci vuole un minimo comun denominatore di regole che valgano per tutti, come ai tempi del multilateralismo”, ha affermato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, chiedendo in rappresentanza del settore all’Ue di fermare l’import di questo genere. “È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini europei rispettino gli stessi criteri. Anche per questo saremo a Bruxelles con migliaia di agricoltori, per chiedere l’introduzione del principio della reciprocità e tutelare le nostre aziende dal rischio di concorrenza sleale”.



Anche la Cia-Agricoltori ha lanciato l’allarme sul tema, stilando un elenco di sorvegliati speciali molto lungo. “È necessario un impegno per la definizione di accordi commerciali equilibrati, che tengano in considerazione gli impatti cumulativi e che prevedano una accurata fase di controllo delle misure introdotte. Quando l’agroalimentare Ue si mostra unito e gioca all’attacco, seppur con i necessari aggiustamenti in corso d’opera, i negoziati commerciali riescono a esprimere le loro potenzialità, come nei casi del Ceta e del Jefta”, questo l’appello.