La guerra in Ucraina, la crisi energetica e l’inflazione avrebbero dovuto spingere l’Unione europea a rendere la sicurezza alimentare una priorità assoluta, invece aver reso gli agricoltori il capro espiatorio del cambiamento climatico finirà per farle perdere l’Europa rurale. Questa è la tesi di Eoin Drea, ricercatore senior presso il Centro studi europei Wilfried Martens. Ne parla a Politico, spiegando che la determinazione dell’Ue nel far sì che l’Europa diventi l’eroe globale dell’azione per il clima, l’ha messa sulla buona strada per alienare e impoverire gran parte dell’Europa rurale. Stabilire obiettivi ambientali sempre più ambiziosi è un conto, ma addentrarsi nelle difficili realtà locali, che il raggiungimento di tali obiettivi comporta, è una questione del tutto diversa.



Lo dimostra l’Olanda. Dopo decenni di finanziamenti della Politica Agricola Comune (PAC) che hanno spinto ad una produzione maggiore, ora gli agricoltori olandesi vengono dipinti come i cattivi nel dibattito sulla riduzione delle emissioni. Eppure, come evidenziato dai media, sono «il piccolo Paese che nutre il mondo». Inoltre, sono leader al mondo per innovazione agricola, pionieri di nuove strade per combattere la fame. Ma ora migliaia di aziende zootecniche olandesi rischiano ora la chiusura o l’appropriazione statale obbligatoria.



AGRICOLTORI: MANCANZA DI REALISMO DA PARTE DELL’UE

A render ancor più assurda questa vicenda è il fatto che gli stessi agricoltori sono tutt’altro che negazionisti del cambiamento climatico, anche perché ha un forte impatto sulla loro attività, né nutrono perplessità sulle azioni necessaria per mitigare l’impatto della crisi climatica. Come evidenziato su Politico, è la mancanza di realismo da parte dell’Ue a preoccuparli, soprattutto quando si tratta di stabilire gli obiettivi ambientali da raggiungere, perché sono quelli a far crollare le economie rurali. Attualmente, gli agricoltori sono «letteralmente schiacciati tra gli obiettivi di emissioni e biodiversità del blocco. E questo sta sventrando l’Europa rurale – e i suoi 10 milioni di aziende agricole a conduzione familiare – dall’interno».



Ma il commissario all’Agricoltura Janusz Wojciechowski, non sembra preoccuparsene. Eoin Drea evidenzia un altro paradosso: «Mentre le case automobilistiche (in Germania), l’industria nucleare (in Francia) e le grandi aziende farmaceutiche (in Irlanda e in altri Paesi membri) hanno i loro sponsor statali per annacquare – o ritardare – le proposte di legge europee, gli agricoltori vengono appesi all’altare delle ambizioni climatiche dell’UE».

IL MALCONTENTO SOCIALE RURALE

Ma l’agricoltura non è nemmeno il settore che emette più gas serra nell’Ue. Anzi, le emissioni totali per l’agricoltura sono equivalenti a meno di due terzi di quelle derivanti dall’industria manifatturiera o dalla produzione di energia. L’approccio climatico dell’Ue sta quindi alimentando il malcontento sociale rurale, anche a livello politico. Le implicazioni politiche sono ovvie, infatti. Politico avverte: gli elettori rurali abbandoneranno i tradizionali partiti centristi a favore dell’UE e si riverseranno su movimenti di protesta più ampi che nutrono invece atteggiamenti molto più incerti nei confronti di Bruxelles. Si tratterà di un passaggio a un tipo di euroscetticismo che, se lasciato incontrollato, finirà per indebolire il sostegno complessivo alle agende dell’UE in materia di clima e biodiversità. «Questo sarebbe il disastro definitivo per l’Europa urbana e rurale».