ARRIVA IN ITALIA LA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE UE SUL RICONOSCIMENTO DEI FIGLI DI GENITORI GAY-LGBTQ

Con l’Equality Package (pacchetto uguaglianza) presentato dalla Commissione Ue lo scorso 7 dicembre 2022 venivano presentate nuove norme per il riconoscimento della filiazione tra i vari Stati membri dell’Unione Europea: ora quella proposta di regolamento è giunta in Italia ed è stata affrontata per la prima volta dalla recente seduta della Commissione Affari Ue al Senato. Con il titolo di “Filiazione e creazione di un letificato europeo di filiazione” in sostanza l’Europa invita i vari Stati membri ad aderire al progetto di un unico certificato che possa rendere riconosciuti i figli di qualunque genitore (dunque anche da coppie gay-LGBTQ+) in ogni angolo della Ue: «Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile e al riconoscimento delle decisioni e all’accettazione degli atti pubblici in materia di filiazione e alla creazione di un certificato europeo di filiazione», è l’argomento presentato dal Presidente della Commissione senatore Terzi di Sant’Agata.



Con tale proposta, ha spiegato il senatore in quota FdI, «la Commissione Europea mira a garantire che la filiazione accertata in uno Stato membro sia riconosciuta a tutti gli effetti in tutti gli altri Stati membri. L’iniziativa è una azione chiave nella strategia dell’UE sui diritti dei minori e nella strategia dell’UE per l’uguaglianza LGBTQ+». «La proposta è incentrata sull’interesse superiore e sui diritti del bambino», spiegava la Commissione Ue nel pacchetto presentato a dicembre dal Commissario Ue per la Giustizia, Didier Reynders «la genitorialità stabilita in uno Stato membro dovrebbe essere riconosciuta in tutti gli altri Stati membri, senza alcuna procedura speciale, incluso il riconoscimento per i genitori dello stesso sesso». Come si legge nel punto chiave della norma presentata dalla Commissione Ue, i figli di genitori dello stesso sesso potranno avere stessi diritti in tutta l’Europa: «dato che nel diritto internazionale, nel diritto dell’Unione e negli ordinamenti degli Stati membri tutti i minori hanno gli stessi diritti senza discriminazioni, la proposta prevede il riconoscimento della genitorialità di un minore indipendentemente dal modo in cui il minore è stato concepito o nato e indipendentemente dal tipo di famiglia del bambino. La proposta include quindi il riconoscimento della genitorialità di un bambino con genitori dello stesso sesso e anche il riconoscimento della genitorialità di un bambino adottato». Non solo diritti riconosciuti a tutti i genitori gay-LGBTQ+ in tutti gli Stati membri, ma la proposta della Commissione Ue punta alla creazione di un certificato europeo di genitorialità che potrà essere richiesto «per accertare la genitorialità in tutti gli Stati membri». Secondo quanto sottolineato dal commissario Reynders, «Sono circa 2 milioni i bambini che si vedono negare il rapporto giuridico con i genitori quando la famiglia si trasferisce in un altro Stato membro che non riconosce la genitorialità precedentemente stabilita dal Paese membro di origine. Questa situazione non è accettabile per la Commissione Ue».



IL CERTIFICATO DI FILIAZIONE: COSA HA DECISO (PER ORA) LA COMMISSIONE AFFARI UE AL SENATO

Non si tratta però di “cambiare le leggi nazionali”, come ha precisato la stessa Commissione Europea presentando il regolamento ora giunto in discussione in Italia: «Non si tratta di cambiare le leggi nazionali o dettare ai governi come intervenire nei loro ordinamenti sulle adozioni LGBTQ+ ma – ha precisato il commissario Reynders – di garantire pari diritti e pari opportunità a quelle famiglie omogenitoriali già riconosciute da precisi Paesi Ue, come i liberali nordici, e rinnegate invece da altri, Est Europa in testa. Un limbo inaccettabile che mette a rischio i diritti fondamentali di ‘circa due milioni di bambini che si vedono disconoscere il rapporto giuridico con uno dei due genitori quando una famiglia decide di mettere su casa in uno Stato membro con una legislazione differente». Resta comunque il “sospetto” – come sottolineato da diversi membri del Centrodestra e da associazione cattoliche – che con questi regolamenti l’Europa punti invece eccome a “superare” la legislazione nazionale imponendo l’accettazione di realtà giuridiche come coppie dello stesso sesso con figli financo al riconoscimento valido di figli nati da “utero in affitto”.



Tra i principali elementi della proposta Ue vi è infine la creazione di un certificato europeo di filiazione: «i figli (o i loro rappresentanti legali) possono richiederlo allo Stato membro che ha accertato la filiazione e utilizzarlo come prova della filiazione in tutti gli altri Stati membri. La Commissione propone un modello armonizzato, comune a tutta l’UE. L’uso del certificato sarebbe facoltativo per le famiglie, che però avrebbero il diritto di richiederlo e di ottenerne l’accettazione in tutta l’UE». Le nuove norme presentate dalla Commissione dovranno garantire da un lato «chiarezza giuridica a tutti i tipi di famiglie che si trovano in una situazione transfrontaliera all’interno dell’Ue»; non solo, la medesima proposta Ue punta a consentire «ai minori in situazioni transfrontaliere di beneficiare dei diritti derivanti dalla genitorialità ai sensi del diritto nazionale, in questioni quali la successione, il mantenimento, l’affidamento o il diritto dei genitori di agire in qualità di rappresentanti legali del minore (per questioni scolastiche o sanitarie». Ebbene, sulla proposta di regolamento COM(2022) 695, in materia di filiazione, il presidente Terzi di Sant’Agata ha svolto in data 31 gennaio una relazione integrativa e la Commissione Affari Ue ha convenuto sullo svolgimento di un breve ciclo di audizioni. Ergo, il dibattito è appena cominciato.