Comincia domani una settimana cruciale per l’Italia e per l’Unione Europea. Martedì la riunione in Parlamento, dove si dovrà decidere sull’intervento di aprile, con una stanziamento superiore al decreto di marzo. Poi si aprirà un dibattito sull’appuntamento di giovedì 23, il giorno del summit dei capi di Stato e di governo dell’Ue, che segnerà probabilmente una svolta nella storia recente dell’Europa.



C’è una decisione urgente da prendere, che è stata appena abbozzata dall’Eurogruppo dei ministri finanziari di una settimana fa e che riguarda gli stanziamenti da mettere in campo al più presto per affrontare due situazioni micidiali: la tragedia della pandemia, che sta uccidendo migliaia di persone soprattutto in Italia, in Spagna e in Francia, ma anche, in misura minore a quanto si dice, in altri Paesi dell’Unione; quindi il drammatico blocco della produzione, con il lockdown, la chiusura di ogni attività che provocherà una crisi economica che è già stata prevista con percentuali da paura. E su questo lockdown in Italia ci sono posizioni contrapposte.



Si è già trattato nell’Eurogruppo dei ministri finanziari, ma si dovrà decidere nel Consiglio europeo del 23 aprile. Il nodo della questione è come affrontare l’enorme portata degli stanziamenti da fare. Si continua a discutere tra esperti di finanza e di politica economica su un punto centrale: il summit deciderà interventi di carattere mutualistico, di aiuti da rimborsare a lunga scadenza, oppure si decideranno condizioni di prestiti a determinate condizioni?

Al momento, si sa che la Bce è già pronta a comperare i titoli degli Stati in difficoltà per svariate centinaia di miliardi. Poi si è mobiliata la Bei (la banca degli investimenti) con 200 miliardi di euro: Si è approntato il Sure, uno strumento che interverrà per dare un supporto alla cassa integrazione con altri 100 miliardi di euro. Ma alla fine c’è la parte più consistente di un piano di aiuti, di un fondo che dovrebbe partire da 500 miliardi iniziali per poi essere ampliato.



È nota la divisione tra i Paesi del Nord Europa, “rigoristi” per eccellenza, con l’Olanda in testa, che rifiutano la modalità mutualistica degli eurobond. Dall’altra parte, italiani e spagnoli insistono soprattutto su questa mutualità, sulla condivisione del debito. La Germania non sembra d’accordo e sembra che faccia dell’Olanda il suo portavoce, ma c’è la Francia di Emmanuel Macron che media e si affianca, a quanto sembra, a Italia, Spagna e Portogallo per puntare su un fondo di solidarietà.

È difficile prevedere quale tipo di soluzione verrà presa. Intanto si discute animatamente, in modo spesso incomprensibile, sul Mes e sugli eurobond, che poi vengono assimilati o confusi con i recovery bond. Basta pensare che in questa confusione devono essere caduti gli europarlamentari italiani che si sono divisi, in un modo quasi incomprensibile. Su un punto Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro. Su un altro punto, si sono trovati d’accordo Pd e Forza Italia, ma non i 5 Stelle. Sul documento finale nell’ultima riunione del Parlamento europeo i grillini hanno di fatto votato in parte contro, in parte si sono astenuti, in parte sono usciti dall’aula.

Di fatto la maggioranza italiana si è spaccata e la maggioranza europea, che si regge sui 14 voti dei 5 Stelle, è fortemente a rischio.

A questo punto il nostro primo ministro deve mettere in campo tutta la sua capacità manovriera. Nell’ordine: deve trovare una sorta di difficilissimo (forse impossibile) accordo con l’opposizione, deve mediare all’interno della maggioranza che presiede, ma soprattutto deve trovare un dialogo costruttivo con i singoli Stati europei, che sembrano andare un po’ ognuno per conto proprio. Missione difficile, ma non impossibile per un leader popolare affermato – alcuni sostengono – come Giuseppe Conte.

La mediazione da raggiungere nell’interesse dell’Italia è quella che preveda una grande condivisione, senza condizionamenti eccessivi dei prestiti e del debito da contrarre. La speranza è che il presidente del Consiglio riesca nel suo intento, perché la situazione con il passare dei giorni è sempre più critica.

C’è chi ha fatto calcoli drammatici. In cinque anni, durante la seconda guerra mondiale, a Milano, ci furono duemila civili morti sotto i bombardamenti. Oggi, in Lombardia, il coronavirus ha già fatto quasi 12mila morti. Poi c’è una crisi sociale che comincia a emergere in modo preoccupante. C’è già chi fa il conto delle imprese che non si apriranno. Poi ci sono 3 milioni e 700mila italiani che da un mese e mezzo non hanno più reddito.

È evidente come l’europeismo, in questi giorni, in Italia sia ai minimi termini. Il summit di giovedì può diventare un’occasione di rilancio. Si potrebbe parlare dei vari errori che hanno portato, oltre all’esplosione del coronavirus, a una situazione del genere. Ma è meglio non scomodare la memoria degli italiani. Mirella Serri scrisse nel 2005 un libro famoso, I redenti, storia dei tanti opportunisti che hanno cavalcato diverse posizioni politiche. L’Italia era sempre apparsa a un uomo come Giorgio Amedola “un festival di redenti”. Meglio lasciar perdere e sperare che si riesca a portare a casa qualche cosa da Bruxelles.

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