Come previsto, la Commissione europea non ha bocciato la Legge di bilancio italiana, ma ha evidenziato il rischio che il nostro Paese non rispetti il Patto di stabilità e crescita, soprattutto nell’ambito della riduzione del debito pubblico. “Invitiamo tutti gli Stati a rischio di non rispetto del Patto a prendere le misure necessarie all’interno del processo nazionale di bilancio per assicurare che il bilancio 2020 rispetti le regole”, ha detto il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis, spiegando che “gli Stati membri con livelli di debito molto elevati, come il Belgio, la Francia, l’Italia e la Spagna, dovrebbero approfittare della minore spesa per interessi per ridurre il loro debito. Dovrebbe essere questa la loro priorità”. Bruxelles tornerà quindi a valutare i nostri conti pubblici in primavera, quando ci sarà verosimilmente una nuova Commissione. «È come se fossimo stati rinviati a un esame di riparazione, ma questa vicenda si collega al caso Mes», ci dice Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.



Qual è il collegamento?

Con il Mes un Paese verrebbe aiutato senza alcuna sorta di “commissariamento” solamente se rispetta le regole europee. Come ci è appena stato reso evidente, siamo molto a rischio in questo senso, ragione per cui non dobbiamo assolutamente ratificare le nuove regole che si vogliono approvare per il Mes. Altrimenti per farci finanziare saremmo costretti a essere commissariati e a diventare vittime di una “spoliazione” da parte di Francia e Germania, ovvero i principali creditori. Con tutte le dovute differenze del caso, rivedremmo quanto accaduto in Grecia.



Non firmare la riforma del Mes eviterebbe quindi questo rischio.

Sì, ma a quel punto ci troveremmo in difficoltà con l’Europa e con la probabilità di incorrere in sanzioni, come avvenuto all’inizio dell’anno. Dovremmo non firmare le nuove regole del Mes (anche perché è forte il rischio che i fondi che andremmo a versare verrebbero gestiti da Francia e Germania tramite un sistema tecnocratico che sarebbe anche fuori dal controllo del Parlamento europeo), ma non possiamo certamente permetterci di essere multati dall’Ue per inadempienza: avremmo una difficoltà economica, con sanzioni, e senza nessuna politica fiscale europea. D’altra parte non è così difficile tagliare le spese, invece che aumentare delle imposte sgradite, e quindi chiudere i buchi di questo bilancio. Bisogna però che il Governo cambi la manovra. E su questo dovrebbe intervenire il Presidente della Repubblica.



Perché chiama in causa il Capo dello Stato?

Sappiamo bene che il Presidente della Repubblica può rimandare al Parlamento delle leggi chiedendo delle modifiche. In questo caso saremmo di fronte a una questione di politica internazionale e credo che Mattarella non voglia proprio che l’Italia sia multata.

Dunque Mattarella dovrebbe fare pressione per far cambiare la manovra. In quale direzione?

Deve fare pressione perché ci siano cambiamenti nella manovra in modo che si basi sulla riduzione delle spese e possibilmente su qualche investimento in più, perché in questo modo, non essendoci una politica fiscale europea, che difficilmente questo Governo può ottenere, si potrebbe far qualcosa per non arrendersi alla stagnazione. È chiaro che tutto questo fa sorgere un problema di crisi di Governo.

Sta dicendo che potrebbe nascere una crisi di Governo per un pressing di Mattarella?

Verrebbe sicuramente meno la pretesa del Governo di durare con l’aiuto del Presidente della Repubblica. A Mattarella sicuramente non piacerebbe essere un Presidente commissariato. Come nel caso dell’Ilva, si batterà perché non si dica che durante il suo mandato l’Italia è stata svenduta.

Se la manovra non verrà cambiata il “colpo di grazia” per il Governo potrebbe esserci con le elezioni di gennaio?

Indipendentemente dal loro esito, si nota un aumento delle incompatibilità nella maggioranza e non si vede una linea coerente. Anche l’atteggiamento di Renzi certamente non aiuta. Non vedo come il Governo possa proseguire la sua esperienza.

(Lorenzo Torrisi)

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