Europa, riforma fiscale e patto di stabilità, il Financial Times, in un articolo scritto da Luis Garicano, professore di economia ed ex membro del parlamento Ue, analizza le nuove regole che saranno applicate nell’ambito del rispetto del deficit e dell’indebitamento, affermando che: “Non potranno funzionare” perchè: “La riforma ignora le realtà fiscali e politiche degli Stati membri“. L’accordo, che è stato raggiunto il mese scorso infatti, mantiene i limiti previsti dal Trattato di Maastricht rispettivamente del 60% per il debito e del 3% per quanto riguarda il deficit, ma modifica in modo significativo le regole sul Patto di Stabilità e Crescita.



Tra le novità, la principale sarà l’introduzione di uno specifico piano di spesa per ogni Paese, che sarà basato su due tipi di salvaguardia: quella della sostenibilità del debito e quella della tenuta del deficit. Quest’ultima in particolare avrà l’obiettivo di mantenere i limiti previsti, obbligando di fatto ad aggiustare i conti pubblici qualora si verificasse uno sforamento oltre il 3%, come stabilisce il trattato. Come sostiene Garicano, se da una parte è vero che questa regola rappresenta un lodevole sforzo per adattarsi alle singole condizioni, dall’altra però non risolve in alcun modo alcune situazioni che presentavano già problemi.



Riforma patto di stabilità, Financial Times: “Le nuove regole renderanno l’Europa più vulnerabile”

La riforma del patto di stabilità, come afferma in professore di economia Luis Garicano sul Financial Times, non ha funzionato, e ha fallito già diverse volte. Precisamente a partire dal 1997, quando per la prima volta si tentò in Europa di modificare le regole sui deficit. Il problema fu che nessuno era in grado di attuare le nuove misure e soprattutto di controllarle, e la conferma arrivò dal fatto che non vennero applicate mai le sanzioni previste. Nel pacchetto finale infatti, è mancato un ruolo di monitoraggio da parte delle singole nazioni con fiscalità indipendente. Questo sarà l’elemento che porterà ad un ennesimo fallimento del nuovo regolamento.



Perchè nel processo di negoziazione bilaterale, è evidente che le pressioni dei grandi Stati membri prevarranno creando una dipendenza. Altro problema inoltre, è che gli obiettivi di attuazione di sette anni vanno oltre i cicli politici. E questo costringerà i governi neoeletti a terminare ciò che i loro predecessori hanno iniziato senza dare spazio ad eventuali altre priorità nazionali. Secondo l’analista, in conclusione: “L”Europa ha bisogno di una tesoreria centrale, piuttosto che di altre regole, che invece renderanno sempre più vulnerabile agli shock l’intero blocco, e si scontrerà con una realtà internazionale sempre più complessa ed ostile“.