L’Unione Europea vuole vietare la semina del grano del riso e di altri cereali per almeno un anno. Uno stop deciso in base alle nuove leggi per l’ambiente, in base alle quali risulterebbe che tali colture producono troppa anidride carbonica. Necessario quindi fermarsi per 12 mesi, in almeno il 4% di tutti i terreni. Una notizia che ha lasciato numerosi imprenditori agricoli e proprietari di terreni destinati a questo tipo di coltivazioni, profondamente delusi e con il timore di poter perdere tutto. Non solo per una questione economica, ma anche dal punto di vista del patrimonio agricolo e di una tradizione ormai antichissima di cui l’Italia è particolarmente ricca.
Il quotidiano La Verità ha riportato alcune dichiarazioni di titolari di aziende del settore, Pasquina Pachi Attanasio, la presidente del Gal Daunia Rurale per il rilancio dei territori agricoli in Puglia ha affermato che questo provvedimento potrebbe rappresentare una minaccia per molti coltivatori. Specialmente per chi negli anni si è impegnato a riscoprire alcuni valori culturali legati proprio all’agricoltura. A rischio infatti non ci sono solo le coltivazioni, ma anche prodotti tipici derivati dal grano e dai cereali come ad esempio i taralli.
Ue vuole vietare coltivazioni di riso e grano per un anno, attività agricole e terreni a rischio
La misura imposta dal Green Deal europeo sull’agricoltura, che propone di porre uno stop alle colture di cereali come riso e grano, fondamentali per un importante settore dell’economia italiana, rischia di mettere in ginocchio i contadini. Ma anche di desertificare interi territori che erano stati rivalorizati proprio grazie alla tradizione cerealicola, prevalente in molte regione del Centro e del Sud. Come fa notare il quotidiano La Verità, sono già andati persi circa 200.000 ettari coltivati a grano. Per il Nord invece il problema più grave non è rappresentato solo da un possibile stop alla semina del riso. In base all’ecoschema Ue, verrebbe imposto anche un maggiore acquisto della materia prima dai paesi orientali.
Con il risultato che la varietà prodotta in Italia potrebbe essere destinata a scomparire, per rispondere a obblighi dettati soltanto da leggi di mercato. Anche perchè se questi provvedimenti fossero davvero stati proposti per una questione ambientale, bisognerebbe chiedersi prima di tutto perchè si impongono divieti alle colture interne, mentre sulle importazioni non vengono fatti adeguati controlli in materia di glifosato e pesticidi.