L’Olanda è una delle nazioni preferite dalle grandi holding italiane. Basti pensare che Fca e Ferrari hanno nel Paese dei tulipani la propria sede legale, mentre la Exor degli Agnelli ha la sede fiscale. Anche Mediaset ha sede legale ad Amsterdam, e nei Paesi assi troviamo anche Eni, Enel, Saipem, partecipate italiane, senza dimenticarsi di Luxottica, Ferrero, Illy, Telecom Italia, Prysmian e la Cementir di Caltagirone. Insomma, i più grandi nomi di italiani “si trasferiscono” in Olanda: perchè? Ha provato a dare una risposta il Fatto Quotidiano, che ha dedicato grande attenzione oggi sull’argomento di paradisi fiscali e aiuti pubblici. La premessa è che avere una sede in Olanda non è affatto illegale, e non significa che un’azienda che lì si trasferisce metta in atto comportamenti discutibili dal punto di vista fiscale.
OLANDA, FCA, FERRARI, MEDIASET: “UN BUCO NERO DA 72 MILIARDI DI EURO”
La cosa certa però, che “l’Olanda è un buco nero”, scrive il Fatto, risucchiando ogni anno ai paesi membri dell’Unione Europea ben 72 miliardi di euro di profitti aziendali. Di questi, circa 10 miliardi entrano nelle casse del fisco orange, mentre il resto rimane nelle multinazionali. Come sottolineato dall’economista Gabriel Zucman, fra i più grandi esperti di questo fenomeno, alla sola Italia “spariscono” ogni anno circa 30 miliardi di euro di profitti, che tradotto in entrate del fisco significa circa un miliardo di euro. Ma torniamo alla domanda di sopra, come mai proprio l’Olanda? “I prelievi sono estremamente ridotti o inesistenti se si parla di dividendi – scrive Il Fatto – guadagni da cessioni di partecipazioni, interessi incassati da prestiti infra gruppo, royalties e quant’altro. Così le multinazionali stabiliscono qui le loro holding e costruiscono strutture di gruppo artificiose per far affluire denaro sotto queste forme”. Per provare a recuperare parte dei proventi fiscali, alcuni Paesi hanno contestato gli aiuti pubblici quando questi ledono la concorrenza, ma la Commissione Europea ha fatto sapere che, in nome della libera circolazione dei capitali, non si possono escludere queste aziende dai piani di salvataggio pubblico per contrastare l’emergenza coronavirus.