Scontro totale tra l’Ue e la Polonia, su più fronti. Non solo su migranti e riforma della giustizia, ma anche sulla Russia. Bruxelles ha avviato un’indagine legale sulla legge polacca che potrebbe bloccare dalle cariche pubbliche i politici ritenuti presumibilmente filo-russi, ma che per critici ed opposizione potrebbe essere usata per colpire i rivali politici in vista delle elezioni del prossimo autunno. Dopo l’avvio della procedura d’infrazione, Varsavia ha 21 giorni di tempo per rispondere. Se la risposta viene considerata insufficiente, l’Ue può passare ad un procedimento giudiziario e passare a sanzioni finanziarie.
La sfida di Bruxelles alla nuova legge polacca fa seguito ad una serie di battaglie legali tra Polonia e Ue sulle politiche del PiS, il partito Diritto e Giustizia di destra, come la riforma del sistema giuridico che per Ue viola il diritto europeo, vicenda per la quale è stato bloccato il pagamento di decine di miliardi di euro di fondi del blocco a Varsavia. Dal canto suo, il governo polacco non intende pagare per i migranti che si rifiuterà di accogliere.
SCONTRO TOTALE TRA UE E POLONIA ANCHE PER MIGRANTI
La Polonia, che si è opposta all’accordo migranti dell’Ue, ritiene che le proposte approvate rappresentino un «passo indietro» e non intende pagare le «multe» previste per chi non accoglie migranti. «Politicamente e pragmaticamente, questo meccanismo è inaccettabile per noi», ha dichiarato il vice segretario di Stato polacco agli Interni, Bartosz Grodecki, aprendo il vertice dei ministri degli Interni a Lussemburgo. Il riferimento è alla tassa di 22mila euro prevista per ogni migrante che uno Stato membro non vuole ospitare, duemila euro in più rispetto alla cifra che era stata proposta mercoledì. La Polonia ha sostenuto che sta già ospitando quasi un milione di rifugiati ucraini, il secondo più grande numero in Europa dopo la Germania, e che non ha più spazio di manovra politico.
«Non c’è modo di spiegare alla gente che se non accettiamo altri migranti, finiremo per pagare con il naso», ha aggiunto Grodecki. Critica anche l’Ungheria. Anche il vice ministro degli Interni ungherese, Bence Rétvári, ha criticato le proposte, sostenendo che un terzo della capacità di trattamento dei flussi migratori dell’Ue finirebbe nel Paese, pur non essendo uno Stato in prima linea. Infine, ha ricordato che l’Ungheria ha già speso più di 1,5 miliardi di euro per proteggere i suoi confini e ha impedito 271.000 «tentativi illegali di entrare nell’Ue», inoltre ha avvertito che la redistribuzione obbligatoria equivarrebbe a un «invito permanente» alle bande criminali a continuare i loro traffici di migranti.