L’Ue potrebbe mettere a rischio la commercializzazione di 600 farmaci ritenuti essenziali. Il motivo, come riportato da La Verità, sta nei divieti imposti in merito all’utilizzo di sostanze chimiche difficili da smaltire, come alcuni Pfas. Una causa nobile, ma che potrebbe ripercuotersi sui pazienti. A lanciare l’allarme è stata la Federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche.
L’Efpia “sostiene la necessità di limitare alcuni Pfas”, ma, sottolinea in una nota, le norme proposte dalle autorità competenti di Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia all’Europa, che limitano l’uso di 10.000 sostanze chimiche, potrebbero avere delle “conseguenze irreparabili su molti settori industriali” nonché “impatti negativi sproporzionati sull’economia e sulla società europea”. È per questo motivo che la Federazione ha chiesto una deroga per evitare che l’industria non arrivi al punto di “non essere più in grado di produrre principi attivi o prodotti farmaceutici”. In totale, secondo le previsioni, salterebbero, infatti, almeno 47.677 autorizzazioni all’immissione in commercio.
Ue mette a rischio 600 farmaci essenziali: le nuove norme sui Pfas
Le nuove norme dell’Ue sull’uso dei Pfas non soltanto mettono a rischio la produzione di molti farmaci essenziali, ma creano anche dei problemi dal punto di vista dell’economia. A parlarne senza mezzi termini è stata Nathalie Moll, direttore generale dell’Efpia. “Un divieto totale, oltre a bloccare il lavoro delle case farmaceutiche in meno di tre anni, entrerebbe anche in conflitto con la strategia dell’Europa che prevede di ridurre la dipendenza dalle nazioni al di fuori del See in caso di carenze o pandemie”. L’aspetto paradossale infatti è che a beneficiarne potrebbero essere Paesi come la Russia e la Cina.
La Federazione in tal senso non ci sta. “Sebbene sia necessario ridurre al minimo i Pfas, l’approccio dovrebbe essere quello di garantire la produzione e la disponibilità continua di medicinali per i pazienti in Europa”, ha concluso l’esperta.