La visita resa a papa Francesco da David Sassoli, Presidente del Parlamento Ue, ha avuto riflessi mediatici minimi: anche in Italia. Eppure il ruolo istituzionale di Sassoli – chairman della sede massima della democrazia politica dell’Unione – rendeva l’incontro del tutto non routinario. Per di più – si è letto in qualche titolo – il presidente dell’Europarlamento si è affannato a condividere con il Pontefice l’appello “L’Europa deve salvare i migranti”.



Aprire canali di accesso all’Europa per i migranti dal Nordafrica è anche un punto qualificante dell’agenda di governo di Mario Draghi. Che l’ha riposta – in termini chiari e franchi – non più tardi di giovedì scorso al Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Ue. Ma ancora una volta la risposta dell’Europa alle richieste di rielaborare con urgenza politiche comuni sui flussi migratori in chiave di condivisione reale è stata evasivamente elusa da Germania, Francia, Spagna e altri Paesi-membri, oltreché, non ultima, dalla Commissione di Bruxelles. È stato giudicato più urgente mettere sotto accusa l’Ungheria per la presunta intonazione omofoba di alcune riforme scolastiche. I migranti africani – a otto anni dagli Accordi di Dublino – possono attendere ancora (a Lampedusa, “in conto Pnrr”). E altrove possono venire tranquillamente respinti con muri e armi (come in Grecia o Spagna) e finanziamenti ad autocrati islamici, come il turco Erdogan.



Sassoli aveva comunque più di un motivo per tenere bassa la visibilità di una visita in Vaticano che di obiezioni imbarazzanti ne avrebbe potuto sollevare parecchie (chissà se alcune non sono state sollevate proprio dal Papa). La prima è evidente: il Presidente dell’europarlamento è convinto che l’Europa (la sua) “debba salvare i migranti” (come sollecita anche il Papa)? Allora faccia un gran discorso a Strasburgo e lo invii con preghiera di pubblicazione a tutti i grandi media europei. Dica: “È uno scandalo che il Consiglio Ue e la Commissione continuino a chiudere gli occhi davanti al dramma epocale dei flussi migratori. Il Presidente dell’europarlamento è a fianco del Premier italiano nel pretendere un’Europa forte e solidale, all’altezza di se stessa in questo passaggio storico”.



Da ultimo, Sassoli avrebbe potuto portare nelle mani del Papa una polemica lettera di dimissioni: come quella con cui il suo ex segretario Nicola Zingaretti ha lasciato il Pd per “senso di vergogna”. Sassoli avrebbe perfino potuto portare acqua  – politicamente non illegittima – a uno dei discorsi-guida con cui Enrico Letta sta tentando di ricostruire il partito dem in Italia (S&D in Europa è invece meno convintamente “accoglizionista”). Tutto invece, dell’incontro nella Biblioteca vaticana, si è ridotto a una piccola photoppotunity, seminascosta sui media.

Può anche darsi che la ragione (o una seconda ragione) di un basso profilo mediatico –  comunque singolare per un dem romano d’adozione come Sassoli – sia stata un’altra. Il Presidente dell’europarlamento ha infatti reso  visita a al Capo di uno Stato (in territorio europeo ma non aderente all’Ue) che in questi giorni ha compiuto un passo diplomatico impegnativo verso uno Stato fondatore dell’Ue – l’Italia – avanzando riserve su una normativa in cantiere contro l’omotransfobia. E la Santa Sede è intervenuta – per certi versi in direzione opposta – sullo stesso terreno sul quale il Consiglio Ue ha appena attaccato con grande clamore l’Ungheria di Victor Orban (leader che si proclama cattolico, a capo di una forza politica a lungo accolta nel Ppe; premier di un Paese nel quale il Papa ha programmato una visita che si annuncia come l’inizio di una nuova fase di attenzione verso l’Europa).

Sassoli ha incontrato il Papa (il vescovo di Roma) nello stesso giorno di un gay pride italiano molto accentuato in senso anticattolico e anti-ecclesiale e soprattutto molto sostenuto dal (suo) Pd. Ha varcato il portone di bronzo poco dopo che il Premier Draghi ha dovuto ribadire la laicità costituzionale della Repubblica italiana sotto pressione polemica di un fronte pro-Ddl Zan che ha il Pd al suo centro. E nessuno può dimenticare la laicità assunta anche dalla più controversa Costituzione Ue, che ha cancellato a prescindere ogni riferimento alle sue “radici cristiane”.

L’attuale Presidente S&D dell’europarlamento conferma nel frattempo di essere un politico cattolico italiano molto diverso da Rocco Buttiglione, che alcuni anni fa – nelle file del Ppe – rinunciò all’incarico di commissario Ue alla Giustizia per non dover abiurare formalmente alle sue convinzioni personali su aborto e altro, anche su diktat laicista di alcuni europarlamantari S&D. Per Sassoli, chiaramente, il “cattolico adulto” con cui condividere senza esitazioni “battaglie democratiche” è il Presidente americano Joe Biden: dem e abortista. L’Europa “inclusiva” è quella tedescocentrica di Ursula von der Leyen, che non ha mai scrupolo alcuno nell'”escludere” a propria discrezione dall’Europa i migranti africani o un Governo legittimo nell’Ue come quello di Budapest.

Last but not the least, non si può neppure escludere che la visita quasi in incognito di Sassoli in Vaticano celi una distinta “vergogna”: quella di essere diventato Presidente dell’ruroparlamento nei mercanteggiamenti politico-istituzionali seguiti due anni fa alle elezioni europee. La legittimazione di Sassoli è venuta, allora, dal Premier Giuseppe Conte Primo già in procinto di diventare Secondo dopo il “ribaltone giallorosso” propiziato in Europa da Romano Prodi. Ma è un’Italia che Draghi ha spazzato via, così come sta spazzando via quella Ue.

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