“Quando ciascuno ebbe tinta la mano, Quando quel fumo si sparse lontano, Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava All’orizzonte del cielo di Praga…”. Così Francesco Guccini raccontava, a suo modo, la Primavera di Praga del 1968.

I tristi fatti di questi giorni sembrano riportarci, ahimè, ai tempi della Cortina di ferro e a una guerra, peraltro, non più tanto “fredda”. Le cose sono, tuttavia, molto cambiate: la Cecoslovacchia, ad esempio, non è esiste più e le due repubbliche che ne sono derivate, quella Ceca e quella slovacca, fanno oggi parte dell’Unione europea. Dal primo luglio il Governo di Praga è, addirittura, presidente di turno.



Sebbene, visto il quadro internazionale, le priorità della presidenza ceca siano, ovviamente, molto centrate sui temi geopolitici, non mancano, come sempre, preziosi spunti anche sui temi più “banalmente” economici e sociali.

Per far fronte, ad esempio, all’ondata di profughi senza precedenti derivante dall’aggressione della Russia contro l’Ucraina si ritiene sempre più necessaria la cooperazione e la solidarietà europea. In questo quadro l’esecutivo guidato dal liberal (conservatore?) Petr Fiala sosterrà, in questi mesi, un’integrazione rapida ed efficace dei rifugiati, in particolare donne e bambini, provenienti dall’Ucraina colpita dalla guerra, nei mercati del lavoro e nelle società dei vari Stati membri con particolare attenzione alla possibilità di accesso dei bambini all’istruzione prescolare e ai servizi per l’infanzia.



Allo stesso tempo, si evidenzia come l’invecchiamento della società europea, l’introduzione di nuove tecnologie, la digitalizzazione dell’industria e dei servizi e il passaggio a un’economia “carbon free” richiederanno un generale (ri)adattamento dei lavoratori e il miglioramento complessivo dei servizi per istruzione e per l’impiego con un particolare riferimento alle misure per l’inserimento di persone con disabilità.

Le transizioni, digitale ed ecologica, insomma, come dimostrano anche le prime analisi economiche sulla guerra in corso, avranno, e stanno già avendo, implicazioni importanti sui mercati del lavoro con particolare attenzione alle fasce più deboli e alle persone, in molti casi, già sofferenti prima della crisi ucraina.



La risposta è auspicabile sia europea o che, perlomeno, guardando alle specificità dei vari Paesi membri, sia il frutto di una riflessione su quelle esperienze che, a partire del livello comunitario, possono essere individuate come “best practices” da implementare, con tutti gli opportuni correttivi del caso, anche nel nostro Paese.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI