Dopo le “minacce” degli scorsi giorni, ora la decisione è ufficiale: la Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione per le norme che riguardano la comunità Lgbt in Ungheria e Polonia. Nel pacchetto di luglio l’esecutivo Ue ha inviato le due letture di messa in mora per «la tutela dell’eguaglianza e dei diritti fondamentali»: nel caso di Budapest, l’Europa contesta la legge in vigore dallo scorso giugno che vieta o limita l’accesso dei minorenni a contenuti che «promuovano o rappresentino la divergenza dall’identità corrispondente al sesso alla nascita, il cambiamento di sesso o l’omosessualità».
È la famosa legge “ant-Lgbt” divenuta nota durante gli Europei per la protesta di alcuni calciatori e delle associazioni arcobaleno contro il Paese di Viktor Orban: una legge che funge da schermo per i contenuti Lgbt nei libri per i bambini, nelle lezioni a scuola e nei programmi tv (fino all’età di 18 anni). Per Varsavia invece, l’attenzione dell’Ue riguarda l’area giuridica sul fronte Lgbt: «le autorità del Paese non hanno risposto in modo adeguato all’indagine della Commissione sulle risoluzioni riguardanti le zone franche Lgbt, adottate da diverse regioni e città polacche», si legge nella lettera di procedura d’infrazione pubblicata. Nel caso della Polonia, pesa non poco anche la recente decisione della Corte Costituzionale di Varsavia che ha sancito come un atto della Corte di Giustizia dell’Ue debba essere tenuta in secondo piano rispetto all’autorità nazionale.
COSA SUCCEDE DOPO LA PROCEDURA D’INFRAZIONE
«Una decisione che conferma le nostre preoccupazioni per lo Stato di diritto in Polonia. L’esecutivo europeo si attende che la Polonia faccia sì che tutte le decisioni della Corte di Giustizia dell’Ue siano attuate correttamente», ha fatto notare stamane il portavoce capo della Commissione Europea Eric Mamer. «Il diritto Ue ha la primazia sul diritto nazionale – ribadisce Mamer – tutte le decisioni della Corte di Giustizia dell’Ue sono vincolanti per le autorità e i tribunali degli Stati membri, dato che i cittadini dell’Ue devono essere protetti nello stesso modo” in tutta l’Ue. Non esiteremo a fare uso dei poteri che ci sono attribuiti dai trattati per salvaguardare il diritto dell’Ue». La Corte Ue aveva in precedenza stabilito che il regime disciplinare adottato dalla Polonia sui giudici della Corte Suprema e dei magistrati dei tribunali ordinari, «è incompatibile con il diritti Ue. Varsavia non ha rispettato gli obblighi che le derivano dal diritto Ue» e per questo ora il Governo polacco «deve adottare le misure necessarie a rettificare la situazione».
Intervistata oggi da “La Verità”, la Ministra della Giustizia del Governo Orban – Judit Varga – è stata molto esplicita in merito alla campagna contro la legge ungherese sui minori: «legge contro i gay? Non è assolutamente vero […]. Notizie false e accuse infondate, solo perché uno Stato membro non è di- sposto a giocare secondo le loro regole. In realtà, vogliono semplicemente costringerci a far entrare i lobbisti Lgbt nelle nostre scuole. È scandaloso». Per capire ora cosa succederà dopo la duplice procedura d’infrazione indetta dalla Commissione Ue, i passaggi formali sono già stabiliti: Polonia e Ungheria hanno a disposizione 2 mesi per rispondere alle argomentazioni avanzate dalla Commissione, altrimenti la stessa Ue può decidere di inviare loro un parere motivato e in ultima analisi deferire Varsavia e Budapest alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.