L’Ue nel mirino della critica per aver dato vita un “ministero della verità” orwelliano con il suo nuovo piano per reprimere ciò che considera “disinformazione online”. Secondo il regolamento, i responsabili del web dovrebbero dare priorità ai consigli forniti loro da una rete approvata da Bruxelles di “segnalatori attendibili” e fact-checkers che monitorano le informazioni pubblicate online.



Cristian Terhes, un eurodeputato rumeno, ha sostenuto che il Digital Services Act (DSA) conferisce poteri sufficienti per pronunciarsi su quali contenuti ritiene siano e non siano veri quando pubblicati su alcuni dei più grandi siti web del mondo. Ecco la sua analisi ai microfoni del Telegraph: “La Commissione Europea ha preso spunto da 1984 di Orwell e ha chiesto che gli stati membri dell’UE istituiscano ministeri della verità sponsorizzati dal governo per garantire che pensieri sbagliati e parole vietate non siano ammessi nello spazio digitale”.



“Ue ha introdotto il ministero della verità orwelliano”

“Sicuramente in una società democratica è il pubblico che ascolta o ha accesso a tutti gli argomenti, che è quello che decide sulla verità o sull’attrattiva di determinati fatti, idee o partiti”, ha aggiunto Terhes: “Ovviamente spetta alle persone ascoltare e decidere cosa ritengono vero o desiderabile piuttosto che agli organi governativi”. Il regolamento, entrato in vigore il 25 agosto, stabilisce la necessità che i 27 Stati membri dell’UE istituiscano una rete di “segnalatori attendibili”, esperti con precedente esperienza nel monitoraggio di contenuti dannosi o illegali. Il piano è stato progettato per stabilire nuovi standard per il controllo dell’incitamento all’odio, della disinformazione e della contraffazione online e deve essere seguito da tutte le grandi piattaforme digitali. I nuovi standard sono stati introdotti per affrontare il modo in cui aziende come Google, Amazon e Facebook operano in Europa, ma saranno estesi ai siti web e alle piattaforme online che attirano 45 milioni di utenti mensili. Diciannove piattaforme, tra cui Instagram e TikTok, sono state costrette ad imporre obblighi speciali ai sensi del regolamento.

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